Entrano i primi neri dichiaratamente gay, transgender, attivisti di Black Lives Matter e vengono confermate le deputate della "Squad". Ma sull’altro fronte arrivano giovani complottisti di QAnon e fanatici delle armi

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È una nazione lacerata quella che riaffiora da questa inquieta stagione elettorale. Le due anime del Paese, per motivi opposti, si sono mobilitate in quelle che tutti hanno definito le elezioni più importanti della storia. Due poli che da anni si allontanano.

E si barricano in posizioni che oggi sembrano semplicemente inconciliabili: sul terreno della fede come della scienza, dei diritti civili, della sanità, dell’economia, delle relazioni sociali come pure delle libertà individuali.

«Donald Trump non è quello che siamo noi», diceva Joe Biden in campagna, rivendicando la sua battaglia per “l’anima” della nazione. «Non consegneremo mai l’America in mano agli estremisti socialisti», tuonava Trump, infuocando la sua base. Appelli che hanno sortito un effetto travolgente. Gli americani sono corsi in massa alle urne. Per esercitare il proprio diritto al voto, certo, ma soprattutto per rivendicare una visione del mondo, una filosofia di vita, un sistema di valori completamente diversi da quelli degli avversari politici divenuti oramai “nemici”.

Se Biden e Trump non hanno raggiunto la cifra astronomica rispettivamente di 80 milioni e 73 -75 milioni di voti previsti da Nate Silver, fondatore del sito di studi statistici FiveThirtyEight, i due candidati sono riusciti a stimolare un’affluenza che non si registrava dagli anni ‘60. Biden ha persino superato abbondantemente il record che apparteneva a Barack Obama, quando nel 2008 conquistò la Casa Bianca con quasi 69,5 milioni di preferenze. A votare è andato quasi il 67% delle persone, nel 2016 la percentuale si era fermata al 58%. Già prima del 3 novembre circa cento milioni di elettori si erano avvalsi del voto anticipato in persona e di quello per posta.

Alla chiusura dei seggi, questa America polarizzata si riflette nel volto del nuovo Congresso, sempre meno bianco, come il Paese che rappresenta, e spaccato. E non solo perché la Camera resterà in mano ai democratici - nonostante importanti sconfitte in Stati chiave come Florida, Carolina del Sud e Minnesota - e il Senato ai repubblicani. Da un lato si irrobustiscono le fila dell’ala progressista, dall’altra fanno il loro ingresso in aula anche sensibilità e personaggi impensabili fino a qualche anno fa, espressione di una destra varia e per certi aspetti anch’essa più radicale. Al Congresso come pure nei parlamentini statali si registrano novità e anche conquiste che confermano la complessità della società. A fare da traino giovani, donne e minoranze.

In un contesto storico scandito dalle proteste e dalle marce appassionate del movimento Black Lives Matter, questa elezione ha fatto emergere un gruppo consistente di progressisti afroamericani, pronti a lottare per influenzare l’orientamento di questa legislatura. Il partito democratico continua ad assomigliare sempre di più al suo variegato corpo elettorale.

Rielette, ed è significativo, tutte le congresswoman di quella che i media americani hanno ribattezzato “The Squad”, la squadra di deputate ormai celebri soprattutto per i costanti scontri con Donald Trump e i suoi supporter più duri che cercano di delegittimarle con insulti a sfondo spesso sessista e razzista, visto che sono tutte donne ultra progressiste e di colore. Alexandria Ocasio-Cortez di New York, Ayanna Pressley del Massachusetts, Ilhan Omar del Minnesota e Rashida Tlaib del Michigan (queste ultime le prime musulmane al Congresso) sono diventate il simbolo della sinistra più radicale. Sul loro tavolo temi come la lotta al cambiamento climatico e l’estensione della sanità pubblica per tutti gli americani.
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Alla Squadra si aggiunge ora una nuova deputata attivista. Si tratta di Cori Bush, infermiera, mamma single e pastora, eletta in Missouri. Membro del movimento Black Lives Matter, Bush è la prima donna nera a rappresentare il suo Stato al Congresso, con quasi l’80% dei voti. La sua militanza nel movimento era iniziata nel 2014 a seguito dell’uccisione del ragazzino afroamericano Michael Brown a Ferguson, per mano della polizia.

Le porte della Camera si aprono anche per un altro progressista, Jamaal Bowman, 44 anni, ex preside newyorkese. La sua candidatura era stata appoggiata dai big dell’ala radicale Ocasio-Cortez e Bernie Sanders ma anche dal New York Times. Anti establishment, Bowman aveva sostenuto che forse questo contesto avrebbe finalmente permesso alla comunità nera di conquistare un posto rilevante nell’arena politica americana. Il terzo tentativo. «Ci abbiamo provato dopo la guerra civile, ma Ku Klux Klan e suprematisti bianchi ci hanno fermati, terrorizzando tutta la comunità nera; ci abbiamo riprovato dopo il movimento per i diritti civili, ma allora abbiamo dovuto affrontare l’incarcerazione di massa», aveva detto in campagna elettorale, affrontando il tema del razzismo sistemico nella società americana.

A scrivere un nuovo capitolo ci pensano anche i newyorkesi democratici Ritchie Torres, “afro-latino”, e Mondaire Jones, afroamericano. Grazie a loro, al Congresso siederanno primi deputati di colore apertamente gay. Segnale forte, questo, del fatto che gli americani non hanno più paura di votare per candidati appartenenti alla comunità Lgbtq.

Torres, 32 anni, è stato eletto nel 15esimo distretto di New York, dopo aver battuto il repubblicano Patrick Delices, professore all’Hunter College. Un trionfo tutt’altro che scontato. Non è il primo record che taglia, a 25 anni si era aggiudicato il titolo di consigliere comunale più giovane di New York. La sua avventura inizia nel Bronx, con il marchio tremendo dell’abuso di stupefacenti e la lotta contro una grave forma di depressione che lo porta a contemplare il suicidio. «Abbiamo fatto la storia», ha twittato il neodeputato, dedicando la vittoria ai tanti lavoratori impiegati in servizi di prima necessità del suo distretto, coloro che «hanno rischiato la vita durante la pandemia perché New York potesse vivere». Una presa di posizione non trascurabile, visto che il suo collegio - a maggioranza nera e latina - è tra i più poveri addirittura della nazione.

Tra le sue personali battaglie, quella al fianco della comunità afroamericana contro la brutalità della polizia. Torres ha più volte unito la sua voce al coro di chi pretende una riforma sostanziale che preveda la sorveglianza, il monitoraggio della polizia da parte di un organismo indipendente. L’unico modo, insomma, per garantire che le indagini relative a casi di cattiva condotta siano affidabili. Alle vicende di Torres si intrecciano quelle di Mondaire Jones, 33 anni, laureato alla prestigiosa facoltà di legge della Harvard University. Una vittoria, la sua, che lo carica di «tanta responsabilità», soprattutto nei confronti delle persone che durante la campagna elettorale si sono sentite ispirate dalla sua storia e delle sue battaglie per i diritti civili della comunità gay. Quegli stessi elettori che «hanno appena mandato un ragazzo gay, nero, cresciuto nelle case popolari, con i buoni pasto, al Congresso».

Alla comunità Lgbtq appartiene anche Sarah McBride. A trent’anni si è ritagliata un posto negli annali, diventando la prima senatrice dello Stato, il Delaware, apertamente transgender. «I risultati di stasera dimostrano quello che ho sempre saputo da tutta la vita». Gli elettori della democratica Sarah McBride, insomma, «non hanno pregiudizi, ma sono stati capaci di giudicare i candidati per le idee, non per l’identità di genere». La ragazza aveva lavorato come stagista alla Casa Bianca durante la presidenza di Barack Obama.

Ironia della sorte, sostituirà il rappresentante con la carriera più lunga del suo Stato. «Spero che oggi un ragazzino della comunità Lgbtq qui in Delaware o in qualsiasi altro posto, guardi questa vittoria e sappia che la nostra democrazia ha spazio anche per lui», ha detto commossa. La nazione aveva già conosciuto il suo entusiasmo nel 2016, quando aveva parlato alla convention democratica diventando la prima transgender a calcare un palcoscenico nazionale così importante. McBride non è l’unica transgender eletta a livello statale: in Vermont Taylor Small, in Kansas Stephanie Byers, nativa Americana, in Colorado Brianna Titone e in New Hampshire Lisa Bunker.

A un universo parallelo e completamente diverso appartiene invece un altro giovane. Si tratta di Madison Cawthorn, nelle fila della destra. «Piangete, liberal!». È questo il tweet, di certo un po’ fanciullesco, con cui il venticinquenne repubblicano dalla Carolina del Nord, ha accolto l’ufficializzazione della sua elezione a deputato. Poca sportività nelle prime parole da pubblico ufficiale. Volto telegenico, sorriso magnetico, il conservatore Millennial ha spodestato Alexandria Ocasio-Cortez, beniamina della sinistra, che deteneva il titolo con i suoi 29 anni di membro più giovane del Congresso.

Il neodeputato ha raccontato che proprio la congresswoman newyorkese lo aveva ispirato a scendere in campo, infuocato dalla determinazione di bloccare la carica della sinistra più estrema. La durissima battaglia per ricominciare a vivere dopo l’incidente stradale che dal 2014 lo ha lasciato su una sedia a rotelle ha fortemente condizionato il suo impegno in politica. Cawthorn - titolare di una società immobiliare - era stato anche tra i protagonisti della convention repubblicana lo scorso agosto. È un “motivational speaker", nonostante il suo stile retorico sia definito da più parti “incendiario”. Si definisce «un difensore dei valori della fede, della famiglia e della libertà, che hanno reso grande l’America». È contrario all’aborto, a favore delle armi ed è molto rigido in tema di immigrazione. Qualche scheletro nell’armadio. È del 2017 una sua foto in vacanza postata su Instagram che lo ritrae in posa davanti alla casa delle vacanze di Adolf Hitler, in Germania, una visita quella sulle orme del Führer, «sulla lista dei desideri da tempo». Foto e post attaccati dal suo avversario democratico, il sessantaduenne Moe Davis, fino a costringerlo a prendere le distanze non solo da ogni forma di nazismo, ma anche dal nazionalismo bianco.

Ma Davis è comunque stato battuto dal 54,5% di Cawthorn, benché il rep avesse sul groppo anche le accuse di un paio di ragazze costrette a subire “avance” troppo insistenti. Nonostante non fosse il candidato inizialmente sostenuto da Trump, con il presidente ha più volte interloquito. Cawthorn appartiene alla nuova generazione di repubblicani che ostentano libertà di azione e pensiero, non perdendo occasione per muovere qualche critica al partito. L’establishment temeva inesperienza e giovane età, percepiti come destabilizzanti in un partito tradizionalmente più vecchio. Eppure, sono stati la sua arma vincente.

Al Congresso, ed è incredibile anche soltanto rilevarlo, arriva finanche la teoria del complotto per eccellenza, dopo il confino nelle stanze oscure della rete, frequentate della destra estrema. Marjorie Taylor Greene vince clamorosamente il seggio alla Camera dei Rappresentanti in Georgia. L’imprenditrice repubblicana «pro-life, pro-armi e pro-Trump» è una aperta sostenitrice di QAnon, il movimento “far right” nato nel 2017 e diventato popolare lo scorso agosto per le sue teorie complottiste. Come quella ad esempio, secondo cui Bill Gates sarebbe coinvolto nella diffusione del Covid19; o quella secondo cui John F. Kennedy Jr. sia ancora vivo. Su tutte, la convinzione dell’esistenza di un gruppo top-secret formato da miliardari democratici e celebrità dello star system che starebbe manipolando le sorti dell’universo. La lobby nasconderebbe attività illecite, come il traffico di bambini per attività pedofile, e per questo Trump si starebbe impegnando nel tentativo di sgominare questa “banda”. Nonostante l’Fbi avesse dichiarato il gruppo una potenziale minaccia al terrorismo interno, Trump si era rivolto a loro definendoli «persone che amano il nostro Paese». Tra queste, appunto, Marjorie Taylor Greene ed anche Lauren Boebert, che l’ha spuntata in Colorado. Loro sono le vincitrici, ma a correre in queste elezioni sono stati oltre una ventina i candidati estremisti vicini a QAnon.

Marjorie Taylor Greene, proprietaria insieme al marito di una compagnia di costruzioni e ristrutturazioni, inizialmente era stata criticata anche dagli stessi repubblicani per le posizioni razziste, antisemite e anti-islamiche. A giugno, ad esempio, si era lamentata di «un’invasione islamica» negli uffici governativi; in altri video sosteneva che ai musulmani dovrebbe essere vietata qualsiasi posizione all’interno del governo americano e paragonava Black Lives Matter al Ku Klux Klan. Non solo, lo scorso settembre ha minacciato neanche tanto tra le righe rappresentanti del Congresso, pubblicando una foto ritoccata in cui lei imbraccia un fucile accanto alle foto delle deputate dem Ilhan Omar Alexandria Ocasio-Cortez. Dopo un’iniziale condanna da parte dei repubblicani, questi l’hanno poi abbracciata non appena ottenuta la vittoria alle primarie. Ha ricevuto l’appoggio del capo dello staff della Casa Bianca e parole d’amicizia dal presidente, che l’ha definita una «vincente, la futura star repubblicana». Lauren Boebert, invece, è una conservatrice di 33 anni che alla Camera rappresenterà il Colorado. Non si separa mai dalla sua amata Glock ed è proprietaria di un ristorante, “The Shooters Grill”, le cui cameriere indossano armi. Si è definita l’antidoto alla ideologia socialista di Washington. Insomma, la risposta di destra alla congresswoman Alexandria Ocasio-Cortez.