È una delle poche buone notizie del 2020: dalla Bielorussia all'Ungheria, passando per la Polonia. Ma il prossimo anno c'è il rischio che la recessione colpisca soprattutto loro

È un'espressione che suscita diffidenza, perché in fondo siamo tutti convinti, come De Andrè, che non esistano poteri buoni. È questione di rapporti di forza. Il potere è forte per definizione e la forza ha sempre due facce: proteggere i deboli, nelle migliori speranze, ma anche schiacciare chiunque sia considerato nemico, due categorie tra le quali chi è potente non si è sempre dimostrato capace di fare distinzione.

Eppure una delle poche buone notizie del 2020 è che è stato l’anno in cui le donne hanno scelto come mai prima di agire come fossero un potere. Non esiste una parola in italiano per tradurre l’inglese empowerment, ma il senso è esattamente quello: agire in modo potente, autoconferendosi la dignità di protagoniste proprio nei contesti in cui viene più negata.

Storditi dalla tempesta del virus, non abbiamo prestato abbastanza attenzione alla Bielorussia, dove le donne sono state l’avanguardia della protesta contro Lukashenko e quella che ormai solo gli ipocriti fanno ancora finta di considerare una democrazia. Le donne hanno occupato anche le piazze della Polonia, protestando contro la sottrazione del diritto di scelta sulla maternità messo a segno con un blitz politico dai partiti di estrema destra con i vescovi polacchi, che hanno sperato di approfittare della pandemia per ottenere un obiettivo che cercavano di ottenere da anni.

L’unione europea ha lasciato colpevolmente sole anche le donne d’Ungheria, che hanno invano cercato di resistere ai tentativi di Orban e dei partiti che lo sostengono e che sono riusciti a non far approvare dal parlamento nemmeno la convenzione di Istanbul.

Il virus non è amico di nessuno, ma anche negli stati che vantano standard di democrazia più elevati sono soprattutto le donne a rischiare di veder compromessi i loro diritti in nome dell’emergenza pandemica.

In Italia sono state loro le prime a perdere il lavoro e restano le meno pagate se anche lo conservano. Reggono il carico maggiore del lavoro familiare, duplicato dal fermo delle scuole, ma sono escluse o minoritarie nei luoghi in cui si prendono le decisioni sulla destinazione dei fondi europei.

La minaccia del prossimo anno è nel neologismo shecession, la recessione selettiva post pandemica che colpirà le donne come nessun’altra categoria. Se è vero che niente come una crisi fa emergere la coscienza di sé, l’augurio per l’anno che verrà è che sia il momento in cui le donne europee metteranno a frutto la migliore lezione che hanno imparato dal 2020: la risposta al potere agito “contro” è il potere agito “insieme”. Non esistono poteri deboli, solo poteri disorganizzati.