Scandalo in Vaticano, l'assalto all’Enasarco dei sodali di Raffaele Mincione

Sull'assemblea dei delegati che eleggerà il nuovo consiglio di Amministrazione dell'ente previdenziale degli agenti di commercio, aleggia la presenza del finanziere di Pomezia, l'uomo dello scandalo del palazzo di Sloane Avenue rivenduto a cifre colossali alla Segreteria di Stato

Unire i punti, seguire i soldi, ricostruire pezzi seppur lontani tra loro, apparentemente sconnessi, setacciare le alleanze e il loro scopo finale: speculare.


Potrebbe essere questa la mappa, dopo tre mesi dall’inizio dell’inchiesta sul tessuto di convergenze, distrazioni di fondi, drenaggi illeciti che ha investito in modo impetuoso la Santa Sede, un giro che preso talmente alla larga arriva a toccare anche l’Enasarco, l’ente previdenziale degli agenti di commercio, che proprio l’antivigilia di Natale vede celebrare la sua assemblea dei delegati che eleggerà il nuovo consiglio di Amministrazione, dove aleggia la presenza di Raffaele Mincione e dello scandalo del palazzo di Sloane Avenue, acquisito dal finanziere di Pomezia con i soldi di Enasarco e rivenduto a cifre colossali alla Segreteria di Stato.

Mincione, l’abbiamo raccontato nelle scorse settimane, ha come sponsor dentro l’ente Alfonsino Mei, laureato alla Link Campus University, già consigliere di amministrazione e candidato ora alla presidenza, con una larga alleanza di sigle che hanno speso un ingente patrimonio per la campagna elettorale, promettendo nella buona prassi italica incarichi, poltrone ad ogni singola componente che lo appoggia. Mei, i suoi colleghi in consiglio di amministrazione, lo ricordano poco per iniziative oratorie o per strategici piani di incremento delle tutele degli agenti di commercio: ma semmai lo ricordano per la sua volontà di convincere tutti a dare fondi di investimento a Raffaele Mincione, che all’ente ha fatto perdere svariati milioni di euro per poi cercare di ripianare le perdite con i soldi datigli dalla Santa Sede, su indicazione dell’ex sostituto agli Affari Generali della Segreteria di Stato Angelo Becciu, e conferiti al fondo Athena Capital.

Nelle scorse settimane, la stessa Enasarco, inviando al nostro giornale una nota di precisazione circa la richiesta di un incontro con l’ex sostituto alla Segreteria di Stato, ha indirettamente confermato la vicinanza tra lui e Mincione: la Fondazione, recita la nota “non ha mai chiesto alcun appuntamento al cardinale Angelo Becciu. E’ vero invece che, attraverso l’intermediazione di Raffaele Mincione, il cardinale ha invitato i vertici della Fondazione ad un incontro col Segretario di Stato Pietro Parolin. Quest’ultimo, tuttavia, non era presente all’incontro che si è tenuto con Mincione perché secondo quanto comunicato dal cardinale Becciu - “affetto da una grave malattia” e sostituito quindi dal cardinale stesso (…). In occasione dell’incontro citato, Raffaele Mincione e il cardinale Angelo Becciu hanno illustrato le proprie logiche finanziarie, dimostrando di avere tra loro rapporti molto stretti, così come espressamente confermato dalla stesso Becciu”.

Una circostanza questa che porterebbe anche a riconsiderare l’ingresso dello stesso Mincione in Vaticano, che non sarebbe avvenuto con l’intervento di Enrico Crasso, gestore della cassa della Segreteria di Stato, ma - come sostengono in molti nelle stanze vaticane - avrebbe una primogenitura diversa, legata direttamente al prelato di Pattada, che avrebbe introdotto Mincione mettendolo in contatto con Antonio Mosquito, tycoon africano, finanziatore della Birra Pollicina prodotta dal fratello del presule sardo, Mario Becciu, con cui proporrà il primo affare, mai realizzato, sul petrolio angolano. L’ex sostituto Becciu scelse quindi di ignorare in prima persona le molteplici segnalazioni provenienti dalla Gendarmeria del Vaticano, così come Alfonsino Mei ignorò le altrettante segnalazioni fatte da molti colleghi in consiglio di amministrazione, che fecero mettere a verbale la scarsa affidabilità del soggetto, già in passato protagonista di operazioni non trasparenti. Coincidenze o vuoti di memoria che fanno da corollario a questo enorme disegno speculativo che lega mondi diversi uniti da obiettivi comuni.

Vuoti di memoria che sembrano aver colpito il candidato in pectore Alfonsino Mei alla presidenza di Enasarco, che fu candidato anche per il consiglio di amministrazione in Banca Carige il 20 settembre del 2018 nella lista di Mincione e che in varie riunioni, come sostengono fonti interne sia orali che documentali, avrebbe richiesto investimenti in favore di Mincione, cercando anche una mediazione che partiva dalla cifra di 300 milioni fino a scendere a 100 milioni. Le richieste furono respinte dai vertici dell’Ente anche in una riunione avvenuta a Milano negli uffici di Mincione, dove ritennero le prospettive di investimento poco lineari e non in linea con gli standard della fondazione. Di questi tentativi di finanziare le attività di Mincione con i soldi delle pensioni degli agenti di commercio si trova traccia in numerosi verbali delle commissioni, del consiglio e vibranti scambi di mail che il nostro settimanale ha potuto visionare in modo riservato dai protagonisti della vicenda.

In tutto questo panorama di desolanti attività lontane anni luce dagli scopi previdenziali, assistenziali ed ispettivi che l’Enasarco dovrebbe svolgere, tutto tace dal ministero del Lavoro, che dovrebbe vigilare e invece sembra assistere passivamente ad una guerra giocata sul futuro delle pensioni degli agenti di commercio, una delle categorie più vessate dalla pandemia.

Un’assemblea che ha smesso di divenire un appuntamento per gli addetti ai lavori ma è divenuta un crocevia di conflitti di interessi che dovrà superare per evitare che i numerosi contenziosi in essere, una perdita di credibilità strutturale dettata dai tanti portatori di interessi che vedono nell’enorme liquidità a disposizione dell’Ente un tesoretto dal quale attingere per nuove speculazioni immobiliari.

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