Il paradosso delle piccole isole. Dove l'epidemia non è mai arrivata e i vigili in porto controllano chi sbarca. E ora abitanti e amministratori si chiedono: che ne sarà di noi, se non viene più nessuno?

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Simone ogni giorno si incammina dal borgo a ridosso del forte di San Giorgio, la parte più antica di Capraia, per raggiungere il comune. Entra, saluta e va nell’ufficio della sindaca, una stanza grande e luminosa con un’ampia finestra con vista sulla baia del porto, la torre del ‘500 e il bellissimo convento di Sant’Antonio. Da quando il 4 marzo il governo ha decretato la chiusura delle scuole come misura di contenimento dell’epidemia di Covid-19, anche l’Istituto nautico di Livorno, dove il sedicenne frequenta il secondo anno di liceo, ha sospeso l’attività scolastica e dopo qualche giorno ha attivato le lezioni online.

Simone a casa non ha un computer e ha chiesto aiuto all’amministrazione comunale. Così il primo cittadino dell’isola, Marida Bessi, ha deciso di ospitarlo per la didattica a distanza. «Mi è sembrata una cosa naturale cedergli il mio ufficio, la situazione qui da noi è tranquilla», racconta Bessi, che è anche presidente della provincia di Livorno. «Capraia non è l’Elba, dove la situazione è più complessa e ci sono molti più abitanti. Noi non abbiamo avuto casi, stiamo bene e tutto sommato reggiamo alle restrizioni che un po’ limitano gli approvvigionamenti».

Al momento sulla piccola isola dell’Arcipelago toscano gli abitanti non superano le 260 unità. La media stagionale è leggermente più bassa, ma dall’inizio del lockdown i ragazzi che studiano fuori sono tornati a casa. «Come misure anti contagio ho predisposto un’ordinanza che sostanzialmente ha chiuso l’isola agli accessi esterni che non siano autorizzati per motivi lavorativi o di salute», spiega la sindaca, «e obbliga chi sbarca a Capraia a restare 15 giorni in isolamento. Abbiamo preso queste misure perché il nostro è un sistema fragile, non abbiamo nemmeno un ospedale ma solo un presidio di primo soccorso. Diciamo che per ora siamo sereni, il timore vero è per la nostra stagione turistica che non è particolarmente lunga ed è legata alle scuole che in primavera organizzavano visite nel nostro parco naturalistico».

Più che un timore, però, ormai, è una certezza: le entrate legate alle gite degli studenti sono ormai perse. Le disdette sono arrivate quasi subito dopo la chiusura delle scuole. Capraia vive di turismo a breve termine. Non ha molti posti letto, la ricettività è limitata. «Con le barche arriviamo al massimo a 1.500 presenze e la nostra stagione finisce a settembre. La preoccupazione di tutti noi è soprattutto economica. Ma non ci lamentiamo, guardando all’orizzonte con Gorgona, l’Elba e la bellissima costa toscana che si stagliano nitide non posso che pensare e sperare che ce la faremo», conclude Bessi.

A eccezione dell’Elba (dopo Sicilia e Sardegna la più popolosa delle isole italiane) che ha registrato una decina di casi, e il Giglio, con cinque positivi non autoctoni, l’Arcipelago toscano resta coronavirus free. Come Gorgona, che ospita una colonia penale, accessibile solo tramite la motovedetta della Polizia Penitenziaria. Tra detenuti, agenti di custodia e una decina di abitanti, tra cui la storica residente dell’isola Luisa Citti, 92enne che gode di ottima salute, Gorgona non supera le 140 unità.

«A parte la sospensione dei colloqui con i parenti, che ora vengono effettuati con videochiamate, qui da noi l’emergenza Covid non ha cambiato molto. Però ci siamo dati da fare per dare un contributo a chi combatte il virus», dice il direttore del carcere Carlo Mazzerbo, che con una punta di orgoglio racconta della colletta per l’acquisto di generi alimentari negli allevamenti e negli orti di proprietà dello Stato gestiti dai detenuti sull’isola. «Un gesto di solidarietà per mostrare vicinanza a chi è in difficoltà. Uova, formaggi e ortaggi che finiscono sulle tavole delle mense Caritas di Livorno che continuano a lavorare a pieno regime. Anzi, ancora di più visto che preparano anche pasti e pacchi alimentari portati a casa. Sono sempre più numerose le famiglie livornesi che ne hanno necessità». Un atto di generosità, quello di Gorgona, che non resterà isolato: «È già in programma una seconda raccolta destinata alla Comunità di Sant’Egidio», dice con soddisfazione il direttore del carcere.

Il messaggio di speranza si estende oltre l’Arcipelago toscano che non è la sola realtà isolana a risultare “immune” al virus. Una dozzina di luoghi circondati dal mare si sono finora salvati dal Covid-19 applicando misure stringenti. Ma c’è chi, pur nelle stesse favorevoli condizioni che finora li ha salvaguardati dal contagio, si rapporta alla pandemia con maggiore apprensione: «Abbiamo insistito molto per avere controlli rigidi», spiega il sindaco di Ponza, Francesco Ferraiuolo. «All’imbarco a Formia è stato predisposto un presidio sanitario con un termoscanner, chiunque voglia imbarcarsi viene sottoposto al rilevamento della temperatura. Se non si ha febbre e non si presentano altri sintomi si passa al secondo controllo, quello amministrativo. Poi, arrivati a Ponza, c’è una pattuglia di vigili urbani e delle forze dell’ordine che effettua un ulteriore controllo dei passeggeri che sbarcano».

Sull’isola pontina e nella vicina Ventotene non ci sono stati casi di coronavirus. La continuità territoriale era garantita fino al 4 marzo da aliscafi da Anzio e da Formia e con traghetti da Terracina. Con l’emergenza le corse sono state ridotte e si può partire solo dopo essere stati sottoposti a un pre-triage al porto e se si è in possesso di un’autodichiarazione per motivi di lavoro. «Abbiamo chiesto la sospensione della corsa dell’unità veloce, sprovvista di cambusa e cabine, sia per limitare gli spostamenti da e per l’isola sia per evitare che il personale scenda a terra. A Ponza abbiamo solo un poliambulatorio, non possiamo rischiare. Per questo vieteremo a chiunque di riaprire le seconde case o tentasse di raggiungere l’isola per il ponte del primo maggio o per farsi una gita fuori porta. E nessuno potrà sbarcare o attraccare con propri natanti», dice Ferraiuolo.

Anche a Ventotene sono state disposte misure di contenimento molto rigorose. «Il rischio su una piccola isola è che il virus si diffonda facilmente», spiega l’assessore alla Sanità e all’Ambiente Francesco Carta. «Qui non abbiamo grandi strutture sanitarie ma ci siano organizzati con un presidio al porto con la Croce rossa e siamo riusciti a gestire senza grossi problemi piccole emergenze che abbiamo avuto, come il rientro di alcuni concittadini da una crociera. Alcuni di loro presentavano sintomi allarmanti. Per fortuna si trattava di semplice influenza».

Ciò che impensierisce davvero l’assessore Carta è il “dopo”: «Nel momento in cui potremo respirare per il contenimento dell’epidemia, il problema sarà l’economia dell’isola che vive prevalentemente di turismo. A Ventotene il comandante della Capitaneria di porto ha sospeso da subito la pesca sportiva, cosa che mi aveva lasciato un po’ perplesso perché si pratica quasi sempre in solitaria, anche se chi va a prendere la barca fa un percorso cittadino. Per questo ci stiamo preparando per far riprendere in totale sicurezza e al più presto le attività turistiche. Stiamo valutando di utilizzare termoscanner ed esami immunoenzimatici veloci da realizzare allo sbarco, misura che spero sarà presa dappertutto. Questo è il momento di fare unione poiché è il collante della forza», la convinzione di Carta.

Nonostante le vite sospese e la preoccupazione per le conseguenze dell’emergenza in termini economici, con la stagione turistica che se non compromessa appare fortemente ridimensionata, un fatto inconsueto ha strappato un anelito di speranza agli abitanti delle due isole pontine. Sulla coroncina di spine intrecciata dai marittimi locali a Pasqua dello scorso anno e posta per devozione sul capo e ai piedi del Cristo crocifisso nella chiesa di San Silverio e Santa Domitilla, che si affaccia sul porto di Ponza, sono spuntati dei fiori. Piccole gemme rosse fiorite dai rami secchi. «Voglio credere che il Signore voglia mostrarci il suo amore», ha scritto su Facebook padre Ramon, parroco di Ponza rivolgendosi ai suoi fedeli. «Sono già 4 mesi che continua a regalarci delle foglioline verdi e oggi con questi fiori rossi ci manda un segno di speranza, per noi e per tutta l’umanità».

Se a Ponza c’è chi si affida alla fede, a Pantelleria si preferisce dare corpo ad azioni più terrene. Anche quest’isola è a contagi zero ma gli amministratori temono che il via vai di partorienti e malati oncologici, che devono andare a curarsi in Sicilia in ospedali dove sono ricoverate persone malate di Covid-19, possa portare il virus in loco. Per tutelare il diritto alla salute dei propri concittadini, il sindaco Vincenzo Campo, il suo vice Maurizio Caldo e il presidente del Consiglio Comunale, Erik Vallini, hanno iniziato uno sciopero della fame per chiedere la riapertura del punto nascita isolano. «Pantelleria sta combattendo due battaglie: una contro il virus, come tutta Italia, ed un’altra per assicurare la possibilità di partorire senza rischio contagio alle gestanti pantesche», sostiene il primo cittadino. «Con la nostra protesta pacifica speriamo di scalfire l’indifferenza mostrata finora dall’Assessorato regionale alla Sanità».

Da quando lo scorso febbraio è stata chiusa la struttura sanitaria, le partorienti vengono accompagnate all’ospedale di Trapani. «L’ultima gestante che ha partorito la scorsa settimana, da sola, senza alcuna assistenza dei familiari ha testimoniato un travaglio ancora più sofferto e preoccupato, in un nosocomio adibito anche ai pazienti con Covid 19. Stessa condizione per i malati oncologici che devono fare le terapie in terraferma. Questi pazienti, più fragili, così come le donne incinte, non corrono solo un rischio costante di contagio per se stessi, ma nel tornare a Pantelleria possono portare il virus sull’isola», aggiunge con una punta di sconforto il sindaco.
La forma di protesta che coinvolge gli amministratori panteschi arriva dopo innumerevoli richieste ufficiali e petizioni popolari indirizzate all’assessore regionale Ruggero Razza, «un vero e proprio muro di gomma». sospira il primo cittadino. Oggi, con l’emergenza coronavirus in atto, Pantelleria prova a ottenere quella considerazione, quelle risposte, finora negate.