L’individualismo sfrenato, la debolezza del pensiero, la disarticolazione sociale, la gestione egoistica del potere: sono questi i mali che adesso dobbiamo affrontare. E serve mobilitarsi ora per combatterli
Per potersi proiettare nel futuro è necessario disporre di un minimo di sicurezza nel presente. Quindi trattare senza ingenuità e come un individuo una persona in difficoltà significa mettere a sua disposizione quei supporti che gli mancano per essere un individuo a pieno titolo e che garantiscano le condizioni della sua indipendenza», scrisse Robert Castel parlando di disuguaglianza e insicurezza sociale.
Una delle azioni prioritarie che dovremo collettivamente implementare, in questa fase di ricostruzione del post confinamento, è l
a ricostituzione delle difese immunitarie della nostra comunità umana. A questo riguardo, dovremo avere l’audacia di ideare nuove forme di solidarietà per combattere le crescenti disuguaglianze. Per fare ciò, occorrerà innanzitutto debellare alcuni virus nocivi che indeboliscono il nostro sistema sociale, come ad esempio: la burocrazia politica della gestione del potere, la disarticolazione sociale, la debolezza di pensiero, la labilità di convinzione e gli individualismi.
Relativamente agli individualismi, la nostra odierna società sembra essere formata da una convivenza parallela degli “io” spesso incapaci di entrare in empatia con gli altri. In questa nuova fase di ricostruzione, occorrerà probabilmente creare una nuova cultura collettivistica in cui l’attenzione è rivolta alla comunità e alla convergenza degli “io” verso una prospettiva di una felicità collettiva. In questo spirito, l’io dovrà essere generosamente messo al servizio del bene comune.
Circa la debolezza di pensiero e la labilità di convinzione, occorre sottolineare che l’avvento dei social media ha caricato gli “io” di un’ulteriore fragilità, ovvero li ha esposti a una continua necessità di consenso, di approvazione e di ammirazione misurabile istantaneamente attraverso lo strumento dei “like”. Purtroppo, la soddisfazione di questa necessità passa attraverso l’indefinitezza, la malleabilità e la plasmabilità del credo. A questo riguardo, la debolezza di pensiero e la labilità di convinzione diventano alleati importanti per intercettare i desiderata e il sentire comune. In questa nuova fase di ricostruzione, occorrerà molto probabilmente avere l’audacia di seguire tenacemente ideali alti per il bene di tutti invece di inseguire disordinatamente l’effimero consenso dell’io.
Riguardo alla disarticolazione sociale, occorre rammentare che negli ultimi anni i piromani della politica hanno basato il loro consenso elettorale sulla contrapposizione sociale e sull’esaltazione di una parte della popolazione rispetto agli altri. La politica del “prima gli italiani” è sicuramente l’emblema di questo smembramento sociale. L’unica alternativa credibile a questa politica incendiaria è quella di sfuggire alla tentazione della contrapposizione, di creare coesione sociale attorno ai bisogni comuni e di unire le diverse forme di invisibilità in una lotta unitaria. Per questo, la sfida di questa nuova fase di ricostruzione è quella di assemblare ciò che è stato smembrato, di articolare ciò che è stato disarticolato e di unire ciò che è stato disunito.
Per ciò che riguarda la burocrazia politica della gestione del potere, bisogna ricordare che la distanza fisica ed emotiva tra il palazzo e la piazza, tra la politica e il popolo è aumentata. La politica, sempre più svincolata dalla realtà ed asserragliata nel palazzo, ha perso la capacità di ascoltare con empatia umana immedesimandosi nei dolori, nelle sofferenze, nelle disperazioni, nelle aspirazioni, nelle speranze, nei desideri e nei sogni della massa popolare. In questa fase di ricostruzione, la politica dovrà avere l’audacia di ritornare nella realtà del popolo e di rendere il palazzo permeabile alle richieste delle persone per la tenuta della nostra democrazia e dell’intero edificio politico-sociale.
A questo riguardo, la politica non perda l’occasione di ascoltare la voce inascoltata delle tante donne e dei tanti uomini (con diverse forme di invisibilità ed esclusi dagli Stati Generali) che si susseguiranno sul palco degli Stati Popolari che si terranno dalle ore 14 in Piazza San Giovanni, a Roma, il 5 luglio 2020. In questo appuntamento, i lavoratori della terra, i rider, i lavoratori manuali e cognitivi, i lavoratori della cultura e dell’informazione, i titolari di partita Iva, i pensionati, i disoccupati, i senza casa, gli studenti, i lavoratori della scuola e dell’università, i ricercatori, le nuove generazioni, i movimenti per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, i movimenti antirazzista ed antisessista, il movimento Lgbt e tante altre realtà diverse si uniranno per la prima volta, facendo convergere le loro lotte, al fine di portare un reale cambiamento e di trasformare i propri sogni in realtà. La politica non perda questa inedita opportunità per sintonizzarsi con il paese reale perché se vogliamo lottare contro le disuguaglianze e l’insicurezza, non bastano solo le risorse materiali, peraltro fondamentali, ma è altrettanto necessario la dimensione immateriale che consiste nella condivisione delle sofferenze e dei desideri. Bisognerà ripartire dalla lotta «alla disuguaglianza e all’insicurezza sociale» proprio come sosteneva Robert Castel.