Esclusivo - Strage di Bologna, ecco le carte segrete di Licio Gelli
I documenti sequestrati al capo della P2 che sono al centro delle nuove indagini sui mandanti dell'attentato
I soldi sporchi di Licio Gelli: cinque milioni di dollari rubati al Banco Ambrosiano e distribuiti nei giorni cruciali della strage. I conti esteri segreti della super-spia Federico Umberto D'Amato. Le manovre per far sparire i documenti che collegano il capo della P2 all'eccidio di Bologna. I legami inconfessabili tra i terroristi dei Nar e il killer fascio-mafioso Paolo Bellini. E i ricatti allo Stato. Documentati da appunti «riservatissimi» dell'allora capo della polizia Vincenzo Parisi, trafugati dal Viminale e nascosti in un deposito clandestino, insieme a pezzi di ordigni esplosivi sottratti alle indagini sulle prime bombe nere.
Sono gli ultimi tasselli del mosaico criminale della strage di Bologna, il più grave attentato nella storia dell'Italia repubblicana. Quarant'anni dopo la bomba nera che il 2 agosto 1980 ha ucciso 85 innocenti nella stazione dei treni, le nuove indagini della procura generale hanno identificato, per la prima volta, i presunti mandanti, finanziatori e organizzatori. L'Espresso pubblica un'inchiesta con i nuovi documenti, intercettazioni e testimonianze che chiamano in causa personalmente il capo della loggia P2, Licio Gelli, morto nel 2015, già condannato per tutti i depistaggi successivi alla strage, il suo tesoriere e braccio destro Umberto Ortolani e il capo dell'Ufficio affari riservati del Viminale, Federico Umberto D'Amato.Al centro delle nuove accuse ci sono carte segrete di Licio Gelli, scritte di suo pugno, che erano state fatte sparire dagli atti del processo per la bancarotta dell'Ambrosiano e ora si possono finalmente rendere pubbliche.
Questo primo documento è stato sequestrato al capo della P2 nel giorno del suo arresto in Svizzera, il 13 settembre 1982: c'è il numero di un conto di Ginevra, dove Gelli custodiva milioni di dollari sottratti al Banco Ambrosiano, preceduto da un'indicazione: Bologna. Questo «documento Bologna» era stato fatto sparire dagli atti giudiziari.
Nel prospetto allegato, Gelli ha annotato di suo pugno le cifre e i nomi in codice dei beneficiari dell'operazione Bologna e di altri bonifici collegati: almeno cinque milioni di dollari usciti dal suo conto svizzero in date che coincidono con i giorni cruciali della pianificazione, esecuzione e successivi depistaggi della strage del 2 agosto 1980. La sigla «Zafferano» nasconde lo storico capo dell'Ufficio affari riservati, Federico Umberto D'Amato, iscritto alla P2, che ha incassato 850 mila dollari, secondo l'accusa, come presunto «organizzatore» della strage.
Questo terzo documento è un «appunto manoscritto» sequestrato a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981, con la stessa perquisizione che portò a scoprire la lista segreta degli oltre 900 affiliati alla loggia massonica P2: Gelli riassume di aver distribuito, attraverso un fiduciario (M.C.), un milione di dollari in contanti tra il 20 e 30 luglio 1980, alla vigilia della strage, e altri quattro milioni il primo settembre 1980, quando iniziano i depistaggi. Altri documenti e testimonianze collegano questi soldi ai terroristi dei Nar, già condannati come esecutori della strage, e alle false «piste estere» create dagli ufficiali piduisti dei servizi per ostacolare le indagini sui neofascisti.
Come esecutori della strage di Bologna sono stati condannati, con diverse sentenze definitive, i terroristi dei Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e, in primo grado, il killer nero Gilberto Cavallini. Le nuove indagini ora identificano il quinto presunto complice, anche lui neofascista, sospettato di aver portato a Bologna l'esplosivo: Paolo Bellini, ex pilota d'aereo e killer della 'ndrangheta, misterioso personaggio collegato a militari dei servizi segreti, magistrati massoni, boss di Cosa Nostra e terroristi neri, compresi gli stragisti dei Nar.