La nascita di un nuovo governo, l'entrata a regime del piano vaccinale, la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le elezioni in alcune grandi città, l'arrivo dei fondi europei. Ci concentriamo troppo sull'attesa e troppo poco su quanto succede dopo

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Credo di aver imparato cosa sia un conto alla rovescia guardando, tanti anni fa, il lancio dei razzi Saturno V da Cape Canaveral. Ricordo la tensione che saliva via via che ci si avvicinava allo zero perché sapevo che a quel punto sarebbe successo qualcosa di importante. E immaginavo una mano che spingeva un bottone. E sapevo che a quel punto avrei visto il fuoco uscire dagli enormi ugelli e il razzo salire, accelerare e infine sparire alla vista. Che emozione!

Il 2021 del nostro Paese appare già costellato di conti alla rovescia al termine dei quali rischia però di succedere ben poco, almeno nel breve termine, per la vita dei cittadini. Provo a fare alcuni esempi: la nascita di un nuovo governo, l’entrata a regime del piano vaccinale, la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le elezioni in alcune grandi città, l’arrivo dei fondi europei a valere sul PNRR, il G20 a presidenza italiana, la COP26 sul clima a co-presidenza italiana. A scanso di equivoci, confermo che si tratta di eventi importantissimi per la vita economica e sociale del Paese. Ma se porremo tutta l’attenzione mediatica – e psicologica – sul conto alla rovescia e non su cosa deve accadere dopo lo “zero” rischiamo un anno di continue disillusioni, e quindi di frustrazione.

Immaginate se, una volta finito il conto alla rovescia per la partenza di un razzo, non succedesse nulla. Oppure se, una volta fatto partire il razzo, la missione andasse male. Come reagireste? Dove finirebbe la vostra fiducia nelle équipe che ha preparato e gestito la missione? Ecco, la mia preoccupazione è che nel 2021 l’opinione pubblica si concentri sui momenti sbagliati, alimentando peraltro un’inutile ansia nelle persone. Ecco alcuni esempi.

Il possibile cambio di governo. Molto si discute in queste ore di una possibile crisi di governo e vedremo ciò che accadrà. I sondaggi ci dicono che i cittadini si aspettano che il governo (attuale o futuro) operi per superare tre emergenze - quella sanitaria, quella economica-sociale e quella ambientale – e dare una nuova prospettiva di sviluppo al Paese. Ma sappiamo che per questo ci vorrà tanto impegno e tanto tempo. Se, dunque, ogni provvedimento viene presentato come “risolutivo”, mentre nella migliore delle ipotesi è solo “utile”, il rischio di disillusione e di sfiducia nel governo di turno è altissimo, chiunque lo guidi.

Il caso
Tutti dicono che serve ascoltare i giovani. Ma poi le loro proposte non le considera nessuno
23/11/2020
La campagna vaccinale.
Iniziata con il “Vaccine-Day” europeo, a fine dicembre, la campagna viene monitorata giornalmente e puntualmente scatena polemiche su presunti e reali ritardi. Ovviamente, il monitoraggio serve per intervenire sulle inefficienze del sistema sanitario, ma dal punto di vista dei cittadini il “Victory-Day”, il vero “V-day”, sarà quello in cui la campagna avrà raggiunto un numero così elevato di persone da ridurre drasticamente e stabilmente il numero di morti, di ricoverati e di contagiati. Questo dovrebbe essere il momento rispetto al quale fare il conto alla rovescia. Nei giorni scorsi si è finalmente indicata la fine settembre per pensare a un possibile ritorno alla normalità, sempre che il virus non muti in modo significativo. E noi vogliamo riempire i giornali e i telegiornali dei dati sul numero dei vaccinati ogni giorno, sapendo che la vera svolta (speriamo) avverrà tra nove mesi?

Il Piano di Ripresa e Resilienza. Dopo mesi di lavoro (e si tratta di un lavoro indubbiamente difficile), il governo non ha ancora messo sul tavolo la sua proposta finale, da discutere con il Parlamento e le forze politiche e sociali. In questo caso il lancio del razzo – cioè l’invio del Piano a Bruxelles - è atteso a fine febbraio: quindi, i tempi ci sarebbero ancora, anche se sempre più stretti. Ma una volta inviato il PNRR (cioè una volta spinto il bottone di lancio), l’opinione pubblica si occuperà di altro o pretenderà, giustamente, di sapere quando i vari progetti partiranno in pratica e quali risultati otterranno e quando ci si aspetta che ciò accada? Cioè cosa accadrà alla missione, una volta partita?

Mi fermo qui con gli esempi, ma lo stesso ragionamento potrebbe applicarsi agli altri conti alla rovescia che caratterizzeranno il 2021. Il punto chiave è che l’opinione pubblica tende molto a concentrarsi su quelli che gli economisti chiamano “obiettivi intermedi” (come l’adozione del PNRR), più che sugli “obiettivi finali” (l’attuazione/conclusione dei progetti). E non è un caso che, finora, né la campagna vaccinale, né il PNRR abbiano esplicitato gli indicatori di risultato (outcome in inglese) attesi (la banda larga ovunque, la riduzione delle perdite degli acquedotti, il miglioramento del tasso di occupazione, ecc.), che sono molto diversi da quelli (di input) espressi in termini di vaccinazioni effettuate o di fondi impegnati o addirittura spesi.

La distorsione cognitiva indotta dall’enfasi eccessiva sulla pressione del bottone e non sulla conclusione della missione è tipica del nostro Paese, nel quale – non a caso - è sostanzialmente assente una valutazione preventiva o successiva delle leggi e dei progetti in termini di miglioramenti della condizione economica, sociale e ambientale. Forse sarebbe il caso di imparare una volta per tutte, anche dal drammatico anno passato, che la politica degli annunci non funziona più; e che, al contrario, rischia di alimentare una crescente sfiducia nelle istituzioni. Ciò di cui un Paese stanco e spaventato avrebbe bisogno è la sincerità e la chiarezza di quali sono, e quando avverranno, i veri passaggi cruciali su cui concentrare tutte le energie e definire in modo trasparente gli obiettivi finali e gli indicatori da usare per misurare non quello che si è fatto, ma quanto manca per raggiungerli. Una citazione attribuita a Winston Churchill recita: “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Poiché nelle partite di calcio non ci sono decine di migliaia di morti, di disoccupati, di imprese che chiudono, ricordo sommessamente che non stiamo vivendo un avvenimento sportivo, ma un passaggio cruciale della nostra vita.