Un invito per le donne a autodeterminarsi e alzare la voce, per rompere la catena d’odio nascosta dietro un’idea malsana di amore. NU-SHU – Le parole perdute delle donne è il nuovo esperimento di Raffaele Curi che mescola arte e incalzante attualità, pensato per celebrare la riapertura, dopo ventotto anni, dell’Arco di Giano a Roma, con la Soprintendenza speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma diretta da Daniela Porro.
Il Nu-shu è l’unica lingua al mondo esclusivamente femminile. Si tratta di un idioma segreto nato in Cina molti anni fa, dalle donne del popolo Yao, e da loro gelosamente custodito per generazioni, per evitare che gli uomini comprendessero i loro discorsi. Cantato nelle riunioni in cucina e ricamato sui vestiti come decorazione, il Nu-shu rappresenta un atto di ribellione verso le imposizioni di una società maschilista che esclude le donne dalla vita pubblica. Si tratta della riappropriazione di uno spazio vitale di esistenza che fa della parola uno strumento di libertà e di liberazione.
Raffaele Curi riporta la riflessione sull’essenza della donna al contemporaneo, attraverso un action della durata di nove minuti che coinvolge gli spettatori e combina le caratteristiche visionarie delle discipline dello spettacolo. NU-SHU – Le parole perdute delle donne andrà in scena venerdì 5 novembre alle ore 21.15 e alle 21.45. La partecipazione è gratuita, nel rispetto della normativa anti-covid.
I temi della presa di parola e dell’autodeterminazione delle donne sono al centro della performance che lancia un accorato invito a scardinare le logiche opprimenti della violenza di genere, al di là dei secoli e delle culture.
All’interno della cancellata dell’Arco di Giano, settanta sontuosi kimono nuziali in seta bianca, frutto di una lunga ricerca condotta in Cina da Alda Fendi, evocano la presenza e le storie di altrettante donne, chiamate da Raffaele Curi a svelare al pubblico il volto e la forza della loro voce sulle note dell’aria “Je veux vivre dans le rêve” tratta da “Romeo et Juliette” di Charles Gounod, nella versione del soprano Nadine Sierra, fino all’accendersi della luna, simbolo dell’affascinante, ciclico mistero delle donne.
L’unico a movimentare la scena sarà un uomo.
Curi firma un atto di denuncia dei meccanismi culturali che sfociano nel femminicidio. NU-SHU – Le parole perdute delle donne è una «carezza», un invito a ritrovare la voce per denunciare i soprusi, e un monito a educare le nuove generazioni all’amore che non è possesso, prevaricazione e disconoscimento della dignità femminile.