Memoria
“Ciao, Libertini!”, gli anni Ottanta secondo Tondelli
A trent’anni dalla morte dello scrittore il documentario di Sky Arte lo ricorda e lo omaggia attraverso le voci di chi lo ha conosciuto e amato
In occasione dei 30 anni dalla scomparsa dello scrittore emiliano Pier Vittorio Tondelli, Sky Arte ha prodotto il documentario “Ciao, Libertini! Gli anni ’80 secondo Tondelli”, che manderà in onda proprio il 16 dicembre. Realizzato da Darallouche, l’autore postmoderno viene omaggiato dalla regia di Stefano Pistolini, che in questo girato alterna filmati realizzati negli anni ’80 e i testi delle opere dell’autore. A guidare la narrazione, le testimonianze dell’artista Luigi Ontani, il musicista Giovanni Lindo Ferretti, Walter Veltroni, lo scrittore Mario Fortunato e altri preziosi arricchimenti.
Tondelli raccontava la complessità degli anni ’80, in tutte le sue sfaccettature.
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Nato a Correggio nel ‘55, ha consumato ogni realtà fino a quando non gli stava stretta. E poi cambiava, attraversando tutto il Paese. “Altri libertini”, “Camere separate”, “Un weekend postmoderno” e “Rimini”; tutto ciò che lo scrittore ha visto e raccontato è presente nei suoi romanzi. Le sue opere vengono definite rivoluzionarie ancora oggi.
“Dark, dandy, new romantic, paninari, warriors”, le figure giovanili che descrive entrano a gamba tesa nella letteratura italiana e vengono presentate all’inizio del documentario. In una puntata di “Mixer Cultura” del 1990, Arnaldo Bagnasco racconta il genio e l'abilità dell’autore nel descrivere sociologicamente la galassia giovanile italiana del decennio precedente.
Anni complessi, gli Ottanta, ma anche molto spensierati. Un periodo che ha permesso ai ventenni di esprimersi in modo estremo, con una libertà che non c’era prima e che non si sarebbe mai più presentata, almeno fino a oggi. In quel momento l’Italia è forse l’unico Paese insieme agli Stati Uniti ad avere numerosi giovani scrittori impegnati nel pubblicare libri.
Si assiste a un movimento culturale che parte dalle piccole città e arriva fino alle grandi metropoli italiane. In fondo, la voglia di rivalsa giovanile che interpretano questi autori è lo specchio di un Paese intero.
“Ciao, libertini! Gli anni ’80 secondo Tondelli” è un viaggio tra gli scenari dell’Emilia-Romagna, tra i pensieri di Pier Vittorio Tondelli e tra le opere. Così, richiamando il suo “pensierare”, risulta difficile anche solo non provare a immedesimarsi per un’ora nei panni di Tondelli.
Ma perché l’autore viene ricordato ancora dopo 30 anni? Forse per aver descritto con grande dedizione i luoghi, gli sguardi e i modi di fare che chi ha vissuto gli anni ’80 ha dato per scontato. O meglio, quel periodo è stato dato per scontato, tanto che poi molti si sono pentiti, ricreduti, dispiaciuti. E proprio grazie a Tondelli riescono a ricordarli nei dettagli, che la memoria con il passare del tempo cancella.
Da parco Lambro fino al rapimento di Aldo Moro. “Il giorno e la notte”, così Walter Veltroni descrive nel film questi anni. Un arco di tempo che fa da ponte agli Ottanta, “anni in cui si consuma ciò che era stato sprecato prima”.
Era “un pesce fuor d’acqua”, secondo il racconto dello scrittore Mario Fortunato. E lo erano entrambi. Tondelli non aveva frequentato e non frequenterà mai associazioni o partiti politici vicini alla sinistra italiana. In qualche modo però, i suoi romanzi erano la voce della parte più progressista del Paese. Libri che sono il perfetto esempio del detto “l’abito non fa il monaco”.
Di fatto, Tondelli era un cronista di ciò che accadeva alla società, ma l’errore più grande, come riconosce Fortunato, è quello di confondere ciò che scriveva con ciò che era: un personaggio gentile, educato e pacato a differenza della sfrontatezza che lo aveva reso famoso. Ma è proprio per queste caratteristiche che riesce a raccontare i luoghi in cui vive; negli anni affronta storie di tossicodipendenza, personaggi che vanno e vengono a Posto Ristoro (un luogo di incontro tipico di Bologna) e che descrive come un ambiente con “luce sciatta e livida, neon ammuffiti e odore di ferrovia”. E da Posto Ristoro si passa alla Libreria del Teatro, un altro tipico luogo tondelliano e un punto storico per Reggio Emilia. L’unico angolo veramente amato da Tondelli a Reggio Emilia; fu lì che Tondelli portò proprio “Altri Libertini” a Nino Nasi, che lo spedì a un contatto che aveva in Feltrinelli.
Parlava dei tossici, degli “sfigati”, della stazione di Bologna di notte. Nessuno fino ad allora aveva mai descritto i giovani come lui: i maligni. Il paradosso, è che “Pier” riusciva a mettere d’accordo i più estremisti con le persone più vicine alla religione. Dal musicista Giovanni Lindo Ferretti ad Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica”. La sua esplicita sensibilità e grande attenzione lo portavano a pensare parecchio e con grande lucidità. Nel campo teatrale e in quello musicale di quel periodo, ci sono state tante forme di espressione che sono state raccontate, ma Tondelli voleva fare questo e molto di più; si è spinto infatti a raccontare quelle persone che non hanno vissuto nemmeno un attimo di fama. Con un bagaglio pieno di tutto ciò che lo circondava, scavava negli scenari bolognesi, milanesi, fiorentini, romani. Tutto, ma proprio tutto ciò che avesse qualcosa di vivo e di artistico. E ognuno lo amava per le sue ragioni. Chi lo conosceva, trovava in lui un’ottima amicizia con cui condividere moda, costume, teatro, idee artistiche e questioni culturali. Ma Tondelli passava la maggior parte del suo tempo anche in solitudine. Scriveva e ascoltava musica, mentre rifletteva su un mondo alternativo di cui faceva esperienza, pur avendo molte abitudini borghesi. Perché Pier Vittorio Tondelli era anche questo: il contrasto; e nella ricerca di una verità, ha vissuto fede e perdizione, festa e solitudine, popolo e borghesia. Insomma, come direbbe l’artista Luigi Ontani “Viva l’arte, e anche l’eros e la vita!”.