Viviamo in una democrazia sospesa: negli ultimi due anni il tempo si è fermato, come confermano i risultati del rapporto “Gli italiani e lo Stato”

Due anni di pandemia hanno cambiato il nostro sguardo sulla società. Sul mondo. E, naturalmente, sulle istituzioni e lo Stato. Abbiamo (in)seguito questi mutamenti, da molto tempo, nel Rapporto “Gli italiani e lo Stato” curato da LaPolis dell’Università di Urbino e Demos, giunto alla XXIV edizione. La ricerca ha “in-seguito” il percorso tortuoso del Paese nel corso del primo ventennio del secolo. Ha, quindi, permesso di comprendere i riflessi sulla nostra vita impressi da avvenimenti e trasformazioni, in ambito nazionale e inter-nazionale. Tuttavia, a nessuno può “sfuggire” che l’irruzione del Virus ha cambiato tutto.

 

La nostra vita, il nostro modo di “sentire” e di “guardare”. Intorno. Indietro. E avanti. Il presente, il passato e il futuro. Negli ultimi due anni, infatti, il tempo si è fermato. Meglio: sospeso. Perché “segnato” dai confini del Virus. Che hanno quasi “fermato” ciò che avveniva “prima”. E reso im-pensabile ciò avverrà “dopo”. Ieri e domani: difficile rappresentarli. Perché conta quel che avviene oggi. Anzi, ciò che avviene “ora” è già “passato”. Mi rendo conto che, nel presentare il “Rapporto fra gli italiani (quindi, noi) e lo Stato”, rischio di perdermi. E, soprattutto, di confondere coloro che leggono queste riflessioni per “capire” quanto è avvenuto e avviene nel nostro Paese. Nella nostra società. Eppure, occorre partire dalle ricerche che abbiamo condotto e proposto negli ultimi due anni. Perché sottolineano come sia difficile, per gli italiani, per noi, immaginare ciò che avverrà. Guardarsi intorno e avanti.

 

D’altronde, i sondaggi dell’Osservatorio sulla Sicurezza, curati da Demos-Fondazione Unipolis, mostrano la difficoltà, per gran parte degli italiani, di prevedere quando finirà la pandemia. Almeno un anno, secondo oltre metà degli italiani. Mentre il 23% ritiene che durerà ancora molti anni. In altri termini, più di 3 italiani su 4 non riescono a “pensare” cosa avverrà domani. E se, all’inizio della pandemia, questo “disagio” riguardava soprattutto i più anziani, in seguito, e ancora oggi, si è allargato e diffuso fra i più giovani. Che rappresentano il nostro futuro. “Sospeso”, come abbiamo detto.

 

Naturalmente, nel corso degli anni, gli italiani si sono adeguati. Abituati. “L’arte di arrangiarsi”, nel nostro Paese, non costituisce un “vizio”. Un sistema di aggirare i problemi in modo disinvolto e “opportunista”. Rispecchia, invece, la capacità di tradurre le difficoltà in “opportunità”. Utilizzando le risorse fornite dall’ambiente e dalla tradizione.

 

Tuttavia, è indubbio che nel periodo del Covid siamo cambiati. Anche nell’ultimo anno. Questo Rapporto, che riguarda “gli italiani e lo Stato” rivela mutamenti chiari. Già osservati nella precedente indagine, presentata un anno fa. Quest’anno, però, si precisano e si rafforzano ulteriormente. Come mostrano i diversi capitoli proposti dai ricercatori e dalle ricercatrici di Lapolis e Demos.

 

In particolare, si indebolisce la partecipazione. “Scoraggiata” dal lockdown e dai rischi “virali”. Questa tendenza, però, non riguarda solo - e soltanto - le iniziative “politiche”. Si allarga, invece, a tutti i settori. A partire dal volontariato. E coinvolge le organizzazioni che operano in ambito culturale, sportivo e ricreativo, che accompagnano tutti i contesti. E tutte le età. Dalla fine del 2019, la partecipazione è crollata. Nell’ultimo anno, il declino è proseguito. Al tempo stesso, i cittadini, pervasi dall’inquietudine e dalla paura, hanno espresso una crescente domanda di sicurezza. E di autorità. Così, è aumentata la fiducia nei confronti delle istituzioni di governo, centrale e territoriale. Mentre è divenuta evidente la tendenza alla “presidenzializzazione”. Tanto che circa tre cittadini su quattro si dicono favorevoli all’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

 

Al tempo stesso, la maggioranza degli italiani continua a pensare (come negli ultimi anni) che, in nome della sicurezza, lo Stato debba limitare la libertà. Tuttavia, la democrazia non è messa in discussione. Perché, per oltre 7 persone su 10 resta «il migliore dei modelli di governo». Ma si tratta di una democrazia diversa dal passato. È “la democrazia dell’emergenza”. Che non può fondare una democrazia stabile. Semmai, una democrazia “sospesa”. Segnata dall’emergenza. Come il tempo in cui viviamo. Per questo è necessario guardare avanti. “Oltre”. Progettare il futuro. Intorno a noi. Rafforzare le relazioni con gli altri. Cioè, la società. Per non perderci.