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Cultura
febbraio, 2021

Il comunismo spiegato ai bambini

Torna alla luce una straordinaria raccolta di albi russi scritti tra la fine degli anni Venti e il 1933 e illustrati da grandi artisti. Una collezione appartenuta a due architetti, in fuga dalla Germania nazista. In mostra alla Biblioteca Braidense di Milano

In bianco e nero la vita di prima, figure ricurve per gli stenti ed il lavoro. Colorato e radioso il mondo che ha appena salutato la Rivoluzione d’ottobre: è “Ieri e oggi” di Samuil Maršak, illustrato da Vladimir Lebedev. E mentre un postino, panciuto e spavaldo, avanza con una busta in mano - in “Posta”, elogio di un mestiere decisamente utile alla collettività, disegnato da Michail Cekanovskij, tra i padri dei cartoni animati in Urss – un bambino si staglia da un gruppo, e a mano alzata domanda “Cosa è bene, cosa è male”: risponde la penna di Vladimir Majakovskij, la grafica di Aleksei Pomochov.

Libri rari, preziosi, testi per bambini che raccontano una società di adulti, colta in uno dei momenti storici più interessanti dell’umanità: il tempo nel quale il sogno di un mondo nuovo nutre speranze, produce fermento, incoraggia avanguardie artistiche e letterarie del tutto inconsapevoli del buio che li attende a un soffio di anni.


“Tempi terribili – libri belli” riunisce 257 libri sovietici per bambini, in una mostra alla Biblioteca Braidense di Milano, appena riaperta. “Costruiremo un nuovo mondo” è il catalogo dell’esposizione (Corraini), curato dalla storica dell’arte Federica Rossi assieme al direttore della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca, il canadese James M. Bradburne: anima del progetto.
«È vero, sono molto affezionato a questa mostra. Io colleziono da sempre libri sovietici per bambini – negli anni Ottanta ho lavorato in Unione Sovietica - ho passato parte della mia vita immerso nella letteratura per l’infanzia, ho anche scritto libri per i più piccoli. Inoltre, bambini e famiglie sono il target più importante dei nostri istituti di cultura: e se una biblioteca o un museo sa dare l’idea di essere un luogo magico, i bambini torneranno. Il punto di partenza è perciò aver fatto della Biblioteca Braidense un nuovo spazio didattico, con un rinnovato impegno verso l’infanzia, il tempo della vita dove tutto comincia».


Suggestiva è la genesi di questa mostra. «Sin dai primi giorni di lockdown abbiamo messo a punto un ricchissimo palinsesto on line, che ha coinvolto anche la Biblioteca. Con il programma “C’era una volta nella biblioteca” attori famosi hanno letto storie per bambini. E tra loro anche attori russi», racconta Bradburne: «Ero alla ricerca di libri per illustrare queste favole, quando mi sono imbattuto nella valigia degli Adler. Un antiquario mi ha parlato di una collezione molto particolare, che probabilmente il proprietario era disposto a vendere. Ho manifestato il mio interesse, gli ho immediatamente chiesto di verificare la possibilità di una donazione, ma la realtà ha superato i miei auspici: la proprietaria si è rivelata una signora inglese che conosceva la Pinacoteca di Brera, perché l’aveva visitata venti anni fa. E ha accettato di mettere a disposizione questo suo patrimonio familiare».


La malconcia valigia di pelle marrone era appartenuta ai genitori, gli architetti Hand Edward e Hedwig Adler, fuggiti dalla Germania nazista nel 1939, e rifugiati in Inghilterra. Alla loro morte, nel 1986, la figlia Susan, sgombrando la casa di famiglia a Colonia, l’aveva ritrovata abbandonata in soffitta: dentro c’erano i 257 libri per bambini, di cui 169 in russo, 85 in ucraino, 3 in yiddish, tutti pubblicati tra la fine degli anni Venti e il 1933. Testimoni in carta dell’entusiasmo e della creatività, precedenti allo scoppio della Guerra.
«In quegli anni povertà e inflazione caratterizzavano la società. Il dissidio tra capitalismo e pensiero comunista emergeva in tutto il suo vigore. Ma raggiungere i bambini era un impegno ben preciso della neonata Unione Sovietica. Non a caso Nadežda Krupskaja, la moglie di Lenin, predicava che “il libro per bambini è una delle armi più potenti dell’educazione socialista delle giovani generazioni. Grazie ai libri per bambini devono essere gettate le basi della visione materialista del mondo delle giovani generazioni”». 
E la pedagogia trasuda con chiarezza dai libri. «Queste storielle intendono trasmettere i valori del perfetto cittadino, l’importanza del lavoro collettivo, dell’industria, il valore dell’esercito. Libri come “Il mio amico carbone”, o “Mani d’acciaio” invitano ad apprezzare le materie prime. Sono libri colorati, dinamici, interattivi: dipingevano una nuova era, dopo secoli di guerra e servitù. Adoro i momenti di rottura, perché sono quasi sempre tempi di estrema creatività. In uno scenario di lì a poco terribile - il terrore, lo stalinismo - questa collezione racconta l’intreccio tra un Paese alle prese con l’industrializzazione, con le trasformazioni sul lavoro, e l’emergere dell’orgoglio nazionale».


Quei libri erano come dei souvenir di famiglia: la coppia li aveva acquistati negli anni trascorsi in Unione Sovietica, tra il 1930 e il 1933. «I due si erano incontrati a Mosca, entrambi giovani architetti col sogno di contribuire alla costruzione di quel paradiso di ideali che si andava delineando negli anni del Primo piano quinquennale di Stalin», continua a raccontare Bradburne: «Erano rimasti a Mosca tre anni, durante i quali avevano progettato e costruito cinema, scuole, case popolari. Ed è evidente che questa collezione sia una raccolta messa insieme da due architetti: libri che parlano al loro lavoro, che dialogano tra di loro. E che mostrano edifici nuovi: abitazioni sociali ma anche torri radio e planetari. Libri che rivelano un’attenzione tutta nuova verso il design. Ci sono poche collezioni così, fatte di libri coerenti tra di loro: un set preciso di volumi creato nel giro di pochi anni su un periodo storico ben individuato». Architetture costruttiviste e club operai, i nuovi luoghi della socialità, si stagliano tra le illustrazioni. E almeno altre tre sono le trame sottostanti alla mostra: «Innanzi tutto, ricostruisce un pezzo di storia dell’Unione sovietica. Ma racconta anche la vicenda personale ed emblematica di una giovane coppia di architetti, coi loro sogni e coi loro ideali, che a un certo punto si frantumano al punto da dover fuggire in Inghilterra. La mostra ha anche il merito di fotografare un segmento di letteratura per bambini, dove reale e fantastico convivono. Nell’allestimento di “Tempi terribili – libri belli” abbiamo voluto aggiungere dei volumi che mostrano le origini di questa tendenza pedagogica o che raccontano il contesto della collezione Adler: libri che hanno provocato polemiche, libri di particolare pregio per le illustrazioni, testi che ci sembravano irrinunciabili per capire il tempo». Uno spaccato di quell’ingente patrimonio di leggende e fiabe, da sempre affidato agli artisti più importanti.

 


«Difficile dire quali siano i libri che mi emozionano di più», riflette Bradburne: «Ci sono alcuni libri importanti per il loro valore comunicativo: per esempio, per come raccontano l’esperienza della guerra e la quotidianità stravolta: cosa fare durante un attacco o un bombardamento, come usare le maschere antigas... Ci sono libri bellissimi dal punto di vista grafico: ne ho in mente uno sulla cavalleria russa, illustrata in diagonale su doppia pagina. Molti sono semplicemente libri adatti ai bambini, con piccoli animali per protagonisti. Ma diversi sono straordinari per l’uso della lingua, per i giochi linguistici proposti: ad esempio, ci sono due libri di rebus, che rappresentavano un format molto popolare. E libri curiosi, singolari, come quello che ritrae Lenin a dorso di un elefante, intitolato “Lenin in India”».
Testimonianze che farebbero la gioia dei sempre più numerosi collezionisti di memorabilia con l’“olstalgie” dell’Est: del tutto indifferenti al fatto che persino quei libri sarebbero passati sotto l’ideologia di Stalin, della censura sui grandi illustratori - una fra tutte, Vera Ermolaeva, uccisa nel 1937 – e che le stesse edizioni sarebbero state riproposte senza più i colori sgargianti di soli pochi anni prima.


«Il tempo ha certamente filtrato gli aspetti più tremendi dello stalinismo e della guerra. Ma non credo che sia sufficiente per parlare oggi di nostalgia. Siamo in un tempo di rapidi cambiamenti e di rottura verso il passato. Ciò che si rimpiange non è il tempo di Stalin, ma quell’impegno, quella responsabilità verso i più giovani, quella capacità di ascoltare i bisogni dei bambini che oggi mancano. E che invece mostre simili possono ispirare. In questi lunghi mesi la pandemia sta mettendo a dura prova il mondo dell’infanzia, i loro sogni, le possibilità di apprendere e di stare insieme. La sensibilità di questi artisti deve ispirarci a rinnovare il nostro impegno verso di loro. Un centinaio di autori ha scritto questi libri nel 1934. Nessuno di loro poteva neppure sospettare che di lì a qualche anno, alla fine degli anni Trenta, sarebbero finiti in un gulag. Noi oggi abbiamo la responsabilità di recuperare il loro impegno verso l’infanzia, di valorizzarne la cura nella redazione di questi libri meravigliosi, scritti appunto senza sapere cosa sarebbe accaduto loro: solo nella convinzione che cambiando ciò che i nostri bambini sperimentano nella loro infanzia si può mutare il corso della storia e, forse, creare un mondo migliore. Riportarli alla luce in questo momento vuol dire riportare al centro l’infanzia: attraverso quei libri destinati ai più piccoli, che costruiscono uomini nuovi».

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