La parola
Barca
Ogni settimana sull’Espresso un lemma commentato da una grande firma
Le immagini di trasporto collettivo sono un po’ in disuso in questi tempi di Covid. Si viaggia in bus e in metro, ma in pochi e ben distanziati. L’essere insieme a viaggiare, ciascuno verso la sua meta ma insieme è una potente sollecitazione all’immaginario: fa percepire il senso della vicenda comune del mondo e dei legami tra noi. Papa Bergoglio a Buenos Aires amava usare bus e metropolitane, e per questo proprio in una sua enciclica parla della vita come di «vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci» e, in definitiva, «di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una carovana solidale». Questa è la vita: una marea che si trasforma in carovana.
E proprio l’immagine del mare, e anzi della marea, torna quando Francesco, il 27 marzo scorso, da solo in una piazza San Pietro deserta e sotto la pioggia, da personaggio che pare uscito dalla penna di Melville, rivolge il suo messaggio al mondo attanagliato dal Covid. E dice: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda». E conclude: «Su questa barca… ci siamo tutti».
La pandemia è la tempesta che smonta le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e le nostre priorità. La barca – vero e proprio omnibus – diventa la cifra di una fraternità radicale. Il virus ci ha aperto gli occhi attaccando tutti e chiunque, senza alcuna distinzione di razza, religione, censo e nazionalità. Il virus come il diluvio universale – «tragedia di proporzioni bibliche», la definì Mario Draghi sul Financial Times, appunto – che ci stipa tutti sulla stessa barca.
In tempi di crisi l’immagine della barca deve, dunque, aiutarci a capire come agire, che fare. Deve essere una immagine guida. Mettiamo da parte l’Orietta Berti di «fin che la barca va tu non remare». Riprendiamo in mano il racconto dell’arca di Noé che raccoglie in sé coppie di animali disparati in una sorta di «carovana solidale». Sull’arca – che è una barca – bisogna salirci. Non è il caos dello stare insieme che ci impedisce di affrontare efficacemente la crisi, ma la tentazione di scendere, di abbandonare la barca o di non salire o di non remare insieme.
Veniamo a noi. Il nostro Paese si è trovato in una situazione di crisi politica. Le stesse forze politiche sono entrate in una crisi di identità. La via che oggi appare l’unica praticabile è quella del sentirci tutti sulla stessa barca, di farci sentire la responsabilità per il bene comune, coniugando le diversità, che poi sono quelle dell’arca di Noé, dove salgono insieme lupo e agnello, leone e giraffa. Che non si sbranano perché il viaggio che si fa è comune.
E poi, anche grazie alla promiscuità forzata – vero banco di prova – ogni animale potrà riscoprire se stesso e i propri (migliori, si spera) istinti naturali.