Fuori da un palazzo dove non tornerà più, e con un giorno e mezzo di ritardo rispetto ai normali tempi di cortesia istituzionale, il premier dimissionario Giuseppe Conte scioglie finalmente all'ora di pranzo quello che rischiava altrimenti di diventare un seccante inciampo nella costruzione del futuro. Assicura di non essere un ostacolo: «i sabotatori cerchiamoli altrove». A M5S dice: «Ci sono e ci sarò». A Pd e Leu: «Dobbiamo lavorare insieme». Fa sua, infine, la formula cui si è avviticchiato il Movimento: «Auspico un governo politico».

È il via libera finale. Il segno che anche la più strenua fra le resistenze del mondo grillino è caduta, anche se naturalmente le polemiche interne e il dibattito continueranno ancora. Eppure ci aveva provato fino all'ultimo, il presidente del Consiglio uscente e l'intera cordata che lo sostiene. Una filiera trasversale di consiglieri, che va dalla comunicazione (Rocco Casalino) all'informazione (Marco Travaglio), dal partito che l'ha espresso (Rocco Crimi) a quella degli alleati (Goffredo Bettini, ma anche Andrea Orlando nel Pd, e poi Roberto Speranza di Leu). E che anche dopo che Draghi aveva ricevuto l'incarico esplorativo, ha continuato a lavorare, ognuno al suo livello: dentro ai Cinque stelle per provare a consolidare «l'o Conte o morte», magari addirittura un «no» al governo dell'ex presidente della Bce, nella speranza incongrua di far risorgere, ancora, il premier dimesso; fuori dai Cinque stelle, per ridimensionare l'operazione Draghi e la portata del governo che si prepara a costruire e, di nuovo, proporre Conte come «unico punto di equilibrio possibile» per M5S, Pd e Leu, come se il quadro generale fosse ancora quello di prima.
Un'operazione, questa di Conte, uguale e contraria rispetto a quella di Luigi Di Maio. Favorevole alla prospettiva che Draghi porta con sé, più in asse anche quanto a traiettorie internazionali, il ministro uscente degli Esteri sin dalle prime ore dell'incarico ha lavorato a traghettare verso il sì i singoli deputati e senatori (contemporaneamente oggetto delle chiamate dell'altra sponda e d'obiettivo opposto). Tenendo anche informalmente, a quanto trapela, contatti con un Quirinale particolarmente attento a osservare il trattamento riservato al presidente incaricato. E lavorando anche per sé, naturalmente, come testimoniano le voci che danno un possibile suo ingresso nel nuovo esecutivo
Non è comunque affatto un caso che, alla fine di questo processo incrociato, di questo scontro sordo dentro al Movimento, la sospirata dichiarazione pro Draghi di Di Maio preceda di un'ora e mezza quella di Conte col suo tavolino: il ministro uscente degli Esteri dice che che M5S ha il dovere di ascoltare l'ex presidente della Bce e ringrazia il capo dello Stato Sergio Mattarella prima che lo faccia il suo ex premier. Un segno eloquente di come siano distribuiti i pesi tra i due in un Movimento comunque sempre più disorientato.
Ecco dunque l'inversione a U di M5S, particolarmente vistosa nel caso del reggente Vito Crimi e del fondatore Beppe Grillo. Il comico genovese, che fino a mercoledì pomeriggio faceva trapelare «avanti con Conte, mai con Draghi», ha preso poi precipitosamente a telefonare tutti sostenendo la linea opposta della «grande opportunità» di tornare al governo. Crimi, che martedì sera a due ore dal messaggio di Mattarella aveva scritto su Facebook un chiaro e tondo no al «governo tecnico» dell'ex presidente della Bce, adesso è attestato su un assai più modesto: «porteremo al tavolo il M5S e la sua storia. Il reddito di cittadinanza è uno dei punti fermi».
La questione del no al governo «tecnico», ma sì al governo «politico» è, alla fine, l'ultima ridotta dentro cui si stipa il Movimento Cinque stelle ormai persuaso ad accettare quello che Alessandro Di Battista chiama «apostolo dell'elite». L'aggettivo scelto («politico») è particolarmente paradossale, se pensiamo che i grillini erano entrati in parlamento proprio nel nome della fine della politica, con l'idea di arruolare «gli esperti» a suon di «curriculum» e aprire così i palazzi come tante scatolette, e arrivati a scannarsi per chi decide la prossima delegazione di governo senza nemmeno avere la soluzione.