Il film di Isabella Sandri non cerca scorciatoie. E tra precisione da documentario e poesia racconta vittime e pedofili

Un confine incerto, l’orco e la bambina senza reticenze né voyeurismi

Una bambina che sembra disegnata da Tim Burton batte le foreste della Germania in camper con uno strano giovanotto che non è il padre, non è il fratello, non è un parente, e quando non gioca con lei sta sempre in chat al computer con tipi dai nomi poco raccomandabili, Barbie-Cue, Super-Pedo, roba del genere. La bambina (Anna Malfatti, impressionante) è gracile, irrequieta, spaventata, ma anche abituata a quella routine, e quando gioca con le sue bambole che un po’ le somigliano sembra perfino tranquilla. Certo, ogni tanto Richi (uno spiritato, efficacissimo Moisè Curia) le fa i dispetti, magari la fa piangere, sempre riprendendola in video. O le chiede di aiutarlo a rubare la benzina facendone una complice. Ma non sapremo mai se si spinge oltre, i video con lei in bikini e occhiali da sole sono per quelli della chat, che ne chiedono sempre altri e pagano bene. Anche se tra quei clienti misteriosi c’è una agente della Polizia Postale sulle loro tracce (la rumena Cosmina Stratan, occhi sgranati e qualche piaga segreta che per fortuna non verrà mai spiegata), assistita a sua volta dalla psicologa Valeria Golino e più tardi dal collega Salvatore Cantalupo (purtroppo scomparso nel frattempo).


Se i film sulla pedofilia, in questo caso la pedopornografia, non sono legione, questo di Isabella Sandri è forse un unicum. Perché è italiano e non cerca scorciatoie di genere (thriller o simili) né vani ermetismi, ma ausculta con rara empatia i suoi personaggi. Dando cittadinanza e sentimenti a un “orco” dal volto umanissimo, da cui al momento fatidico la sua vittima non vorrà separarsi. Con una delicatezza di tocco e un’attenzione ai fatti, psicologici e ambientali, che derivano da un lungo lavoro di collaborazione con la polizia postale (metodi, strumenti e ambienti sono autentici). Ma anche dal coraggio e dalla capacità poetica con cui Isabella Sandri, regista da sempre a cavallo tra finzione e documentario, pedina questa coppia terribilmente asimmetrica. Dando forma all’irrappresentabile senza reticenze né voyeurismi.


Non tutto magari è perfetto; se è molto bello l’uso del ladino (la bambina è stata rapita a Ortisei), qualcosa resta vago, qualcosa troppo spiegato. Ma sono attimi, piccoli nei sulla superficie di un film che getta una luce insolita oltre che potente in acque molto buie e profonde.

"Un confine incerto"

di Isabella Sandri
Italia - Germania, 113’, #IoRestoInSala

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