In quella grande casa tutto parla di lui: la collezione infinita di dischi in vinile scelti e acquistati con cura, uno per uno, nel corso degli anni; i file audio, centinaia, caricati e sparsi almeno in una decina di computer, e poi il mixer, i giradischi, le fotografie di una vita trascorsa alla perenne ricerca della musica giusta consumando puntine in ogni angolo del mondo, nei club, nei rave, nelle gallerie d’arte, nelle piazze e sui palcoscenici, ma sempre stando tra la gente e dalla parte della gente, nonostante il successo, le serate al Sound Factory Bar di New York e i brani ai vertici delle classifiche come Belo Horizonti.
Nella casa di Cassino in cui viveva Claudio Coccoluto - dj amatissimo, ma anche remixer, produttore, imprenditore, docente, comunicatore, scomparso a 58 anni dopo una lunga malattia il 2 marzo scorso - aveva racchiuso tutto il suo mondo. Lì dentro, fra mura che trasudano ancora una passione sconfinata per la musica, non c’e solo la sua famiglia - la moglie Paola e i figli Gianmaria e Gaia – ma anche il suo lavoro, il suo studio di registrazione, dove si era rintanato soprattutto nell’ultimo anno, da quando era scoppiata la pandemia, che non aveva frenato la sua voglia di rimanere in contatto con i fan. E così via libera ai dj set sui canali social, ai live e alle chiacchierate, alle dirette in cui poteva mixare aprendo il suo spazio privato al pubblico.
«Ha iniziato a mettere vinili e a usare i giradischi nel negozio di elettrodomestici di mio nonno Erasmo, a Gaeta. Il suo primo studio di registrazione, a Cervaro, me lo ricordo come un luogo magico, un rudere. Si chiavava House without windows, un buco senza finestre. Eppure per me, che ero un bambino, era così affascinante», racconta il figlio Gianmaria, 27 anni, neolaureato in Sound design allo Ied di Roma, e anche lui dj. Claudio Coccoluto aveva iniziato a lavorare come dj negli anni Settanta in uno dei tanti network privati, Radio Luna, poi diventata famosa per il programma di Cicciolina, come racconta lui stesso in un libro di qualche anno fa in cui ripercorre la sua carriera (“Io,dj”, scritto con Pierfrancesco Pacoda e pubblicato da Einaudi). «Prima che cominciassi io non era un mestiere, non aveva una dignità», scriveva parlando del dj, che per lui ha il compito di «deviare il corso del fiume della musica», perché «gli altri non si giocano la carriera con la sperimentazione». E per tutta la vita non ha fatto altro che dimostrare al mondo, attraverso le sue performance prima nelle discoteche del litorale pontino, poi nei locali romani e perfino nelle capitali europee fino ad arrivare negli Stati Uniti, che la musica è arte, anche quella che nasce da una selezione di brani, dai loop, dalla creatività di una persona che riesce a regalarti la serata perfetta dallo stile unico e inconfondibile, come il suo.
Racconta Gianmaria: «Mio padre ha sempre ascoltato tutti i generi, aveva una visione totale della musica che mi ha trasmesso e di cui lo ringrazierò sempre. La sua collezione di vinili, a cui si è aggiunta dal 2007 anche la mia, conta oggi almeno 120mila pezzi dislocati in vari punti della casa. Da piccolo non mi rendevo conto di cosa facesse esattamente. Sapevo che il suo lavoro aveva a che fare con la musica e che il weekend era fuori città. Ma ero abbastanza disinteressato al suo mondo, me ne andavo in giro con i miei amici a bordo di uno skateboard. Finché un giorno qualcosa è cambiato. Non so esattamente cosa, ma ho avvertito il fascino della musica e per 10-15 anni l’ho seguito ovunque. Quante serate, albe, viaggi in macchina parlando di tutto abbiamo condiviso... Un’estate, mentre stavamo andando a Cavo Paradiso, a Mykonos, perse la sua borsa di dischi, che per lui era fondamentale. Stava lì tutto il lavoro, in quella borsa. Non sapeva come rimediare, ma alla fine, sfruttando la tecnologia digitale, riuscì a fare la sua serata. Che ansia però. Avevamo passato tutta la notte a scaricare audio sul pc. Ho dovuto assisterlo come secondo dj, ero una specie di operatore che selezionava i brani per lui, abituato invece a sceglierli in base al ricordo che aveva dei centrini dei dischi. Alla fine della serata papà è la proprietaria del locale mi diedero la loro benedizione concedendomi di esibirmi nell’ultima ora. È stato un grande privilegio averlo avuto come padre e aver condiviso con lui tanti momenti in cui poter vedere all’op era il suo immenso talento».
Mentre racconta mettendo in fila i ricordi Gianmaria apre file, scorre fotografie, rilegge testi. Poi annuncia: «Ora partirà il Progetto Infinito, un nuovo capitolo della vita di Claudio Coccoluto, che infinitamente si propaga nel tempo, voluto da tutti noi di famiglia per mantenere in vita il suo ricordo e mettere in luce cose che non sono state ancora raccontate di lui. Questo non significa semplicemente pubblicare album postumi, ma mettere a disposizione del pubblico i tanti brani musicali, i video, i testi scritti, le fotografie, i progetti a cui aveva lavorato ma che ha dovuto mettere da parte per altri impegni. È tutto qui, si tratta solo di riunire il materiale e creare un unico archivio. Progetto Infinito è già pronto e il nome lo hanno scelto i suoi fan». Appena hanno saputo della scomparsa di Cocco – dal nome del programma che aveva su Radio Deejay, C.o.c.c.o. - hanno iniziato a invadere i canali social di messaggi per lui, definendo spesso «infinita» la sua musica, le sue emozioni, la sua presenza. Messaggi di affetto che si sono aggiunti a tanti altri arrivati da vip, che la moglie Paola ha voluto ringraziare con una lettera pubblica. E ai quali si aggiungeranno tanti altri omaggi ancora e ricordi, come i tre murales che verranno realizzati a Cassino, Gaeta e Roma.
Spiega Gianmaria: « La prima novità di Progetto Infinito è la ripubblicazione del suo brano più famoso, Belo Horizonti, realizzato con Savino Martinez sotto il nome di The Heartists. Uscirà a metà aprile per la stessa etichetta fondata da papà nel 1997, The Dub, che continueremo a mantenere viva come tutta la sua etica. Subito dopo verrà pubblicato un meraviglioso album trip hop con 8-10 tracce inedite a cui papà ha lavorato negli ultimi due anni. E attraverso le tante cassette conservate verrà ricostruita la storia dell’house music come fenomeno. I video, le foto, le registrazioni saranno una bella sorpresa. Papà ha conservato, per esempio, la videoregistrazione della serata per i suoi quarant’anni, che festeggiò, tra gli altri, con Lorenzo Jovanotti al Goa di via Libetta, a Roma, a lungo la sua “casa artistica”, di cui era socio con Giancarlino, suo grande amico. Il Goa per lui era un luogo di totale libertà musicale, che ha amato fino alla fine. E anche con Jovanotti erano amici da tempo, da quando Lorenzo faceva il dj. Poi nel corso degli anni anni hanno collaborato spesso, anche dal punto di vista discografico, come per il brano C.o.c.c.o Raggio. Quindi da un lato renderemo pubblico il materiale d’archivio, dall’altro gli inediti, prolungando la sua vita all’infinito. Papà è sempre stato molto curioso, attivo, interessato anche ai temi politici, disposto sempre a dialogare con i suoi fan così come con docenti o intellettuali».
Ha portato avanti tante battaglie nel corso della sua vita, anche politiche. Nel 2006 appoggiò la lista della Rosa nel Pugno, per esempio, e sposò tante cause dei Radicali, dal referendum sull’eutanasia alla marcia per l’Orgoglio laico. Ma forse, ciò che più gli stava a cuore era rivendicare piena dignità alla club culture. Che non considerava solo un intrattenimento, ma un luogo in cui esercitare un’arte. Era un fuoriclasse Claudio, senza dubbio. Eppure aveva sempre un occhio di riguardo verso tutti. Nell’ultimo anno, da quando era scoppiata l’emergenza sanitaria, era intervenuto più volte per sottolineare lo stato di abbandono in cui lo Stato aveva lasciato i lavoratori del settore musicale. Una denuncia che aveva dichiarato anche in un’intervista di Emanuele Coen sulle colonne di questo giornale (per il quale curò, anni fa, una rubrica dedicata alla vita notturna in Italia). E di recente aveva fondato il Club Festival Commission per affiancare le istituzioni nel rispetto della categoria dei lavoratori ormai fermi e senza sostegni economici. «Un giorno, due settimane dopo l’operazione al femore, in pieno lockdown, l’ho accompagnato in Parlamento. Voleva incontrare il ministro Franceschini per esporgli gli effetti devastanti di questa pandemia sul mondo del clubbing. Zoppicava, ma quando il deputato Alessio Villarosa gli chiese cosa era successo, lui rispose che era caduto. È stato un leone anche nel combattere la malattia. Questo anno di immobilità purtroppo ha determinato un crollo economico per molte famiglie. Per noi è stato un duro colpo e nel frattempo lui non c’è più...», rievoca Gianmaria.
Quando gli chiediamo qual è stato il suo più grande insegnamento lui risponde: «L’umiltà». Chi lo ha conosciuto, come me, lo sa bene. Il successo non gli ha mai dato alla testa. Claudio era sempre a disposizione di chi lo interpellava, con un’attenzione particolare verso i giovani. Il suo grande talento era anche questo, essere libero e aperto in tutto, nelle scelte di lavoro come nel dialogo con gli altri. «Alla fine di ogni serata non andava mai via se non aveva salutato tutti, fino all’ultima persona», ricorda il figlio: «Era speciale, aveva una grande forza e un grande carisma. Ora continuerà a vivere con il Progetto Infinito».
Generoso, colto, raffinato, appassionato, la musica occupava le sue giornate: «La mia voglia è quella di giocare, come ho sempre fatto, con note e suoni, come un bambino gioca, montandoli e smontandoli, con i mattoncini di plastica colorati» scriveva. E ancora: «Non uscirò mai dalla mia ossessione per il suono. E nel frattempo si apriranno altri orizzonti inediti, da esplorare. È una prospettiva infinita». Ecco che ritorna questo termine, infinito. Insomma, hai trovato anche stavolta il modo per farti voler bene e per continuare a miscelare emozioni con il tuo stile unico. Grazie, Claudio.