Il risiko del business
Radovan Vitek, il raider immobiliare venuto dall'Est
Il controverso magnate moravo fa shopping fra le macerie dei palazzinari romani come ai tempi dei furbetti del quartierino. Parnasi, Toti, Armellini e altri figurano nella sua campagna acquisti. E l'area di Tor di Valle può finire in offerta alla Lazio
L’inarrestabile Radovan Vitek ha messo definitivamente radici in Italia. Entro ottobre sarà completata la ristrutturazione della sua nuova casa in pieno centro a Roma, nel rione Pigna. Lì dove un tempo abitavano muro a muro Luca Parnasi e Gilberto Benetton gli architetti hanno creato un’unica residenza, confacente a un imprenditore che vale 4,9 miliardi di dollari di patrimonio personale secondo Forbes o 3 miliardi di franchi svizzeri, nei calcoli più cauti della rivista elvetica Bilanz.
Il denaro non è un problema per il magnate nato a gennaio del 1971 nell’allora Cecoslovacchia. Pochi giorni fa Vitek ha avuto il via libera per un aumento di capitale da 2 miliardi di euro di Nova Re, società quotata del gruppo Sorgente Sgr che apparteneva a Valter Mainetti. È solo un primo passo e la società quotata vedrà un’ulteriore crescita con l’intervento di almeno un nome di peso: DeA Capital (De Agostini), il maggiore gruppo immobiliare a capitale italiano. E, secondo voci non confermate, anche Francesco Gaetano Caltagirone.
In parallelo è partita una campagna acquisti da fare impallidire il superleghista del Real Madrid, Florentino Pérez. Roma, capitale storica della razza palazzinara, è oggi un panorama di macerie, di esposizioni con le banche, di imprenditori sull’orlo del fallimento, di concessioni edilizie ferme per mancanza di liquidità. Chi ha soldi fa ottimi affari. Così Cpi property group (Cpipg) di Vitek, con sede in Lussemburgo, ha preso il centro Hibiscus di Alessandra Armellini al Laurentino (28 mila metri quadrati), ha chiuso con Lamaro-Toti sull’ex sede dell’Alitalia alla Magliana, ha appena comprato la Galotti di Luigi Marchesini con la città parco di Torrenova e l’area EverEst a Lambrate a Milano, che da sola vale 350 milioni di euro in termini di sviluppo immobiliare.
L’altro obiettivo è il settore turistico alberghiero dell’Italia del sud, soprattutto in Campania, Sicilia e Puglia. Vitek ha già investito in Salento nel Relais del Cardinale (10 milioni di euro nel 2019) e da Alessandro Vadagnini ha comprato il resort Acaya golf club a Lecce, che sarà raddoppiato e affidato alla gestione di Radisson. A Bari è nel mirino il gruppo Matarrese, mentre Napoli interessa per il centro direzionale e per il rilancio dell’area di Bagnoli.
Ovviamente, all’elenco va aggiunto il gruppo Parsitalia di Parnasi, impiombato dai debiti con Unicredit. Vitek ha rilevato tutto da concordati e fallimenti, compresa la sua prossima abitazione in zona Pantheon. Tra i vari beni, il più noto al grande pubblico è l’ex ippodromo di Tor di Valle ceduto dalla Sias di Gaetano Papalia all’Eurnova di Parnasi e scelto come area del nuovo stadio dell’As Roma.
Dopo anni di vicissitudini la situazione è in stallo. La Roma di Dan Friedkin non vuole più costruire lì. A metà maggio si terrà la prima udienza di un processo civile intentato dalla Sias per revocare il passaggio di proprietà a Eurnova con il probabile effetto di bloccare l’area per altri anni.
La strategia di Vitek è aggressiva. Dopo avere invano proposto alla Roma uno scambio fra il terreno e azioni della società giallorossa, ora l’imprenditore moravo deve scegliere se fare causa al club. Oltre a questa, ha altre due opzioni. Una sarebbe clamorosa: offrire l’area a Claudio Lotito per il nuovo stadio delle Aquile che difficilmente vedrà la luce nell’area scelta dal presidente laziale sui terreni di famiglia in val Tiberina, una zona vincolata e con collegamenti pubblici quasi inesistenti rispetto a Tor di Valle.
L’altra possibilità è riportare l’ippodromo alla sua vocazione e costruire un impianto multifunzionale (trotto, galoppo, equitazione) in modo da liberare l’area comunale di Capannelle (140 ettari). Per Vitek i cavalli sono un affare di famiglia. Alla fine del 2017 ha regalato alla seconda moglie Marie il tracciato ippico di Praga (Velká Chuchle Arena) per 10 milioni di euro ed è proprietario di un allevamento di razze equine in Moravia. La figlia maggiore è già nazionale juniores di salto a ostacoli per la Cechia e la sorella minore è sulle stesse orme.
SCHELETRI SENZA ARMADIO
I conti annuali di Cpipg, presentati alla fine di marzo, non hanno sofferto della gelata pandemica. Il patrimonio totale del gruppo è salito da 10,8 a 11,8 miliardi di euro. Il portafoglio immobili è di 10,3 miliardi di euro (+13 per cento sul 2019)e i ricavi netti da affitti sono arrivati a 338 milioni (+15 per cento) per una liquidità netta complessiva di 1,4 miliardi.
Molti affari sono stati fatti a sconto. Nova re, per esempio, è costata appena 22 milioni lo scorso ottobre, quando Elisabetta Spitz, commissario straordinario del gruppo Sorgente su nomina di Bankitalia, ha deciso di cederla. Un altro affarone, oltre confine, sono gli impianti sciistici di Crans Montana, comprati tre anni fa per 39 milioni di franchi svizzeri e costati un lungo conflitto con la municipalità locale. Sulla stessa linea è l’acquisto dell’ex stazione di polizia a Savile Row, l’antica via dei sarti nel West End londinese, una delle aree più care del mondo. Un mese fa il magnate moravo ha comprato il palazzo di 5500 metri quadrati per 50 milioni di sterline.
Questi investimenti sono quasi tutti finanziati con mezzi propri raccolti attraverso l’emissione di obbligazioni (2,3 miliardi di euro di valore complessivo soltanto nel 2020), grazie al buon rating di Cpipg e alla quotazione alla borsa di Francoforte.
La squadra di Vitek in Italia, oltre a Vittorio Casale che è stato la sua prima guida in Italia, è cresciuta con alcuni ingaggi recenti, come quello del commercialista Giovanni Naccarato, neo consigliere indipendente di Nova Re ed ex amministratore di Finnat, Rai e gruppo Caltagirone, oltre che presidente di Parsitalia dopo l’arresto di Parnasi.
Il regista legale è Federico Sutti dello studio internazionale Dentons, noto per le sue escursioni bipartisan nella politica come consulente di Forza Italia e del Pd ai tempi di Matteo Renzi e del patto del Nazareno. Completano l’elenco Giuseppe Colombo del gruppo Saffi (fiduciaria e consulenza) e Karin Alberti, che come Sutti è passata da Dla Piper a Dentons.
Vitek non è mai troppo lontano dalle controversie legali. Ha vinto la causa contro i suoi ex soci cechi a New York, è stato multato dall’autorità lussemburghese dei mercati e aspetta una decisione della corte federale elvetica sulla scalata a Cma (Crans Montana). A giugno 2020 si è dimesso dal cda della società di impianti sciistici svizzeri e alla fine del 2020 ha lasciato la poltrona di amministratore del Cpipg, lasciando il posto al figlio maggiore, Patrick Radovan che a 23 anni si è appena comprato una quota del gruppo austriaco Immofinanz.
I suoi nemici hanno mormorato che queste dimissioni sono una presa di distanza da ulteriori azioni giudiziarie e ricordano gli inizi spericolati dell’ascesa di Vitek, ai tempi delle privatizzazioni spericolate del post-socialismo reale. Per il tycoon dell’ex Cecoslovacchia vale quello che si può dire dei suoi colleghi oligarchi dell’Est Europa. Se ha qualche scheletro nell’armadio, a questo punto è difficile trovarlo. L’armadio non c’è più.