Sulla scia del Twiga di Briatore, lettino e ombrellone restano il magico tandem per guadagnare. La pandemia non ha spaventato Volpi, Fiorani, Marcegaglia, Rocco Forte e altri. Anche perché lo Stato picchia sui piccoli chioschi ma affitta ai grandi per un pugno di euro. E in Commissione a Bruxelles si riparla di multare l'Italia

La stagione estiva si avvia verso il tutto esaurito dopo mesi da incubo. Ma su spiagge e lidi incombe una minaccia meno nota della variante Delta. È una seconda procedura di infrazione da parte dell'Ue contro l'Italia per avere prorogato le concessioni sugli stabilimenti balneari con il decreto emergenziale del governo giallo-rosa dell'estate scorsa, quando il premier Giuseppe Conte ha portato da 365 a 2500 euro il canone minimo per sfruttare gli spazi in concessione dal Demanio. In compenso, ha prorogato le licenze che, secondo l'Europa, vanno messe a gara.

La prima procedura aperta per violazione della direttiva Bolkestein sulla concorrenza era stata chiusa con promessa di ravvedimento prima della pandemia. La seconda rischia di essere molto più pesante e non basteranno a evitarla varie pronunce dell'Antitrust italiana contro i comuni che hanno prorogato le licenze, oltre a una sentenza del Tar che stabilisce la prevalenza della norma Ue contro quella nazionale. Il prossimo 10 ottobre, a ombrelloni chiusi, la questione sarà affrontata in seduta plenaria dal Consiglio di Stato. Nel frattempo, i concessionari di spiagge con annessi bar e ristoranti, parcheggi e noleggi, avranno portato a casa i frutti di una stagione che già l'anno scorso si è salvata grazie al turismo autarchico.

La cancellazione dal canone dei valori Omi, i parametri immobiliari dell'agenzia delle Entrate che incidevano sugli impianti non rimovibili degli stabilimenti, ha provocato un introito minore per le casse pubbliche e ha ulteriormente avvantaggiato i concessionari più strutturati contro i gestori di chioschetti in versione popolare. I risultati di questa sperequazione nella sperequazione si vedranno soltanto alla fine del 2021. Ma anche i dati dell'Agenzia del demanio relativi al 2020 sono impressionanti.

 

I RE DELLA RIVIERA

Il simbolo dei balneari di alto bordo rimane lui, il geometra Flavio Briatore da Verzuolo (Cuneo). A luglio 2020, mentre la pandemia era in ferie, Briatore chiudeva un'epoca ribattezzando come Twiga la storica società Mammamia all'origine delle fortune dello stabilimento di Marina di Pietrasanta in Versilia. Fuori i vecchi soci Paolo Brosio e Marcello Lippi, dentro i gemelli Soldano e Dimitri Kunz Asburgo di Lorena, nobili immobiliaristi sanmarinesi di nascita e milanesi di adozione forniti di dieci cognomi in totale. Insieme alla sorella Anastasia, i fratelli sono entrati nella defunta Mammamia già nel 2018 in compagnia della lussemburghese Billionaire Lifestyle di Briatore e dell'altra madre fondatrice rimasta in squadra, Daniela Garnero Santanché, compagna di Dimitri. I passaggi di quote sono avvenuti con bonifici a sei zeri perché la concessione demaniale, pari a 16809 euro annui contro un fatturato 2019 di 4,4 milioni di euro e un utile di 60 mila, non impedisce la subconcessione a prezzi di mercato. A maggior ragione, sono libere le operazioni sul capitale delle società di gestione, molto più in linea con l'effettivo valore del business.

Del resto, il ministero dell'Economia incassa dai balneari un centinaio di milioni all'anno. Se i canoni raddoppiassero, si parlerebbe sempre di cifre irrilevanti nel bilancio dello Stato. I comuni, dal canto loro, sono titolari delle concessioni ma non prendono un euro e hanno tutto l'interesse a chiudere un occhio soprattutto perché la classe politica nelle aree a motore economico turistico-balneare spesso coincide con gli imprenditori del settore o è sensibile agli interventi capital intensive. In questo modo, si è creato un groviglio di interessi che hanno tutto l'interesse a non entrare in conflitto. E i pesci grossi si avvicinano sempre più a riva, anche quando sono abituati a occuparsi di petrolio e banche.

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Se poi l'avventura nel credito va maluccio, sedia e lettino sono valori solidi in una regione come la Liguria dove turismo di massa e di élite sono spesso divisi da pochi chilometri. La coppia formata da Gabriele Volpi (ex Carige) e Gianpiero Fiorani, protagonista di un'altra epopea affaristico-giudiziaria, quella della Popolare di Lodi, è entrata nel business delle spiagge a maggio con i Bagni Rosa di Santa Margherita. Il vecchio marchio è andato al Ten beach club che attraverso una subholding (Ten food & beverage), in perdita fino al 2019 per 5 milioni di euro con 16 milioni di ricavi, fa capo alla White fairy di Volpi e alla Orlean ltd, presieduta da Volpi con Fiorani ad.

Gli ex banchieri, che a marzo hanno anche rilevato la catena California bakery, puntano forte sulle spiagge del Levante con altri due stabilimenti: La Valletta e il Punta Sant'Anna a Recco, entrambi dotati di ristorante. Secondo gli atti societari, per gli oltre trecento dipendenti del gruppo è stata utilizzata la cassa Covid.

Frequentatore stabile del Billionaire in Costa Smeralda, Fiorani non ha dimenticato gli anni ruggenti sull'isola e ha guidato l'appassionato di sport Volpi ad acquistare l'Arzachena attraverso l'olandese Social sport stichting. Il presidente del club di serie D è stato fino all'anno scorso Maurizio Felugo, ex centrovasca della Pro Recco di Volpi e del Settebello, riconvertito in manager.

Il magnate petrolifero con base in Nigeria, grande sostenitore del presidente regionale Giovanni Toti, ha appena ceduto lo Spezia alla famiglia statunitense Platek. Si guadagna meglio con il posto sul bagnasciuga che con la serie A.

Sempre a Santa Margherita Ligure a maggio sono passati di mano i Bagni Fiore di Gianluigi e Margherita Campodonico, entrambi oltre la soglia degli ottanta anni. Il canone demaniale 2020 è stato di 4721 euro. Gli oltre duemila metri quadrati dello stabilimento, con una parte in calcestruzzo e un pennello a mare, sono stati venduti per 5,76 milioni di euro sulla base di una concessione comunale risalente al 2004 (20 mila euro complessivi per sei anni) che di rinnovo in rinnovo è arrivata al 2033. Il compratore è il gruppo del food Langosteria holding di Enrico Buonocore che, quattro giorni dopo l'accordo con i Campodonico, ha girato il ramo d'azienda sdraio-ombrelloni all'hotel Splendido di Portofino, gestito dalla catena di alberghi di lusso Belmond.

Marcegaglia è un altro grande gruppo entrato in forze nel settore, con resort a Pugnochiuso nel Gargano e nella laguna di Venezia.

 

BENGODI SARDO

Secondo il Demanio, circa il 90 per cento delle concessioni dei comuni di Arzachena, di Olbia, di Palau, dove si trovano gli stabilimenti fra i più lussuosi e cari dell'isola, fino al 2020 ha pagato il canone minimo di 365 euro. È il caso del Dolphin di Liscia Ruja, una delle spiagge più belle del mondo in prossimità di Porto Cervo. Fino al 2020, quando il governo ha aumentato il canone minimo che spesso non è stato versato aprendo la strada a centinaia di contenziosi, solo diciassette concessionari su 294 presenti nel territorio dei tre comuni avevano un canone superiore a mille euro e solo un concessionario pagava una cifra superiore a tremila euro all'anno.

Al di fuori della Costa Smeralda, ex regno di Karim Aga Khan passato agli emiri qatarioti della famiglia Al-Thani, pagano concessioni popolari gli stabilimenti White beach club (Golfo Aranci, 1855 euro) e il Delfino club La Plage di Villasimius (2405 euro) che, nell'ultimo anno prima del Covid-19, sfiorava un milione di ricavi e 200 mila euro di profitti.

Intorno al milione di incassi, c'è lo stabilimento di Porto Giunco, sempre nella località compresa nella nuova provincia Sud Sardegna. Nei documenti societari i fratelli Murgia, gestori del terreno con un canone di 4386 euro, denunciano anni difficili, fra alluvioni, invasione delle alghe, contributi regionali in ritardo e un furto a ottobre del 2019.

Il pezzo pregiato dell'area è il Forte Village, in mano all'imprenditore inglese di origini ciociare Rocco Forte finanziato dal Fondo strategico della Cdp e dalla Kuwait investment authority (Kia). Alla fine dell'estate scorsa la Cdp, allora gestita da Fabrizio Palermo, ha lanciato un fondo da 2 miliardi di euro per sostenere gli hotel di prestigio messi in difficoltà dal Covid-19. Una manovra che ha fatto storcere il naso ai piccoli imprenditori balneari che già si sentono discriminati dalle nuove norme sull'Omi. Peraltro il canone del Forte Village, che si estende su un'area di 47 ettari con 220 mila metri quadrati di soli giardini tropicali, è sotto la soglia di povertà: 5551 euro e 14 centesimi all'anno.

 

CONDUZIONE FAMILIARE

Fra Capri e Positano, dove si fa turismo di alto livello da molto prima che in Sardegna, le famiglie di antica tradizione mantengono il controllo sugli stabilimenti di maggiore prestigio. L'Incanto di Positano, una compagnia ad azionariato diffuso con società alberghiera a parte, paga la concessione più alta (poco più di diecimila euro). Arienzo di Giuseppe Cinque è a quota 2798 euro mentre sull'isola gli Internazionali dei fratelli Albanese (4750 euro con 827 mila euro di ricavi), i Bagni Tiberio di Carmine De Martino (5196 euro e venti dipendenti) e Canzone del mare della famiglia Albanese-Iacono (3196 euro di concessione per oltre un milione di fatturato) tengono botta nonostante le difficoltà della pandemia.

L'impresa a conduzione familiare è caratteristica anche della costa laziale fino alla bassa Toscana. A Gaeta l'Eden dei fratelli Vellozzi ha ricavi 2019 per 835 mila euro, profitti per 233 mila euro e un canone di 7259 euro, poco meno del doppio rispetto al Bahia blanca della famiglia Di Ciaccio.

Il Villa Tiberio di Sperlonga, controllato da Artur Kollcaku, versa 2608,75 euro. La Spiaggia di Sabaudia dei fratelli Carbonelli paga 4439, mille in più della Capannina di Anzio, mentre è poco sopra i quattromila il Singita di Fregene, che fa parte di una piccola conglomerata con filiali a Marina di Ravenna e a Malta.

Il Tridente di Porto Ercole, nel parco dell'Argentario, è stato riorganizzato l'anno scorso in una srl con quattro quote paritetiche presieduta da Fabrizio Fantaccini, ristoratore a Orbetello. Nella società figurano anche Andrea Formica, consigliere della Piaggio e docente alla Sda della Bocconi, e Daniele Avvento, titolare della Capannuccia di Ansedonia, finita in cronaca per una festa in spiaggia con il dj positivo al Covid-19 a ridosso dello scorso Ferragosto.

Investimenti in rialzo e canoni in ribasso nell'area del Salento, la zona di turismo marittimo che si è più sviluppata negli ultimi anni. Le Cinque vele, della famiglia Pirelli-Stivala a Marina di Pescoluse, occupa un'aerea di 4 ettari con 1500 mq di concessione sul litorale. Oltre ai servizi spiaggia, è fornita di zona wellness, bar, servizi ristorazione e parcheggio. I ricavi si aggirano intorno al milione di euro per un canone d'occasione: 1804 euro all'anno.

Fra le strutture più lussuose c'è Borgo Egnazia a Fasano. Lo gestisce Aldo Melpignano, figlio del banchiere italo-svizzero Sergio, morto nel 2015 dopo una carriera nel private banking fra Italia e Svizzera. L'eredità  include un centro benessere, un campo da golf e, oltre alle stanze, una trentina di ville e fattura quasi 2 milioni di euro per un canone di 4546 euro.

E la Sicilia? Sul territorio italiano che ha più chilometri di costa (oltre 1600) la banca dati del Demanio è muta. Fra le tre regioni autonome con sbocco a mare l'Isola è l'unica a gestire in proprio le concessioni balneari.