Vite tra i fumetti
«Quando non c’era Internet, io ero il Google di Hugo Pratt»
Marco Steiner era un dentista. Poi conobbe il creatore di Corto Maltese. E ne divenne il più stretto collaboratore, il ghostwriter, l’amico. E il custode dell’ultimo segreto
Hugo Pratt ripeteva spesso un misterioso “annuncio cifrato” per i posteri. E il ricordo non aveva mai abbandonato Patrizia Zanotti e Marco Steiner. La prima, oggi curatrice delle opere, colorista delle sue tavole, dal ’79 al ’95 ha accompagnato il creatore di Corto Maltese nei viaggi; il secondo, scrittore globe-trotter, è stato per ventidue anni il più stretto collaboratore del maestro. L’annuncio riguardava la Patagonia: sognando l’ultimo rifugio dei leggendari banditi americani Butch Cassidy e Sundance Kid (mitizzati dal film del 1969 con Paul Newman e Robert Redford) Pratt aveva detto: «Mi piacerebbe che questo virus si trasmettesse. Mi piacerebbe si dicesse: fin qui sono arrivate le ricerche del detective Frank Di Maio, fin qui è arrivato Robert Redford, fin qui è arrivato Bruce Chatwin, fin qui è arrivato Hugo Pratt, e ora da qui parto io. È una storia così bella, in cui la realtà non limita la fantasia, che c’è davvero spazio per tutti».
Di più. In una storia di Corto, “Tango” del 1985, Pratt aveva addirittura nascosto una mappa tra i fumetti: indicava come andare sui suoi passi. Tanti anni, viaggi, riflessioni e letture dopo, Marco Steiner ci si è gettato a capofitto, elaborando infine una lunga e pericolosa avventura in “Nella musica del vento” (Salani). Pur non essendo mai nominato, Corto Maltese vi si annida dappertutto. Forse il marinaio “gentiluomo di fortuna” - assorbendo il suo antagonista Rasputin - ha trovato un doppio “cattivo e bastardo”, nel personaggio dell’infernale protagonista, Morgan Jones.
Ma come nasce questo legame tra Steiner e il grande autore italiano di avventure? Rintracciamo a New York lo scrittore-viaggiatore, che ricorda: «Non c’era internet e io ero il suo Google. Per ventidue anni ho svolto ricerche per lui: era molto rigoroso, voleva documentarsi su ogni dettaglio, prima di creare. Poi ho scritto i suoi racconti: era pigro, così passeggiavamo a lungo, con il registratore acceso, e lui mi diceva: camminiamo e raccontiamo, poi tu scrivi tutto».
Marco Steiner, nella sua prima vita, era il dentista di Pratt. «Ma nacque tra noi un rapporto profondo. Presto lasciai tutto e iniziai a fargli da garzone di bottega». Dapprima ha collaborato a completare la versione romanzata di “Corte Sconta detta Arcana” (il secondo romanzo tratto dal ciclo di Corto, dopo “Una ballata del mare salato”) Poi, nel ’94, diventa il ghostwriter di “Avevo un appuntamento”, il volume di quattrocento pagine per le edizioni Socrates che ha raccolto per la prima volta i viaggi di Pratt a Rapa Nui, Rarotonga, Pago Pago, Apia, Aggie Grey e sulla tomba di “Tusitala” (raccontatore di storie) Stevenson, lassù sul Mount Vaea, a Samoa. Un volume mitico, ricco di foto e acquarelli originali, con un racconto inedito di Antonio Tabucchi. «Lui raccontava, io registravo e prendevo appunti», ricorda Steiner “femo”, “inventemo”, mi diceva in dialetto veneziano, e così passeggiavamo per ore, incantati dalle storie».
Poi Pratt muore nel 1995 ed è sempre Steiner a firmare, per Sellerio, le due storie di Corto Maltese giovane (“Il corvo di pietra” e “Oltremare”). Pratt, in tarda età, aveva affrescato la giovinezza dell’eroe, ma mai l’infanzia. Questa l’aveva lasciata in eredità a Steiner. Il marinaio prattiano cresce tra la Sicilia, Malta e Venezia. La sua prima storia è ambientata nel 1902, anno del crollo del campanile di San Marco, ed è una caccia al tesoro nel Mediterraneo. Intanto, Marco e Patrizia Zanotti si sono sposati, hanno avuto due figli, hanno gestito l’editrice Lizard (fondata con Pratt) curandone la continuità. Ma come è avvenuto l’ultimo passaggio di testimone?
Si consuma nel 1992. Pratt e “il suo Google” passeggiano intorno al lago di Ginevra, in Svizzera. Qui il creatore di Corto ribattezza lo scrittore. Gli assegna il nome d’arte: “Mar” da Marlowe, il detective di Raymond Chandler, “Co” da Corto Maltese, e “Steiner” per storpiare alla tedesca il cognome dello scrittore preferito, John Steinbeck. Discutono del futuro. Ricorda Steiner: «Mi disse: non scrivere di Corto, stagli intorno, vicino, inventati qualcosa, l’infanzia, un discendente, un’altra storia». E gli consigliò, in proposito, di puntare la prua verso la Patagonia. «Non ho più voglia di scrivere, mi confidava, ma se facciamo una bella passeggiata ci raccontiamo tutto. Ricordiamo e inventiamo in modo avventuroso», ricapitola Steiner. Di quei colloqui, lo scrittore conserva le registrazioni. I nastri rimandano la voce calda di Pratt, infarcita di inflessioni dialettali, come un buon piatto della cucina veneziana.
«Ci sono a Venezia tre luoghi magici nascosti. Uno in Calle dell’Amor degli Amici, un secondo vicino al Ponte delle Maravegie, il terzo in Calle dei Marrani, nei pressi di San Geremia in ghetto vecchio. Quando i veneziani sono stanchi delle autorità costituite, vanno in questi tre luoghi segreti e aprendo le porte… se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie…». È l’incipit di “Corte Sconta detta Arcana”, da cui inizia tutto. Afferma Steiner: «Pratt era un “tusitala”, un narratore di storie, come gli indigeni definirono Stevenson. Per me questa esperienza ha significato l’apertura di una porta».
Così, per l’allievo, inizia la stagione dei viaggi: Siberia, Guatemala, Messico, Irlanda, Argentina. C’erano da scrivere le prefazioni alle ristampe, i cataloghi delle mostre. E Steiner vuole sempre trarre parole dall’esperienza. Spiega: «I veri maestri non insegnano nulla, ma hanno una conoscenza speciale, vedono oltre l’intuizione. Quello che c’è tra la vista e la visione, come diceva Gesualdo Bufalino. Ti inseriscono dentro un vortice di conoscenza e di metodi».
È a questo punto che l’autore affronta l’annuncio cifrato del maestro sulla Patagonia. Si ricorda delle fonti indicate da Pratt: oltre a “Tango”, il lungo - e in Italia sconosciuto - reportage firmato dall’attore Robert Redford, che andrà a cavallo sulle tracce di Butch Cassidy e Sundance Kid. Poi l’inchiesta del giornalista Albert Londres sulla prostituzione in Argentina. E il genocidio degli indios. Ma non basta. «Alla fine devi partire sul serio», sostiene.
Lo scrittore, insieme al fotografo Marco D’Anna, scompare in Patagonia: 3.500 chilometri in jeep fino a Chubut, due passi dall’Oceano Atlantico. Siamo nella Terra del Fuoco, definita “la fine del mondo”. Un velista italiano li imbarca a Ushuaia, per battere il canale di Beagle. «Non c’è niente, nessun riparo, i fiordi sono di una pericolosità estrema, se cadi in acqua muori congelato in tre minuti». Poi l’incontro con un discendente di Butch Cassidy, il consiglio di Vittorio Giardino («scrivi di un bastardo»), l’intervento di Patrizia Zanotti: «La protagonista femminile non descriverla, falla parlare» (nasce così un romanzo a due voci). Infine gli incontri con enigmatici sciamani, i riti degli indios, erbe misteriose, faranno il resto. E trasformeranno l’annuncio cifrato di Pratt in una autentica profezia. «Se vuoi scoprirla», conclude Steiner sibillino, «devi battere l’ultima pista».