Dentro e fuori
I sorrisi severi della professoressa Merkel
Ai testi sull’arte della politica si dovrà aggiungere un capitolo sulla cancelliera in congedo. La convivenza tra intransigenza e indulgenza
Mancano pochi giorni al voto politico tedesco del 26 settembre che segnerà la fine del quarto e ultimo mandato come cancelliera di Angela Merkel. La quale ha annunciato il suo ritiro dalla vita politica, da tempo: nell’ottobre 2018 dopo il calo elettorale nell’Assia della Cdu, il suo partito. Gli ultimi avvenimenti l’hanno abbastanza impegnata da farle dimenticare l’imminenza del congedo dal potere. Prima l’epidemia ancora in corso e, come tragico intermezzo, l’inondazione che ha fatto centosessanta e più morti nella Repubblica federale, l’hanno costretta a interrompere un viaggio ufficiale all’estero per accorrere sui luoghi dell’alluvione. Sembrava ormai stanca del peso che comporta la guida del governo nel più importante paese dell’Unione europea, ma non ha esitato un secondo a rientrare in Patria e accorrere sui luoghi del disastro. Era, per la cancelliera, un dovere inevitabile. Questa succinta cronaca degli ultimi giorni di Angela Merkel rivela ancora una volta il suo carattere deciso, la sua prontezza di riflessi, che ne fanno oggi, e ancora per qualche settimana, il più accattivante dei personaggi al governo nel nostro continente.
Già dal suo arrivo sulla ribalta politica, prima del nuovo millennio, mi è capitato di sottolineare come tanti il suo sorriso in apparenza innocente, candido, stampato su un volto austero. Un volto senz’altro nobile, a volte con l’impronta della tolleranza, ma puntuale nel reprimere gli scarti dalla morale, piuttosto frequenti nel suo partito. Ai testi sull’arte della politica si potrà aggiungere un capitolo dedicato ad Angela Merkel. La severità sembra poter convivere su una faccia serena. Non è sempre chiaro se prevalga l’intransigenza o l’indulgenza. A questo si sono abituati, sono tratti in inganno, non solo i connazionali, ma anche gli europei e non europei nelle loro diversità per i quali il personaggio è diventato familiare. La sua figura rammenta quella di un’anziana insegnante. Un’insegnante di polso, ferma nelle intenzioni e non troppo generosa in sorrisi. La contraddizione impegna la psicologia. Nei rapporti internazionali ha saputo cambiare i toni con i capi delle grandi e medie potenze, ha usato un linguaggio diretto, duro, scartando per il tempo necessario le manovre diplomatiche. Pochi suoi colleghi se lo possono permettere. Nell’Europa in crisi ha avuto comportamenti da “uomo di Stato” senza complessi. A quarantacinque anni, quando diventò segretario generale del suo partito, e poi presidente, avvicinandosi alla carica di cancelliera, furono in molti a stupirsi che una donna, cresciuta nella Germania dell’Est, in una società comunista, figlia di un pastore protestante, PhD in chimica e fisica, potesse occupare il posto che era stato di Konrad Adenauer, il fondatore della Repubblica federale. E che si assumesse la responsabilità di ricucire il partito (e il Paese) in preda a lotte tra generazioni e comunità federali. Come ministro della Famiglia, poi dell’Ambiente, e poi come dirigente del partito spazzò via molte riserve nei confronti della prima donna che assumeva responsabilità sempre più gravose. Rivelandosi ben presto uno dei personaggi politici tra i più dotati della sua generazione, che adesso, a sessantasette anni, sta per uscire dalla scena politica in un momento critico per la Germania, l’Europa e non soltanto.
Il governatore del Nord Reno-Vestfalia, Armin Laschet, è indicato come un suo probabile successore. Ne ha le qualità necessarie. Lo ha dimostrato per anni nei vari incarichi ricoperti. Ma di recente è incorso in una gaffe da dilettante. A Erftstadt, mentre il presidente federale Frank-Walter Steinmeier commemorava in pubblico i morti dell’alluvione, Laschet è stato fotografato insieme ad amici che ridevano raccontandosi storie divertenti. Non è del tutto escluso che l’episodio, nonostante le pubbliche scuse, gli costi la cancelleria. Ma altri, tra i candidati alla successione, sono incorsi in errori anche più gravi. Annalena Baerbock, giovane candidata dei Verdi, 40 anni, tre figli, senza un passato di ministro, atleta partecipante a vari campionati, e un aspetto gradevole, era considerata una delle favorite con un partito da anni in piena espansione. È stata scelta non solo per i meriti personali, ma perché rifiuta di considerare i Verdi schierati a sinistra o a destra. In effetti partecipano agli esecutivi provinciali di entrambe le tendenze. E lei, la Baerbock, è stata scelta per la sua autonomia. Ma una sgradevole campagna ha forse compromesso la sua posizione: è accusata di plagio (di avere copiato articoli di giornale per una sua pubblicazione elettorale); sarebbero state trovate fotografie in cui appare poco vestita; e non sarebbero chiari alcuni suoi diplomi universitari. Le campagne elettorali sono sempre accompagnate da azioni denigratorie. Annalena Baerbock può essere vittima innocente di una di queste.