Viaggio in Italia
Miracolo a Ferrara: dove la Lega per salvare un quartiere molla Salvini e si butta a sinistra
Per riqualificare il Gad, strappato a degrado e spacciatori, le associazioni puntano su musica, cinema e sport. E trovano ascolto nella giunta. A sorpresa
Capita di trovarli il pomeriggio al chiosco sotto il Grattacielo a Ferrara, che in realtà ora è un bar alla moda e la sera anche un ristorante. Il Cardi, che a 86 anni nasconde benissimo la sua età appoggiata al bastone. E poi Ferdinand, l’Alfonsi, Zaramella e Denis, che da trentacinque anni è il custode del quartiere, delle sue battaglie e oggi anche della sua rinascita.
Si guardano intorno mentre ordinano un caffè e ti indicano il grande rettangolo dei campi di pallacanestro e pallamano, dove le ragazze del pattinaggio “Il Quadrifoglio” provano axel e flip sui loro stivaletti a rotelle. A sinistra il grande palco attende spento e silenzioso il prossimo concerto. Mentre più in là, verso la stazione, l’inclusione dei bambini si costruisce ogni pomeriggio tra le altalene, lo scivolo e le giostrine dell’area giochi, davanti a mamme e papà con una trentina di passaporti diversi. Compreso quello italiano.
Fino a un anno fa, ragazze, bambini e genitori si tenevano alla larga da questo parco centrale del quartiere Gad, che prende il nome dalla ex circoscrizione Giardino-Arianuova-Doro. Tanto che non c’erano i campi sportivi e nemmeno le altalene. Le gang di spacciatori, portati a Ferrara dal clan nigeriano Arobaga-Vikings, dominavano da tempo la cronaca nera. E la resistenza quotidiana dei pensionati ferraresi come Cardi, Denis e tutti gli altri sembrava una battaglia persa. Ma dopo gli arresti per mafia lo scorso autunno, il vuoto è stato riempito dagli abitanti, sia ferraresi sia stranieri, e dal Comune. Una riconquista resa possibile da un progetto di partecipazione dal basso, sostenuto dalla collaborazione tra le associazioni di sinistra, che comprendono sigle storiche del mondo delle cooperative e dell’Arci, e la Lega cittadina, per la prima volta al governo in città dal 2019 con il centrodestra.
Così da quando gli spacciatori e le loro violenze fanno parte del passato, in appena undici mesi di idee e cantieri, il sindaco leghista Alan Fabbri e il suo vice Nicola Lodi hanno superato la precedente maggioranza di centrosinistra anche nella riqualificazione del quartiere Gad, che l’allora sindaco Tiziano Tagliani, ex Dc poi Pd, prevedeva di ottenere attraverso l’esproprio gratuito di decine di appartamenti privati. Una volta archiviate le elezioni, però, la litigiosità permanente che divide la politica nazionale è stata rispedita fuori città. E, semplicemente, ci si è messi a lavorare.
La storia personale di Nicola Bogo, 40 anni, non è affatto quella di un elettore della Lega. Guida l’associazione che da anni cura la mediazione sociale al Grattacielo, un quartiere verticale di venti piani, 189 appartamenti, ottocento persone, metà immigrati stranieri, metà pensionati ferraresi.
«Quando l’amministrazione attuale ha vinto le elezioni», racconta Bogo, «eravamo preoccupati. Pensavamo che ci avrebbero lasciati a casa. Invece, parlando con il vicesindaco, abbiamo capito che il nostro lavoro rimaneva al centro del quartiere. A questo punto avevo paura di non trovare interlocutori tra le associazioni dichiaratamente di sinistra, ma non è accaduto. La mediazione sociale ha funzionato anche con loro. Una volta visto il progetto, nessuno si è tirato fuori. Ora si lavora di più. Il Comune ci ha messo a disposizione una potenza di fuoco non indifferente. L’amministrazione ci ha dato carta bianca e siamo stati ascoltati. Il problema principale qui in Gad non è il reddito, ma la differenza di età: i ferraresi sono anziani, gli stranieri tutti giovani».
Organizzare percorsi culturali e manifestazioni che riportino le persone a vivere il quartiere deve quindi tenere conto dei confini tra generazioni. E quelli sono più difficili da abbattere. Ma perché la Lega ci è riuscita e il centrosinistra ha fallito? «A un certo punto», risponde Nicola Bogo, «è venuto meno l’ascolto da parte della precedente amministrazione. Non è stata ascoltata la protesta e la protesta non è stata tradotta in un percorso positivo, nonostante in Gad operino tante associazioni. L’altra cosa fallimentare è stata la decisione di organizzare qualcosa per gli stranieri del quartiere e qualcosa per i ferraresi. Ma mai per tutti e tutti insieme. C’era ad esempio il mantra delle danze africane. Nessuno capiva che i giovani nigeriani che vivono a Ferrara non ascoltano musiche tradizionali». Sorride Anna Lugaresi, 36 anni, collega di Nicola Bogo nel piccolo ufficio del centro di mediazione sociale ai piedi del Grattacielo: «Non si tratta infatti di fare cose per gli stranieri e cose per i ferraresi, ma di fare cose belle che coinvolgano tutti».
Il parco, ora intitolato a Marco Coletta, giovane vittima della strada, ha ospitato per tutta l’estate un calendario di musica, cinema e spettacoli che accanto ai nomi della produzione culturale indipendente, come Officina Meca, affianca il Teatro comunale di Ferrara, di cui è presidente Michele Placido e direttore Moni Ovadia. E poi lo sport. Il rettangolo al centro dei giardini, con i nuovi campi di basket e pallamano, viene sfruttato anche per gli allenamenti delle squadre di pattinaggio, hockey e, la sera, perfino pugilato. Mamme e papà aspettano intorno e dal loro abbigliamento è chiaro che i campioni del futuro non avranno tutti un cognome italiano.
Il sindaco Alan Fabbri, 42 anni, barba e codino che non ha tagliato nemmeno quando glielo ha chiesto Silvio Berlusconi, è seduto sotto i ritratti severi dei suoi predecessori dell’Ottocento. Lo accompagna Alessia Pedrielli, capo di gabinetto che, dietro le quinte, ha seguito i progetti di riqualificazione. «Un conto è far politica, un conto è amministrare il Comune. Un candidato dopo essere stato eletto, diventa il sindaco di tutti», dice Fabbri: «Non abbiamo quindi nessun pregiudizio a collaborare con le associazioni, anche quelle dichiaratamente di sinistra. Ci sono professionalità da sostenere. Abbiamo portato lo sport, abbiamo fatto uscire il teatro dalle mura cittadine. Ovviamente non tutti i problemi sono stati risolti. Ma abbiamo fatto un bel lavoro, anche con la collaborazione di questura, prefettura e polizia locale. Dicevano che siamo quelli ignoranti che faranno affondare la città. Ma la sinistra sul territorio è più pragmatica di una certa opposizione e ha continuato a collaborare. Ora serve la costanza per mantenere quello che è stato fatto».
È un modello esportabile? «Sì, è esportabile. Noi sindaci siamo la frontiera politica italiana», risponde Fabbri: «Dei sindaci mi fido. Indipendentemente dal colore politico, dobbiamo dimostrare che siamo amministratori capaci. E Ferrara è una città che offre molti spunti». Diego Franchini, 31 anni, presidente dell’associazione Officina Meca, è anche consigliere provinciale di Arci, storica organizzazione nella promozione culturale che durante la campagna elettorale era schierata con il centrosinistra: «Il cambiamento della giunta per noi non ha cambiato di molto la nostra attività», spiega, «ma l’impatto della riqualificazione del quartiere ha dato ulteriore sprint. Sì, è stato abbastanza facile dialogare con la Lega, perché una volta archiviata la campagna elettorale i ruoli assunti dal sindaco e dal vicesindaco si sono posti come riferimento istituzionale e non come avversari. Non era un rapporto nuovo. Fabbri e Lodi erano già venuti a conoscerci. Non è mai mancato il dialogo, lavorando per il bene del quartiere in modo pratico, pur dalle rispettive posizioni politiche. La distanza ideologica c’è, lo sappiamo. Ma lavoriamo su obiettivi concreti. Siamo in Emilia Romagna, le associazioni sul territorio sono forti: alla fine vince la natura della città, più che il colore che la governa».
Termina l’allenamento delle pattinatrici. Arriva la squadra di hockey a rotelle, mentre il parco giochi si riempie di bambini. «Questa è la vera integrazione», guarda e commenta il vicesindaco Nicola Lodi, 47 anni, famoso in città anche per la sua esuberanza leghista sui social. Ma perfino gli immigrati del quartiere gli riconoscono il risultato. «Abbiamo sofferto tanto», racconta nel suo negozio al Grattacielo Mohamed Naas, 40 anni, barbiere di origini tunisine, che è anche il parrucchiere del vicesindaco: «Facevo il mio lavoro e correvo a casa. Era difficile vivere qui. Adesso va molto meglio».
L’isolato era presidiato da vedette e pusher. Kaba Mohamed Kefing, 29 anni, elettricista della Guinea Konakri, abita da tre anni al Grattacielo. Quando rientrava dal lavoro, saliva subito in casa. Ora si ferma volentieri a chiacchierare. Ecco Denis Gulinati, 66 anni, che non è solo il custode delle torri ma anche delle fatiche di tutto il quartiere.
«Il prossimo passo è convincere i ferraresi che la zona del Grattacielo è una zona bella», spiega il vicesindaco Lodi: «Continueremo a coinvolgere le associazioni. Certo, l’estate ci ha aiutati. Ma abbiamo programmi anche per l’inverno. Porteremo qui le scuole con aree attrezzate per la didattica all’aperto, i mercatini natalizi e ospiteremo la messa di Natale. La collaborazione con il territorio è sempre ottima. Al centrosinistra di Ferrara è mancato un sindaco di sinistra».