I vaccini e big pharma, gli immigrati e la sostituzione etnica: la leader di Fratelli d’Italia lancia dei messaggi stando attenta a non sbilanciarsi troppo. Ma con l’obiettivo di catturare una parte di elettori

Celebrità e complotti: ingredienti efficaci dell’offensiva mediatica con la quale Giorgia Meloni sta consolidando la propria crescente popolarità. Il suo libro “Io sono Giorgia” ha rappresentato un passaggio cruciale nella costruzione dell’immagine da ”leader celebrità”, poi rimbalzata tra social e infotainment (la lunga e compiacente intervista a Verissimo del maggio scorso è a tal proposito esemplare). La rappresentazione della propria intimità, con la riproposizione del mito contemporaneo dell’essere se stessi (vi rivelo chi sono davvero), e la messa in scena del mito imperituro dell’eroe (eroina) che parte piccolo e svantaggiato per poi raggiungere sorprendenti successi, hanno forgiato un personaggio non solo popolare, ma che si presta perfettamente a incarnare il protagonista di un riscatto degli italiani (l’italiano comune, il popolo). L’“Italia del riscatto” è lo slogan con il quale Meloni sta facendo campagna per le prossime elezioni amministrative, con lo sguardo determinato rivolto agli italiani dai manifesti che punteggiano le strade di diverse città italiane.


Forte dei consensi registrati dai sondaggi, secondo i quali Fratelli d’Italia sarebbe il primo partito italiano, Meloni costruisce la sua narrazione lanciando fendenti, ma facendo altresì attenzione a non delineare ritratti eccessivamente grotteschi degli avversari e delle loro trame, come aveva invece fatto in passato. Ciò nonostante, il plot che costantemente evoca non si distacca, nella sostanza, da quello manicheo della contrapposizione tra buoni e cattivi, premessa di ogni complotto che si rispetti. Di recente ha ceduto alla tentazione di alludere a uno dei soggetti più in voga del complottismo contemporaneo: Big Pharma: «Surreale - scrive su Facebook il 7 agosto - Il governo dice NO ai tamponi gratuiti perché sarebbero un disincentivo alla vaccinazione. Ma l’obiettivo della campagna del governo è fermare il contagio o fare marketing per le case farmaceutiche?».


L’incoerenza (i tamponi non sono prodotti, come i vaccini, dalle case farmaceutiche?), la confusione tra diagnosi e prevenzione, l’assenza di qualunque fatto che suffraghi l’ipotesi “asservimento a Big Pharma”, non diminuiscono la potenziale forza persuasiva dell’affermazione. La quale poggia, infatti, sui meccanismi mentali che mette in moto in chi ascolta, se chi ascolta non pone tra sé e il contenuto recepito lo schermo di uno sforzo intellettivo. Uno sforzo ulteriore rispetto a quelle reazioni istintive che ci sono proprie in quanto Homo Sapiens e che si sono sviluppate nel nostro processo di adattamento all’ambiente, naturale e sociale.

 

“Unire i punti” per trovare un senso che corrisponda a un’intenzione, farlo con le poche informazioni a disposizione, ma che forniscono l’illusione della conoscenza. Attribuire quella intenzione a un malvagio, selezionando le “prove” che confermano i nostri pregiudizi. E così via. È così che sopravviviamo quotidianamente. Tuttavia, possiamo anche impegnarci per tenere a bada i nostri riflessi mentali più istintivi. Possiamo mettere in campo l’acquisizione di quante più informazioni possibili, condivise da chi è ritenuto autorevole secondo canoni accreditati, e metodi il più possibile rigorosi, per non farci incantare da semplici coincidenze. Ma gli schemi complottisti sono facili e ci risparmiano queste fatiche; senza sforzo ci procurano la soddisfacente convinzione di possedere un pensiero autonomo: noi ci facciamo domande e cerchiamo risposte che vadano oltre a ciò che le élite vorrebbero farci credere! È davvero consigliabile la lettura del libro di Rob Brotherton, del 2015 (edizione italiana del 2017, seconda edizione elettronica 2021), «Menti sospettose. Perché siamo tutti complottisti», per comprendere quanto tutti noi, indipendentemente da abilità intellettive e cultura, siamo suscettibili di essere presi al laccio di facili narrazioni. E dunque, quanto queste possano trasformarsi in potenti strumenti di manipolazione.


Meloni vi ricorre spesso. Ripete spesso che ama farsi domande. Con le quali insinua dubbi e suggerisce apparenti correlazioni, che rinviano a nascoste intenzioni di chi forse trama alle spalle degli italiani. Oggi è più cauta nel formulare esplicite ipotesi complottiste. Ma non abbastanza perché queste non emergano, con richiami che rinviano a complotti da lei evocati in passato o che circolano nel mondo dei suoi sostenitori. Così a fine luglio presenzia alla manifestazione dell’associazione che sostiene la possibilità di fermare la malattia Covid-19 con cure domiciliari e contesta al governo la mancanza di un protocollo conseguente, portandosi appresso sospetti complottisti sul perché non lo si voglia approntare.

 

«Ecco le cure che non ci fanno fare», si legge nella grafica-video di Fratelli d’Italia che Meloni posta su Fb il 6 maggio. Esprimendo sui social il proprio cordoglio per la morte del medico Giuseppe De Donno, colui che aveva avviata la controversa terapia basata sul plasma dei convalescenti da Covid-19, lo ringrazia «per aver dato tutto [se] stesso per la salute dei cittadini». Mentre i suoi fan e i siti che pubblicano i suoi contenuti fanno circolare le ipotesi di un complotto per bloccare una terapia a basso costo e arrivano a mettere in dubbio il suicidio di De Donno. Meloni si limita a elogiare il suo impegno: talvolta basta un segnale. Le “verità alternative” che offre sui social e in interviste (si veda a tal proposito Luciano Capone sul Foglio del 24 agosto) su vaccini e dintorni tendono sempre verso il medesimo obiettivo: adombrare macchinazioni. Forse questo governo si preoccupa soprattutto di «smerciare il vaccino»?


Ultimamente ha evitato di richiamare in modo esplicito la teoria della sostituzione, secondo la quale potenti della terra favorirebbero l’immigrazione di massa per avere forza lavoro a basso costo. Tuttavia, imperterrita e con toni urlati e apocalittici, continua a contrapporre politiche come quella del green pass all’arrivo dei migranti (il sud al collasso!). Politiche che non hanno tra loro alcun legame, ma che presentate insieme innescano quel sottile sospetto che se i cittadini italiani sono tenuti sotto controllo mentre gli immigrati lasciati scorrazzare, ci sarà pure un motivo. Materializzando così il piano della sostituzione, da lei ripetutamente denunciato sino a tempi recenti e che continua a essere diffuso sulle pagine dei suoi fan.


Meloni, dunque, utilizza modalità propagandistiche la cui efficacia deriva dagli schemi mentali che sollecitano e ai quali quotidianamente, e perlopiù inconsapevolmente, attingiamo. Tuttavia, questi schemi, ancorché radicati, non sono inattaccabili. Ma per attaccarli è necessario conoscerli e soprattutto essere disposti a mettere in difficoltà l’interlocutore “complottista”. Ma Meloni è un personaggio mediatico. Anche per questo nell’universo dei media troppo spesso si flirta con quel suo lato pop che fa audience e di fronte alle sue mirabolanti storie si annuisce come farebbe un cacciatore-raccoglitore qualunque, pronto a scambiare un tronco per un coccodrillo.