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Opinioni
gennaio, 2022

“Caro presidente, riparta dalla Costituzione nel segno dei diritti di tuttə”

“La nostra Carta è la bibbia per un paese laico. Lavori partendo dai suoi articoli che ci ricordano l’uguaglianza, la dignità sociale, il lavoro. E la necessità di combattere le discriminazioni sula base del genere e dell’identità sessuale”. La lettera dallo speciale dell’Espresso

Carə Presidente,

non so chi sarai ma ammetto che mi piacerebbe saperti donna. È pieno di donne competenti in ogni materia che dovrebbero sapere di poter ambire a qualsiasi ruolo di potere, decisionale, apicale al pari di qualsiasi collega uomo che invece viene dato fin troppo per scontato. Ma non è così, dati alla mano. Poco tempo fa ho assistito ad un discorso durante il quale Enrico Letta si è complimentato con la sezione romana del Pd per aver seguito il suo consiglio di candidare «una donna» alle suppletive: avevamo scelto Gualtieri di qua, Casu di là, bisognava mettere una donna. Sono state più o meno queste le parole spese davanti a centinaia di persone e alla candidata D’Elia. Che bisogno c’era di presentarla così, nonostante i suoi meriti, se non per sottolineare paternalisticamente di averla messa loro, «gli uomini, i papà» solo perché gli conveniva una donna? Ecco, mi piacerebbe saperti finalmente donna non come risultato di una strategia funzionale al sistema patriarcale ma perché siamo riuscitə a superare dei bias e dei bug di sistema.

 

Siamo al centro di una fase complessa di crisi, e ora che ci siamo fattə a pezzi da dove ricostruire se non dalle fondamenta? Potremmo cominciare dal ripasso dei principi fondamentali della Costituzione di cui sei garante, d’altronde fino a 12 sanno contare anche i bambini. Dunque, se l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, darei vita al mandato nel segno dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici (1 e 4) come priorità. Gli articoli 2 e 3 parlano invece di diritti inviolabili, uguaglianza e pari dignità sociale, senza distinzioni e rimuovendo gli ostacoli che limitano libertà e sviluppo della persona.

 

Il Parlamento ha recentemente utilizzato i suoi poteri per affossare un disegno di legge condiviso dal popolo (che è sovrano, art. 1), contro le discriminazioni sulla base di genere e identità di genere, orientamento sessuale, disabilità ecc. Quando parliamo di battaglie per i diritti civili sembra che stiamo parlando di un potenziale miglioramento nel riconoscimento di alcune (poche) persone: dei “plus”, traguardi pur sempre sacrificabili. Dovremmo superare quest’ottica a favore di uno sguardo più consapevole della stratificazione, degli effetti diretti e indiretti di un mancato riconoscimento dei diritti: le battaglie per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans non devono essere lette solo come battaglie per i diritti civili ma come battaglie dove diritti civili, sociali e politici coincidono.

 

I dati raccolti durante il primo anno di pandemia da Gay help line evidenziano per esempio come le discriminazioni sul lavoro e la perdita di questo o il mobbing, siano aumentate nei confronti delle persone lgbt+, dal 3 per cento al 15 per cento delle segnalazioni. Il 36 per cento di minori lgbt+ ha vissuto il rifiuto in famiglia, la cui maggioranza è stata cacciata di casa perdendo il sostegno economico, con effetti sulla frequenza scolastica e sull’accesso agli strumenti per denunciare e in generale per costruirsi un futuro. Molte persone trans che ancora non hanno accesso alla rettifica dei propri dati anagrafici (la maggioranza, per via di una legge obsoleta, ha documenti d’identità non corrispondenti al proprio genere) hanno vissuto la scansione del Green pass con il nome come l’ennesimo elemento disincentivante dalla partecipazione alla vita pubblica. Per la stessa ragione molte persone trans non si recano alle urne, rinunciando di fatto al proprio diritto di voto.

 

Un momento di crisi generale ha fatto emergere quanto le persone che si trovano più al margine siano in generale più esposte al pericolo. Lottare per il riconoscimento di tutte le persone e di tutti i fenomeni d’odio, discriminazione, stigma a cui sono esposte significa lottare per ampliare anche i diritti sociali e politici di tuttə. Significa parlare anche di accesso al lavoro, alla formazione, alla cultura, alla salute, ai servizi, alla politica. Significa favorire l’esercizio e la partecipazione della democrazia. Ruth Gilmore definisce il razzismo come «la produzione e lo sfruttamento, legittimati in qualche modo dallo Stato, di diversi gradi di vulnerabilità a morte prematura tra i diversi gruppi sociali». Ma non vogliamo essere martiri e ripudiamo la guerra (art.11). Perciò Presidente, lavori a partire da ciò che abbiamo già: i principi fondamentali della Costituzione, la bibbia di un paese laico (art. 7).

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