«C’è da credere a un rapporto profondo tra la donna e l’alfabeto, e non solo perché per prima ne trasmette la forma ai figli». Poeta visiva, artista, performer, insegnante, curatrice, femminista non militante, Mirella Bentivoglio (1922-2017) avrebbe compiuto cento anni. Per ricordarla e raccontare il suo lato più creativo e manuale, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma ha organizzato la mostra dal titolo “Quanto Bentivoglio?” (dal 18 ottobre al 29 gennaio 2023) a cura di Nicoletta Boschiero.
Senza titolo, 2001
E proprio cento sono le opere, provenienti in buona parte dall’Archivio Bentivoglio ma anche da istituzioni pubbliche quali Ca’ Pesaro o il Mart di Rovereto, attraverso cui si snoda un percorso appassionante e a tratti ludico. «Mirella Bentivoglio si è data la possibilità di essere tante cose insieme: ha lavorato sulle parole (memorabile la mostra “Materializzazione del linguaggio”, curata per la 38ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia nel 1978, ndr), tratto ispirazione dal movimento futurista, rappresentato la questione femminile, promosso le collaborazioni fra artiste. La vita di relazione è stata molto importante per lei», racconta Nicoletta Boschiero. «Le sculture di grandi dimensioni degli anni Settanta, create per essere esposte open air, si contrappongono e dialogano con le serigrafie, i collages e i libri-oggetto. I materiali utilizzati spaziano dal marmo bianco, giallo, nero ai frammenti di asfalto stradale: un’arte del riuso la sua di sorprendente attualità».
Autoritratto dentro e fuori, 1990
Ecco allora l’albero oppiello (Simbolo totale, 1978), un acero recuperato dall’artista che, per via della sua forma a coppa, così sagomata per reggere la vite nei filari, viene proposto capovolto: rifugio, capanna, archetipo della casa. A voi la scelta. Altra struttura simbolica, qui declinata in legno di tiglio (Hyper ovum spaziale, 1992) è l’Ovo (e la mente corre alla pala Montefeltro di Piero della Francesca conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano), tra le forme predilette di Mirella Bentivoglio per le sfumature di significato possibili. Rappresentazione dello zero, del vuoto e del pieno, di nulla e di tutto. «Ho cominciato a usare l’uovo come simbolo nel ‘71 - spiegava l’artista - L’oggetto Ab ovo proponeva due O che ottenevano ognuna un uovo: uno naturale inquinato, uno in resina acrilica trasparente con rotella interna. Da quel momento ho cominciato a usare il simbolo uovo con altri segni. La O da cui era partito era diventata superflua. L’uovo è l’alternativa femminista».