C’è pure lo spirito di Giulio Tremonti nel governo. Appunto, lo spirito è invisibile. Però Gaetano Caputi, che la presidente Giorgia Meloni ha indicato come suo capo di gabinetto, proviene dalla lunga epopea di Tremonti al ministero del Tesoro. Ex magistrato e avvocato, Caputi fu vicecapo di gabinetto (2002/04) e capo del legislativo (2004/06) del ministro Tremonti e ritornò (2008/11) con lo stesso incarico e lo stesso ministro dopo il governo di Romano Prodi.
Alla vigilia della dissoluzione dell’ultimo esecutivo di Silvio Berlusconi (primavera 2011), Caputi raggiunse l’altro tremontiano Giuseppe Vegas alla Consob, l’autorità che vigila sul mercato finanziario, prima come segretario generale e poi come direttore generale. Per qualche anno ha lavorato nel settore privato finché il leghista Massimo Garavaglia non l’ha richiamato al ministero del Turismo con l’incarico di capo di gabinetto nel governo di Mario Draghi.
Le formule e le etichette confondono. Il capo di gabinetto del premier, per essere precisi, non è un burocrate o un collaboratore qualsiasi: è tutto ciò che il presidente del Consiglio non può fare e non può dire per varie ragioni, ma deve fare e deve dire. È la sua estensione. Anche fisica. Il capo di gabinetto – era così con Antonio Funiciello per Draghi, invece Giuseppe Conte ci mise Rocco Casalino e non Alessandro Goracci – a Palazzo Chigi occupa la stanza con le bandiere e il balcone proprio accanto al presidente del Consiglio. Accoglie e respinge le richieste per il premier, monitora il percorso dei provvedimenti, cura le anime della maggioranza e non ignora quelle delle opposizioni, nutre le relazioni internazionali e istituzionali, pianifica i viaggi all’estero più delicati, prepara le istruttorie per le nomine (e intrattiene gli aspiranti nominati), controlla l’efficienza del palazzo e dei suoi uffici, disinnesca gli scandali, dispensa strategie. Questo farà il capo di gabinetto Caputi per Meloni.
Al momento Tremonti è un deputato semplice di Fratelli d’Italia, non è riuscito a tornare al ministero del Tesoro, ma la sua influenza spirituale (e materiale) sul partito e sul governo è rilevante. La scelta di Caputi è una conferma inequivocabile.
Siccome Tremonti non è (a dir poco) un estimatore di Draghi, la retorica del governo Meloni in «continuità» col governo Draghi, oltre che stancante e avvilente, è priva di ogni senso. Soprattutto del buon senso.