Stefano Fresi in un musical: «Canto e suono ma non ballo»

L’antica passione per il pianoforte, l’amicizia con Cortellesi e Argentero. E ora il film “The Land of dreams” di Nicola Abbatangelo. L’attore romano si racconta

La sua è una vita frenetica, come quella di molti attori alla ricerca di un equilibrio fra lavoro e famiglia. Il contesto in cui avviene questa intervista fotografa la volontà di conciliare un po’ tutto: Stefano Fresi, attore, musicista, doppiatore e anche papà, risponde alle domande dalla sua auto parcheggiata davanti la scuola di scherma frequentata dal figlio. «Qui bisogna fare così, non si può perdere tempo, nell’attesa chiacchieriamo...». Il prossimo film è stato appena presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella città e arriverà nelle sale il 10 novembre: “The Land of dreams”, primo lungometraggio di Nicola Abbatangelo. Per Fresi un ritorno al suo primo amore: la musica.

Come nasce questa passione?
«Nasce per caso, a 5 anni. Un giorno arrivarono a casa un cane e un gatto. Non potevo tenere entrambi e così decidemmo di regalare il cane di razza a un amico architetto. Lui per sdebitarsi mi regalò una tastiera. Iniziai a riprodurre i brani che ascoltavo. Mio padre si accorse che ero bravo e mi iscrisse al corso di pianoforte di Uccio Sanacore. A 17 anni conobbi a Tivoli, dove vivevo, Augusto Fornari, allievo di Gigi Proietti, che mi chiese di scrivere le musiche del suo spettacolo “Donne al Parlamento” di Aristofane. E così iniziai a seguire le prove in teatro. Rimasi rapito.... Poi ho fondato un trio con mia sorella Emanuela e mio cognato Toni Fornari - fratello di Augusto - che si chiama Favete Linguis e abbiamo iniziato a portare i nostri spettacoli musicali in giro nei teatri. Ci esibiamo ancora oggi (ndr: prossimo appuntamento è al Teatro Ambra Jovinelli, “Cetra una volta”, dall’11 al 22 gennaio)».

In teatro ha conosciuto Placido
«Recitavo nello spettacolo di Attilio Corsini “Tre moschettieri”. Michele Placido era venuto a vedere l’allora sconosciuto Riccardo Scamarcio. A fine spettacolo venne in camerino e mi disse: “Sta cosa che canti me piace...”. Poi mi chiese se avevo letto “Romanzo criminale” di De Cataldo. Io gli dissi di sì e che mi era molto piaciuto. Lui mi propose subito di fare “Il secco”: “Me lo immagino al piano bar”, disse. E mi chiese di fare un provino. Ma io non ho mai fatto il provino! Mi disse: “Pensa a due canzoni” e mi diede il copione. Mi ritrovai da un momento all’altro in mezzo ai mostri sacri del cinema. È stato il mio debutto nel mondo del cinema».

Che poi è diventato la sua vita.
«Sì, è vero. Pochi anni dopo ho recitato in “Nessuno mi può giudicare” di Massimiliano Bruno e sul set ho conosciuto attori e attrici che oggi sono degli amici, come Paola Cortellesi. Sul set possono nascere anche amicizie profonde. Dopo il film “Noi e la Giulia” di Edoardo Leo abbiamo mantenuto il gruppo WhatsApp con tutti gli attori, da Anna Foglietta a Luca Argentero. Usiamo la chat come fossimo vecchi compagni di classe anche solo per dire “Aoh, ma ’na cenetta?”».

Come sceglie i suoi personaggi?
«Innanzitutto scelgo, cosa che prima non potevo permettermi di fare. Non mi lascio condizionare dalla firma e neppure dai soldi. Ma qualche no è stato difficile da dire. Nei personaggi cerco un canale in cui infilarmi, come è accaduto per “Sconnessi” di Christian Marazziti, per esempio, in cui interpretavo un personaggio bipolare».

Con Walter Veltroni, invece, come andò?
«Ci siamo incontrati nei giorni in cui io stavo girando la fiction “Il nome della Rosa”. Interpretavo il deforme e non potevo togliere quelle lunghe unghie che catturavano tanta sporcizia, erano veramente sporche. Ho pranzato con lui in quelle condizioni. Mentre mi raccontava del suo film, “C’è tempo”, mi disse: “Ho immaginato il viaggio a bordo di un Maggiolino cabriolet”. Io avevo appena fatto sistemare un vecchio Maggiolino cabriolet che ovviamente è diventato il Maggiolino del film. Non solo, poi parlando dell’inedito di Lucio Dalla, da utilizzare nel film, è venuto fuori che anche lui aveva un Maggiolino. Insomma strane coincidenze...».

Veniamo al musical in uscita. Abbiamo iniziato la nostra conversazione parlando della sua passione musicale. Nel film di Abbatangelo, “The Land of dreams”, canta e suona.
«Non solo canto e suono, ma ho rischiato anche di ballare! Mi ha salvato il pianoforte a coda che era sul palcoscenico, e per fortuna perché sono una frana nel balletto. Non conoscevo Abbatangelo, il regista. Quando ho letto la sua sceneggiatura però non ho avuto dubbi. Alla fine mi sono ritrovato con 120 persone in Bulgaria. Nel film interpreto la parte del proprietario del locale Choo Choo Train, dove lavora come lavapiatti la protagonista, Eva, giovane immigrata che un giorno incontra Armie e capisce che è ancora possibile sognare. Il mio personaggio, Carl, è un eccentrico, esplosivo. Per quel ruolo mi hanno rasato la barba, un trauma, e mi hanno tinto i capelli di rosso, ma poiché temevo che il colore non sarebbe andato più via ho fatto una tinta senza ammoniaca. In quei giorni in albergo a Sofia mi alzavo alle 7 di mattina e lasciavo il cuscino macchiato di rosso. La cameriera bulgara non parlava inglese e io non sapevo come spiegarle che non avevo ucciso nessuno. Con i capelli rossi, senza barba e un vestito verde lucido sembravo un avocado!».

Altri progetti?
«Tanti... C’è il film di Luca Miniero, “Tutti a bordo”, che è già nelle sale. Poi “War-La guerra desiderata” di Gianni Zanasi, con Edoardo Leo, Miriam Leone, Giuseppe Battiston, storia della terza guerra mondiale innescata da una lite in spiaggia. Io sono uno degli amici di Miriam Leone che le dà una mano a uscire dalla situazione. Poi è in arrivo su Rai 1 la fiction di Rolando Ravello “Vivere non è un gioco da ragazzi” con Lucia Mascino e Claudio Bisio».

Ci sono personaggi che le piacerebbe interpretare?
«Si ce n’è uno: Ettore Majorana, la sua storia andrebbe ricordata».

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