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Cultura
ottobre, 2022

Zoe Saldana: «Avatar mi ha cambiato la vita»

Con il fantakolossal di Cameron vinse tre Oscar. Con “Avengers” ha fatto impazzire i botteghini. Da cassiera di fast food a star di Hollywood: “Sono un’anomalia nel sistema”

Da cassiera di fast food a star planetaria il passo può essere breve. Ne è prova vivente l’attrice Zoe Saldana, 44 anni, statunitense di origini portoricane e dominicane, il cui nome a Hollywood fa rima da anni con successo al botteghino. Le nuove generazioni la conoscono come Gamora, il personaggio di “Guardiani della Galassia” interpretato anche in “Avengers: Infinity War” e “Avengers: Endgame”, che insieme ad “Avatar” le hanno fatto ottenere il record di prima attrice della storia ad apparire in tre film campioni di incassi. Risale a tredici anni fa la sua esperienza nel fantakolossal ambientalista firmato James Cameron, che vinse tre Oscar e fece impazzire il botteghino, facendosi pioniere del 3D al cinema. “Avatar” è appena riuscito nelle sale, opportunamente rimasterizzato in 4k, in attesa del sequel “Avatar – La via dell’acqua” che arriverà al cinema solo a dicembre.

© 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Saldana, appena ne parla, non nasconde l’emozione. «Non dimenticherò mai la telefonata di Cameron che mi ha cambiato la vita. Stavo cambiando il pannolino sporco di mia nipote, dall’altra parte della cornetta lui mi dice: “Voglio che sia tu a interpretare Neytiri”». Si riferisce alla principessa guerriera blu dalla coda lunga che abita su Pandora e crede nell’armonia energetica del pianeta. «Una sorta di supermodella gigante di tre metri, dalle misure esagerate com’è esagerato il suo cuore. A ripensarci oggi provo una grande gratitudine».

La lezione che le è rimasta scolpita addosso è «imparare a giocare: Neytiri doveva essere formidabile con l’arco e le frecce e io dovevo fare altrettanto. Mi sono allenata a lungo, ho imparato le arti marziali, ad arrampicarmi, a sentirmi agile fisicamente, ma anche mentalmente. Su quel set sono tornata bambina, ho richiamato alla memoria gli anni in cui andavo a scuola per imparare, senza avere la più pallida idea di cosa mi sarebbe stato richiesto». Una cosa la sapeva: doveva indossare tutti i giorni una tuta ricoperta di sensori per rendere al meglio la tecnica “motion capture” e trasferire all’avatar virtuale i suoi veri gesti, espressioni e movimenti. «In pratica entravo ogni giorno in uno stanzone gelido, abbastanza anonimo, e avevo una telecamera che mi seguiva tutto il tempo, mentre correvo e parlavo la lingua del popolo Na’vi».

Un esercizio di fantasia ed esplorazione nell’immaginario, guidata passo passo dal suo mentore James Cameron: «È sempre stato il mio idolo, è diventato un cineasta di riferimento per tutto il mondo, per me è stato un maestro. Non venivo da nessuna accademia di recitazione, sapevo solo ballare: sul suo set ho imparato tutto, specialmente a osare senza paura di sbagliare e non mettere mai freni alla mia immaginazione. “Avatar” è stata un’esperienza immersiva sensoriale, un viaggio magico impossibile da dimenticare». Soprattutto perché le ha rivoluzionato la vita: «Nessuno di noi si aspettava l’enorme successo planetario che il film ha avuto. Grazie ad “Avatar” sono stata in grado di costruirmi una carriera solida e uno stile di vita tale da poter tuttora sostenere la mia famiglia, cosa che per noi artisti non è mai scontata. Da un punto di vista creativo mi ha fatto capire che c’è un mondo intero da esplorare dietro un personaggio, bisogna andare sempre più a fondo, ricrearsi la sua storia, capire da dove viene e che cosa vuole veramente. Il resto lo fa un ottimo regista e una squadra di colleghi che tifano per te». Sul set si respirava un’atmosfera distesa, che ha consentito a ognuno di loro di esprimersi in totale libertà.

«Cameron, da regista curioso, generoso e mai elitario qual è ci ripeteva che non esiste l’errore, esiste il provare e il vedere dove il tentativo ci avrebbe portati. “Se fate una cosa che vi sembra senza senso, fatela lo stesso: va bene anche non sapere, scopriremo insieme dove tutto questo ci porterà”».

Dal cinema alla vita vera, Saldana confessa di aver trasmesso molti di questi insegnamenti ai suoi figli Bowie Ezio, Cy Aridio e Zen, avuti con il marito italiano Marco Perego, sposato nel 2013. «La mia vita è stata, finora, un’avventura incredibile, di gran lunga migliore di quanto avessi mai immaginato. Non capita a tutti quello che è successo a me, in termini professionali e di vita privata. Mi sento fortunata e non do nulla per scontato».

Neanche i suoi quasi nove milioni di follower che la seguono sui social e con cui condivide i suoi successi e i suoi nuovi progetti. Come la serie “From Scratch – La forza di un amore”, ispirata al bestseller del New York Times e disponibile su Netflix a partire dal 21 ottobre, e il film “Amsterdam” dal cast stellare che esce al cinema il 3 novembre (vi recitano, tra gli altri, Robert De Niro, Christian Bale e Margot Robbie).

«A chi mi segue provo a trasmettere l’importanza di credere fino in fondo in quello che si fa, con umiltà ed onestà. Perché quando vuoi veramente qualcosa c’è il serio rischio che la ottieni, com’è successo a me». Il segreto? «Arrendersi senza riserve al fatto di essere un’anomalia nel sistema, come sono stata io, che venivo dal nulla ed ero solo una ragazza del Queens che aveva tutto da imparare. Così ho fatto, lavorando sodo e credendoci con tutta me stessa, e oggi ho una storia speciale da raccontare».

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