«Tanti anni fa mi chiesero cosa avrei preferito tra una carriera veloce e una lenta. Risposi “al trotto”: ho bisogno di avere consapevolezza quando faccio dei passi». A parlare da paladina del passo ponderato in un mondo troppo veloce è Violante Placido, attrice e cantante. Alla fine dell’intervista farà una cosa insolita: mandarmi il videoclip del suo brano “Tu stai bene con me”, in cui il suo compagno Massimiliano D’Epiro la ritrae con la barba, in omaggio a “La donna scimmia” di Marco Ferreri.
Proprio lei, che fece impazzire il pubblico maschile italiano nel 2009 con la sua versione di Moana Pozzi. Ci ha tenuto a non rimanere intrappolata nell’immagine della femme fatale diversificando ruoli ed esperienze, fino a interpretare Alberta, donna in crisi e mamma in via di separazione nella commedia “Improvvisamente Natale”, dal primo dicembre su Prime Video.
Partiamo con una constatazione: nel film gli unici in crisi sono gli adulti, i bambini la sanno più lunga.
«Proprio così, io e mio marito (Lodo Guenzi, Ndr.) viviamo il crollo di una costruzione familiare e andiamo dal nonno interpretato da Diego Abatantuono per chiedergli di dare lui la notizia della nostra imminente separazione a nostro figlio, così che possa prenderla meglio. Il problema è che neanche il nonno se la passa bene, l’hotel che possiede e in cui ogni anno si passa tutti insieme il Natale rischia di essere venduto. In questa situazione di crisi generalizzata gli unici che capiscono e si dimostrano pieni di soluzioni sono i bambini».
Dal cinema alla realtà, la sua esperienza di madre le conferma che le nuove generazioni hanno una marcia in più?
«Assolutamente sì. I bambini hanno una sensibilità pura e senza filtri, avvertono le tensioni familiari e i cambi di atmosfera anche quando da genitore cerchi di non far trapelare nulla. Non trovo sano cercare di essere una famiglia perfetta agli occhi dei figli, l’ipocrisia fa male. Non dico di farli assistere continuamente a crisi e battibecchi, ma metterli di fronte alla realtà della vita è importante. Anche perché non sappiamo mai fino a che punto riusciamo a mantenere ciò che ci siamo prefissati nella vita».
Lei sente di essere riuscita a mantenere ciò che si era prefissata da bambina?
«Penso di sì. Fino a 14 anni, prima dell’arrivo dei miei fratelli, sono stata figlia unica, nella mia stanza già sognavo già di fare la cantante e l’attrice. Poi nell’adolescenza i due obiettivi furono accantonati perché prevalse la passione per lo sport, ma alla fine sono riemersi e li ho realizzati. Anche se poi, a dirla tutta, “realizzata” non mi ci sento mai».
Perché?
«Cerco sempre di rimanere su una strada autentica, anche quando rallenta il percorso. Abbiamo troppa paura della lentezza oggi, io l’ho sempre trovata il giusto ritmo per come sono fatta. Mi avrebbe spaventato avere un successo improvviso. Infatti quando il cinema ha bussato alla mia porta all’inizio ero piena di paure, temevo di non avere l’esperienza necessaria per sfruttare al meglio le possibilità del mestiere».
In questa sua carriera “al trotto” suo padre Michele è mai stato una presenza ingombrante?
«No, semmai un po’ assente perché ha sempre messo davanti il suo lavoro e la sua passione. Non mi ha mai spinto per fare l’attrice, né detto come fare. A volte anzi erano i suoi silenzi ad essere pesanti. Non mi ha mai paralizzato il confronto con lui, non l’ho neanche cercato, forse perché mi spaventava. Non volevo sapere neanche cosa pensasse prima che lo capissi io, ho sempre tenuto a coltivare la mia indipendenza».
Oggi che rapporto ha con suo padre?
«Siamo molto uniti, in un senso profondo. So che quando ho problemi di natura pratica lui mi aiuta e mi aiuterà sempre. Lo redarguisco ogni tanto, perché è un nonno che va inseguito, a differenza di Abatantuono in “Improvvisamente Natale”. Più simile a lui erano i miei nonni, specie quelli materni, sono stati importanti per me: mi hanno cresciuto e trasmesso tanto».
Quando canta si sente più libera di quando recita?
«Più libera e leggera: la musica è catartica, è un’estensione dell’esplorarsi e del dare voce alle nostre sensibilità. Poi quando canto non sono mai in attesa di un progetto, semmai della mia ispirazione».
Che cosa la ispira?
«Sono curiosa della vita, amo viaggiare per il mondo come perdermi per la mia Roma. Lavoro bene con il mio compagno, che ha curato la regia di alcuni miei videoclip e il primo dicembre debutta al cinema con il suo film “La prima regola”. C’è dentro il mio brano “Come un sasso” nella colonna sonora curata da Boosta. A me basta prendere in mano la chitarra: quelle vibrazioni mi aprono canali da cui sgorgano idee senza che me ne renda conto. La musica mi permette di tirare fuori tutto quello che ho dentro».
Come lo yoga e la meditazione, che pratica da sempre?
«Meditazione e yoga mi aiutano a liberare la mente e mi affascinano. Ogni tanto parto per ritiri spirituali da cui torno più lucida. Oggi non si può più vivere senza la ricerca di una consapevolezza profonda di noi stessi e del vivere in armonia con gli altri: siamo andati completamente fuori strada nel mondo, non sappiamo che fine saremo anche solo nel prossimo futuro, tra emergenza climatica, minaccia nucleare e pandemia».
Sono tempi complicati, tempi di guerra: nutre più preoccupazione o più speranza?
«Sono una pacifista convinta e mi rendo conto che siamo arrivati a un punto deleterio, con meccanismi che non vedo affatto facili da scardinare. Sappiamo bene che le guerre non possono durare per sempre, perché allora aspettare migliaia di morti innocenti? Cinquecentomila solo in Etiopia, non ha senso: dobbiamo dire basta a ogni guerra, è anacronistica nel 2022. Dovremmo aver imparato anche quello che costa, in termini economici ed emotivi, ricostruire. Quindi sono preoccupata, certo, ma anche convinta che questo sia il tempo di fare scelte giuste e tempestive senza perdere la speranza di un futuro migliore per i nostri figli. Una speranza attiva: dobbiamo agire, tutti, per cercare di aggiustare le cose».