La prima volta che Ted Neeley indossò la tunica di Jesus Christ Superstar era il 1973. Cinquant’anni dopo è ancora lì, in giro per i teatri, a moltiplicare pani, pesci e canzoni, con la differenza che ormai alla fine dello spettacolo benedice il pubblico in sala, ormai posseduto dalla parte. Ecco, più o meno la medesima sindrome che ha colpito Cristiano Malgioglio.
Sarà perché la radice del nome è la stessa, sarà anche che in tv c’è talmente bisogno di un’idea qualsiasi che ci si fa andare bene parecchio, sta di fatto che da quando il paroliere di chiara e meritata fama si è buttato nel piccolo schermo è rimasto incastrato per amor di share dentro un ego smisurato, come quei costumi gonfiabili dove per muoverti devi portarti in giro sfilze di addominali non tuoi.
Cintura nera di amicizie («L’ho vista, l’ho incontrata, l’ho abbracciata»), divino tra le divine («Meloni settima donna più potente secondo Forbes, sai chi è la prima? Io») e cugino di terzo grado di Lady Gaga, appare in tv a un ritmo tale per cui ci si aspetta di vederlo nei videocitofoni a breve, costretto a recitare una litania senza sosta, neanche fosse la poesia di Natale in piedi sulla sedia.
Così col suo bagaglio linguistico atipico e quel vezzo di ordinare le consonanti in modo del tutto casuale, sposta le sue acconciature impegnative da “Ballando” a “Tale Quale”, e poi Cattelan, Venier, De Filippi, Fiorello, Fialdini.
E più aumentano le apparizioni più il nostro ragioniere di nascita, autore di canzoni indimenticabili di crescita e capace di passare da “L’importante è finire” a “Danzando Danzando mi sono preso Fernando”, si incastra dietro gli occhiali scuri, per ricominciare con l’auto citazione del giorno dopo. Come un Sisifo disinvolto, porta sulle sue spalline il peso della responsabilità perché, dicono, il personaggio funziona. Anche se per cosa non è ancora dato saperlo.
Monocorde nei complimenti («Bellissimo, meraviglioso» a tratti anche «Stupendo»), nelle stroncature si fa più creativo (il suo “J Lo da discount” all’Eurovision ha scatenato una crisi diplomatica con la Spagna), ma è talmente abituato a parlare di sé che nella relazione con gli altri gli scappa da ridere. Inevitabile dunque che gli affidassero anche un programma di interviste tutto suo (“Mi casa es tu casa” su Rai Due) dove fa le domande all’ospite solo per affrettarsi a rispondere in sua vece. Che lavoraccio, o come direbbe qualcuno, una vera croce.