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Cultura
dicembre, 2022

Palestina senza confini nelle canzoni di Haya Zaatry

Politica e sentimenti. Femminismo e urbanistica. Nel primo disco di una cantautrice da scoprire. Da Nazareth al Levante al resto del mondo. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica

Questo articolo andrebbe letto con le cuffie, ascoltando la voce di Haya Zaatry su Youtube o su Spotify. Perché scrivere di musica ha sempre un ovvio difetto: quello di parlare di cose che non si possono dire né leggere ma solo ascoltare. Cercando sul web troverete l’appello per il crowdfunding di “Rahawan”, il disco d’esordio di questa giovane cantautrice palestinese. È un video di un anno fa. Dodici mesi sono bastati per trovare i fondi e incidere un disco che raccoglie canzoni in cui, spiega Zaatry, «descrivo esperienze personali ed emozioni derivate dalla realtà in cui viviamo». Lo fa attraverso storie come quella raccontata in «Borders and promises», una delle prime che ha scritto, un’istantanea della vita di due amanti separati dai confini tra Israele e Siria: «Lo stesso mare e riva./ La stessa aria e vento./ Non esattamente la stessa gabbia/ ma lo stesso uccello ferito».

 

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La storia della realizzazione del disco, Zaatry l’ha raccontata nei dettagli a Vera Sajrawi per +927, magazine di dialogo culturale israelo-palestinese (il nome è il prefisso telefonico che Israele e Palestina hanno in comune). Architetto, musicista autodidatta, nata a Nazareth e cresciuta a Haifa, Zaatry accompagna alla chitarra canzoni che uniscono il folk acustico di ispirazione americana e la tradizione musicale araba. Il punto di partenza è un vecchio passaporto con la scritta “Palestina”: era della sua trisavola Rahawan, nata a Damasco nel 1890 e cresciuta a Nazareth. È lei a dare il titolo al disco, perché «apparteneva all’ultima generazione che ha girato liberamente nel Levante prima che l’occupazione scrivesse a forza i suoi confini». Il disco nasce «per spezzare confini con musica e parole» ed è realizzato in Palestina con l’aiuto di tecnici e musicisti siriani e giordani: è il frutto di quel Levante senza confini che, dice Zaatry, «è il nostro ambiente naturale: tutte le divisioni irrazionali, politiche e violente ci confinano in un determinato luogo, limitano la nostra libertà di movimento e influenzano la nostra identità».

Zaatry si è fatta conoscere una decina di anni fa con "Manakir" ("Smalto per unghie"), che ha avuto un ritorno di fama perché è stata recentemente inclusa nello show Netflix "AlRawabi School For Girls". La sua attività di architetto è importante per la sua ricerca personale e politica: durante un Master presso il Technion Institute di Haifa si è concentrata sul rilancio dell'urbanizzazione palestinese, e per farlo ha dovuto approfondire i concetti di città, luogo, cultura e identità: «Vengo da un mondo che si concentra su spazi e oggetti e sulla nostra comprensione di entrambi», ha detto. «È impossibile ignorare i confini quando si proviene da quell'ambiente, come ignorare le demolizioni di case e quale edificio viene costruito e dove».

Il lancio del disco è ostacolato da problemi oggettivi: a novembre, Zaatry ha annullato un concerto programmato nella città di Ramallah, in Cisgiordania, a causa dell'assedio israeliano al campo profughi di Shuafat a Gerusalemme est e dei continui scontri tra le forze israeliane e i militanti palestinesi nei territori occupati. Ha detto che era difficile persino pensare di fare un concerto mentre stavano accadendo eventi così violenti. È non è l’unico problema per i musicisti indipendenti palestinesi, ha ricordato +972: negli ultimi mesi diversi artisti hanno dovuto cancellare i loro spettacoli in Cisgiordania e a Gerusalemme a causa delle minacce di gruppi palestinesi che considerano immorali alcuni artisti o i loro testi sulla sessualità o sulla religione. Ad agosto, l'artista pop palestinese Bashar Murad, un cantante apertamente gay che si esibisce a livello locale da più di due anni senza grossi problemi, ha dovuto annullate un concerto a Ramallah dopo che "teppisti" arabi avevano attaccato il luogo in cui si esibiva. È un contrasto che Zaatry definisce «straziante» è che considera una diretta conseguenza dell’occupazione israeliana: «Ogni volta che ci sono tentativi di cancellare la nostra identità palestinese, nella nostra società alcuni gruppi si legano più rigidamente a quell'identità, e finiscono per attaccare violentemente quei palestinesi che non si adattano nella definizione di identità che loro hanno». Durante la pandemia, Zaatry ha seguito corsi organizzati da alQaws, un'organizzazione della società civile che lavora per la diversità sessuale e di genere nella società palestinese: ed è entrata così in contatto con una comunità emarginata che l'ha aperta a nuovi mondi che prima non conosceva.

Un altro tema del suo disco è la questione femminile. La seconda canzone del disco, "Alouli" ("Me l'hanno detto"), apparentemente allegra e molto ritmata, affronta i valori sociali che una società patriarcale e oppressiva cerca di imporre alle donne nel contesto di una realtà coloniale - un'esperienza comune a molte donne palestinesi e arabe. Per questo è importante la rete di sostegno reciproco tra le cantanti arabe: «Penso che, come nella vita, nella musica la voce femminile porti sempre cose nuove», ha detto. «La nostra esperienza nel mondo e nell'industria musicale è molto diversa dall'esperienza maschile, quindi è altrettanto importante che le persone ne parlino e ne sentano parlare». E non vale solo per la musica: «Quando tengo un seminario di architettura, dico sempre che nessun uomo capirà mai cosa prova una donna quando cammina da sola in una certa zona o strada di notte. Viviamo gli spazi, la politica e tutto in modo diverso e sensibile, di cui è importante parlare e ascoltare, e nessun altro può descriverlo tranne noi».

Proprio dal legame tra donne di generazioni diverse nasce una luce di speranza: lo si sente nella canzone "Plumeria", che è accompagnata dal fruscio dei braccialetti che Zaatry ha ereditato dalla nonna. Sono gioielli tradizionali arabi, i mabareem, un tributo commovente ai ricordi d’infanzia di di Zaatry e alla catena matriarcale che ispira la sua vita e la sua musica.

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