È il primo nel mondo nei cargo, il terzo nelle crociere col marchio Msc e controlla una rete di porti estesa in tutto il mondo. Ora l’armatore italiano, con base a Ginevra, vuol trasportare merci e passeggeri anche con gli aerei. E punta sull’Africa grazie all’appoggio dell’amico Macron

I sogni di gloria di Gianluigi Aponte viaggiano in mare, su strada e ora anche nel cielo. In mezzo secolo di carriera, l’ottuagenario imprenditore campano che ha messo radici in Svizzera, è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo cavalcando la globalizzazione degli scambi dell’ultimo trentennio e, più di recente, l’impennata dei prezzi del trasporto merci innescata dalla pandemia. L’azienda di famiglia, la Mediterranean shipping company (Msc), si è così trasformata in una multinazionale da 25 miliardi di euro di giro d’affari che muove container e turisti da un capo all’altro del mondo. Alla flotta di oltre 600 navi, comprese le 19 da crociera, si aggiungono decine di terminal portuali nei cinque continenti e svariate società di logistica che garantiscono le consegne con treni e camion. Per completare la rete mancavano gli aerei, in versione cargo e anche passeggeri, per portare i crocieristi nei luoghi d’imbarco delle vacanze in mare, dal Mediterraneo ai Caraibi fino a Dubai. Ecco perché ora Aponte vuol comprare Ita Airways, cioè quel che resta della vecchia Alitalia salvata con i soldi di Stato con una flotta più che dimezzata e circa 2.200 dipendenti in servizio contro gli 11 mila della compagnia finita in liquidazione.

 

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L’offerta del patron di Msc, che per l’occasione sarà affiancato dai tedeschi di Lufthansa come partner di minoranza, è stata accolta con comprensibile soddisfazione dal governo che, districandosi tra i mille paletti alla trattativa imposti dalle norme dell’Unione Europea, non vede l’ora di abbandonare al suo destino una società che anche in versione extra small continua a viaggiare con i conti in profondo rosso. Dopo quindici anni di tentativi a vuoto, dai capitani coraggiosi di berlusconiana memoria fino al fallimentare intervento degli arabi di Etihad, la discesa in campo del miliardario italiano con residenza a Corsier, elegante sobborgo di Ginevra, ha quindi riacceso le speranze di una rapida conclusione dell’interminabile saga dei salvataggi Alitalia.

 

Sull’onda dell’ottimismo per un happy end che ora sembra davvero a portata di mano, Aponte, soprannominato il Comandante, da giorni viene descritto come il cavaliere bianco capace di ridare lustro all’ex compagnia di bandiera nel nome - ci mancherebbe - dell’italianità. Il più importante armatore del mondo è così diventato l’emigrante che ha fatto fortuna all’estero pronto a dare una mano alla Patria in difficoltà. È un ritratto parziale, che non rende giustizia a un imprenditore con ambizioni globali, forte di una rete di contatti solidissima nell’alta finanza, abituato a trattare da pari a pari con i politici di mezzo mondo da cui spesso si trova dipendere per le concessioni portuali, indispensabili nel business della logistica marittima.

 

Nel 2019, per esempio, l’allora ministro delle Infrastrutture, il Cinque Stelle Danilo Toninelli, salutò con «grande emozione e soddisfazione» la vendita al gruppo Msc della società che gestisce il porto di Gioia Tauro, da tempo in grave difficoltà. Un’operazione ad alto rischio non solo commerciale, visto che lo scalo calabrese era diventato anche uno dei principali punti di approdo in Europa dei carichi di cocaina provenienti dal Sudamerica.

 

L’Italia occupa di sicuro un posto speciale nelle strategie globali di Aponte, ma prima di tutto vengono gli interessi del suo gruppo, che poi coincidono con quelli di famiglia: la moglie svizzera Rafaela Diamant, erede di banchieri di origine ebraica, e poi i figli Diego e Alexa, che insieme a Pierfrancesco Vago, marito di quest’ultima, affiancano il patron Gianluigi nel consiglio di amministrazione della holding svizzera Msc.

 

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La famiglia innanzitutto, quindi, anche a costo di tradire l’italianità delle origini.  E così, cinque anni fa, come ricordano bene nelle stanze del ministero dell’Economia, il patron di Msc non si fece scrupoli a ostacolare lo sbarco in Francia di Fincantieri, che aveva già concluso un accordo per rilevare i cantieri navali di Saint Nazaire. Era un’operazione di enorme importanza strategica per l’azienda pubblica, che è stata di fatto costretta a ritirarsi dopo l’intervento del governo di Parigi. A giugno del 2017, quando ormai l’affare sembrava concluso, Aponte rilasciò un’intervista al quotidiano Le Monde per stroncare l’affare: «Impediremo il saccheggio di Saint Nazaire», dichiarò testualmente al giornale transalpino. Il motivo è semplice: l’unione di Fincantieri e dell’azienda francese avrebbe ridotto pesantemente il potere negoziale del gruppo Msc che è grande cliente di entrambi, con commesse miliardarie per la costruzione di navi di crociera. La sortita dell’armatore trovò subito una sponda all’Eliseo dove si era appena insediato Emmanuel Macron. Al fianco del neoeletto presidente era stato richiamato in servizio anche Alexis Kohler, già stretto collaboratore dell’allora ministro dell’Economia Macron tra il 2014 e il 2016.

 

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Kohler era ben conosciuto a casa Aponte. Questioni di famiglia: la madre del segretario generale dell’Eliseo, braccio destro del presidente, è prima cugina della moglie del fondatore del gruppo Msc, la svizzera Rafaela Diamant. Anche in virtù di questi legami famigliari, nell’agosto 2016 Kohler era stato nominato direttore finanziario della multinazionale di Aponte, incarico abbandonato un anno dopo per seguire Macron al vertice della Repubblica. La vicenda svelata da un’inchiesta del sito Mediapart ha innescato critiche e polemiche negli ambienti politici francesi, dove pure le porte girevoli tra ministeri e grandi aziende non sono affatto una novità.

 

Le entrature di Aponte all’Eliseo sono tornate d’attualità poche settimane fa, quando l’offerta di Msc per rilevare la rete di porti in Africa del gruppo di Vincent Bolloré è stata letta in chiave geopolitica. L’operazione vale 5,7 miliardi di euro e sarebbe in qualche modo favorita dal governo di Parigi per lasciare in mani amiche una serie di infrastrutture situate in un’area strategicamente importante per l’ex potenza coloniale francese. Nel frattempo, nonostante le denunce presentate a più riprese da un’associazione anticorruzione e un paio di indagini penali, Kohler è ancora al suo posto al fianco di Macron. Aponte, intanto, ha raggiunto il suo scopo. Fincantieri si è ritirata dall’acquisizione in Francia, mentre i cantieri di Saint Nazaire sono passati sotto il controllo dello Stato francese. I bilanci di entrambe le aziende, insieme a migliaia di posti di lavoro, adesso dipendono dalle commesse dell’armatore con base a Ginevra.

 

I numeri rielaborati dall’Espresso danno un’idea della situazione. Vale poco meno di 2 miliardi di euro l’ordine di quattro navi da crociera da costruire entro la fine del 2025 nei cantieri della società pubblica italiana. La Msc Seashore, l’ammiraglia della flotta consegnata a luglio dell’anno scorso dopo tre anni di lavori nei cantieri di Monfalcone, è costata circa 900 milioni e altrettanto la Msc Seascape, che dovrebbe essere ultimata entro novembre. In totale fanno quasi 4 miliardi di lavori che sono andati a trainare i ricavi di Fincantieri, coinvolta con un appalto da 350 milioni anche nella costruzione del nuovo hub crocieristico di Msc negli Stati Uniti, a Miami. I cantieri di Saint Nazaire si sono invece aggiudicati commesse per almeno 3,9 miliardi. Paga Aponte, naturalmente, grazie anche al decisivo sostegno delle casse pubbliche italiane e francesi. Gli ordini per le nuove navi sono infatti coperti per l’80 per cento del loro valore dai prestiti di Sace e BpiFrance, le società per il credito all’export controllate dai governi di Roma e di Parigi. Una dose supplementare di aiuti di Stato è arrivata a partire dal 2020, quando, con l’esplosione della crisi economica innescata dal Covid, i contratti di finanziamento sono stati rivisti prorogando i termini di pagamento. Durante la pandemia, infatti, il mercato delle crociere è stato duramente colpito da lockdown e restrizioni varie. Msc Cruises ha visto quindi crollare i ricavi da 3,2 miliardi a 705 milioni con il conto economico che è andato in rosso di 930 milioni. La situazione è migliorata l’anno scorso, senza però tornare alla normalità, quando la società viaggiava a gonfie vele, con oltre 400 milioni di profitti nel 2019.

 

A dire il vero non è facile quantificare con precisione l’effetto del covid sui conti del gruppo. Per farlo servirebbe un bilancio consolidato, che però, con buona pace della trasparenza, è sempre stato considerato una sorta di segreto industriale dalla famiglia Aponte, favorita anche dal fatto che in Svizzera, dove ha sede la holding Mediterranean Shipping Company, non è obbligatoria la pubblicazione dei bilanci, mentre altre società importanti del gruppo sono dislocate in paradisi fiscali come il Lussemburgo e Cipro.

 

Di certo però, negli ultimi due anni, le difficoltà del settore crociere sono state più che compensate dal boom del trasporto merci che vale gran parte del giro d’affari della multinazionale con base a Ginevra. Tra il 2020 e il 2021, il prezzo dei noli per il trasporto dei container è aumentato fino a sei-sette volte moltiplicando i ricavi dei colossi del mare: oltre a Msc, anche la danese Maersk e la cinese Cosco. Viene da qui l’enorme flusso di denaro fresco che serve a finanziare le acquisizioni annunciate in queste settimane: i porti africani di Bolloré e gli aerei di Ita Airways. Se le due offerte avranno successo, Msc consoliderà il suo primato tra le multinazionali della logistica. Tutto in famiglia, come sempre. Con un uomo solo al comando: Gianluigi Aponte, il Comandante.