In fuga dalle bombe, strappati ai genitori, nel mirino dei trafficanti. Ma anche rinchiusi con le madri in carceri e centri di detenzione. Come accade ancora nel nostro Paese. Uno scandalo tutto italiano che il Parlamento deve affrontare

I bambini in fuga dall’Ucraina aumentano a ogni ora e secondo l’Unicef sarebbero più di tre milioni. Hanno bisogno di tutto, sono traumatizzati, portano le cicatrici indelebili di questo conflitto e dell’assedio di molte città. Gran parte di loro sono stati strappati ai genitori per essere messi in salvo.

 

Di contro, con il trascorrere dei giorni si scopre che sono sempre più esposti a rischio di traffico e sfruttamento. Le agenzie internazionali per la tutela dell’infanzia hanno lanciato l’allarme e il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia chiede di rafforzare le misure per proteggere i piccoli in viaggio dall’Ucraina verso i Paesi vicini, fra cui il nostro.

 

Scriveva Ryszard Kapuscinski nel libro “Giungla polacca”: «È notte, ho sonno, ma non mi lasciano dormire: bisogna andare avanti, bisogna scappare. Dove, non so. Capisco però che la fuga è diventata una necessità perentoria, una nuova forma di vita praticata da tutti». I bambini separati dai genitori sono in fuga. Continuano a scappare da questa guerra voluta da Vladimir Putin che in un mese ha scatenato una tempesta di fuoco proiettata sui civili e finanche sugli ospedali. È ancora presto per saldare i conti di un’operazione di invasione russa che, oltre alla Crimea e alle regioni separatiste del Donbass prese nel 2014, ha già conquistato altri 49 mila chilometri quadrati di territorio ucraino, più del Belgio, tanto quanto la Danimarca. Ma, dopo cinque settimane di guerra, rovesci tattici e pause volontarie delle truppe, il campo di battaglia lascia delineare un possibile fallimento dell’esercito russo.

 

A focalizzare il perno della discussione è il presidente del Consiglio Mario Draghi, che nel suo intervento alla Camera usa parole precise e concetti concreti su questo punto: «La carneficina non distingue le divise ma distingue i bambini. È un terreno molto scivoloso. Perché se noi sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento, dovremmo dire di non aiutare i Paesi che vengono attaccati. Dovremmo sostanzialmente accettare di difendere il Paese aggressore non intervenendo. Dovremmo lasciare che gli Ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù. È un terreno scivoloso che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito Paesi inermi, a cominciare da Hitler e Mussolini».

 

I bambini sono al centro di questo tempo cruciale. E, insieme agli orrori della guerra, si affianca nel nostro Paese uno scandalo che si allunga da troppo tempo e che il Parlamento non riesce a cancellare. Se in Ucraina i bambini fuggono per cercare la pace e la libertà, ma soprattutto sicurezza, in Italia ci sono ancora piccoli che vivono con le loro mamme, detenute, dietro le sbarre di una cella. E qui non conta il loro numero, perché pochi o tanti, si tratta sempre di bambini che vivono in istituti di pena. O in strutture detentive alternative. Qui è in gioco la dignità della persona. E la riforma del carcere deve iniziare da questo punto, da questi fattori. Senza tralasciare le condizioni disumane che vivono migliaia di detenuti comuni, che sono la maggioranza della popolazione delle carceri. Senza confondere questa emergenza con le sezioni speciali in cui si trovano mafiosi e terroristi, le cui celle non registrano sovraffollamenti. È auspicabile che anche su questo punto il premier Draghi ponga presto la sua attenzione, liberando quanto prima tutti i bambini. Mettendoli così in salvo.