Non si tirava indietro davanti a nulla, e ha sempre portato le sue immagini nelle piazze, lasciando che diventassero uno strumento di lotta e di denuncia

Una perdita irreale. "Non chiamatemi fotografa di mafia" diceva Letizia Battaglia, scomparsa a Palermo all’età di 87 anni. Amava scrivere, e ha iniziato a fotografare solo per accompagnare i suoi articoli e per potersi mantenere. Poi finalmente a 40 anni ha il coraggio di rompere il silenzio e gli schemi della sua vita, lasciando tutto e portando con se solo la sua bellezza e la sua macchina fotografica.

Quello strumento che utilizzava ( come diceva) senza tecnica ma con uno sguardo pieno di passione per l’arte e la composizione classica ( Raffaello e Cranach i suoi grandi amori) diventa sinonimo di libertà emancipazione e lotta .

La sua scelta anticonformista e il suo lavoro a Milano la portano nel pieno degli anni della guerra di mafia, quasi inaspettatamente, a capo del team fotografico dell’Ora a Palermo. Donna indipendente e militante...è la prima volta in Italia che danno un ruolo di rilievo ad una donna in uno staff totalmente maschile.

Courtesy of SANTI CALECA

Cosa aveva di diverso Letizia Battaglia che la distingueva dagli altri fotografi? Non si limitava a pubblicare le sue foto sul giornale ma portava le sue immagini stampate nelle piazze, lasciando che diventassero uno strumento di lotta e di denuncia sul territorio, un lungo impegno per la giustizia. Non si tirava indietro davanti a nulla, faceva parte del suo io e tutto veniva portato avanti con rigore e fatica. 22 anni di mafia al fianco di Franco Zecchin. Uno sguardo attento diverso dagli altri. Lei donna forte e battagliera. Viveva in empatia con la scene che si trovava davanti. Si caricava ogni volta del dolore che carpiva nei suoi scatti. Un’emozionalità e un rispetto del soggetto anche privo di vita. Basta soffermarsi a guardare “il triplice omicidio di Nerina” un quadro dove il dolore viene sublimato oltre l’attimo.

La lettera
Mia cara Letizia, «invincibile amore»
14/4/2022

Avrebbe voluto fotografare le donne e i bambini che erano la sua passione. Carpiva l’anima e i la storia che ognuno di loro si portava dietro e nascondeva dietro il proprio sguardo. Merita di essere ricordata anche per Il suo impegno sul territorio, non si fermava al singolo sguardo o scatto portato a casa ma il suo attivismo era anche cultura. Autrice di spettacoli teatrali nell’ospedale psichiatrico di Palermo e fondatrice di varie case editrici portava poesia e letteratura e cinema tra la gente.

Dopo la sua lunga esperienza all’Ora come fotografa, viene paradossalmente dimenticata da qualsiasi redazione, e nessuno le da mai più un assegnato, mentre parallelamente il suo lavoro viene riconosciuto, riscoperto e osannato all’estero. creando successivamente l’incoronazione a regina della fotografia

Amava la vita, i giovani e il contatto con gli altri. Ed era buffo vederla stupirsi del suo successo e dell’affetto del quale era circondata. «Sono una persona normale, facevo il mio lavoro» continuava a ripetere, come se fosse grata a questo successo come a un miracolo.

Oggi ci lascia il suo sguardo straordinario che ho potuto descrivere anche grazie alle parole di affetto di Maria Chiara Di Trapani amica e curatrice del suo archivio per oltre 15 anni. «La immagino volteggiare con Pina Bausch, uno dei suoi più grandi amori». Grazie Letizia.