L'allegra passeggiata nel boschetto dei funghi allucinogeni altrimenti detta Eurovision ha regalato in ordine sparso il drone Leo, gli oleogrammi sui muri d'Italia, laser, molti laser, ballerine, David giganti, lucine, pelle e fumo, rumeni spagnoli, cambi d'abito, strappi, spray glitterati e palloncini gialli finlandesi. E poi cantanti calciatori, camere da letto, lavandini svedesi in corpore sano, maschere e occhiali, country islandesi, cori bretoni e violini moldavi. Praticamente una caciara furibonda e divertente, quasi quanto gli abiti di Laura Pausini che insieme ai suoi due compari ha portato a casa una conduzione di prima grandezza.
In questo can can in simil kitsch a cui ci siamo appassionati all'improvviso, senza un vero perché, l'eleganza da brividi di Mhamood e Blanco è sembrata ai limiti del fuori luogo. E dopo esser passati dai Maneskin alla Cinquetti senza colpo ferire, si è consumato il programma vero e proprio, ovvero la guerra a colpi di voto, in cui tutti paesi che non davano 12 punti all'Italia erano nemici giurati, da invadere alla bisogna, a partire da San Marino.
Alla fine la fiera multicolor ha rispettato le previsioni di buon senso e ha incoronato lo zufolo ucraino della Kalush Orchestra, che di guerra vera invece ne sa qualcosa, altro che gara. Ed è giusto così.
“Stefania mamma mamma Stefania Il campo fiorisce, ma lei sta diventando grigia Cantami una ninna nanna mamma Voglio sentire la tua parola”.