Esserci o non esserci? In musica questo non è più un dilemma. Bisogna esserci e basta, dovunque, comunque a ogni costo, senza badare alla qualità e al pregio dell’occasione, bisogna farsi vedere, cantare, concedere selfie, saltare su ogni carro possibile, tributi, serate di beneficenza, riappacificazioni in pubblico, duetti e featuring di massa.
Cosa è successo alla riservatezza di un tempo, quando gli artisti di un certo rango prima di farsi vedere ci pensavano non una ma cento volte? Sparita, dissolta, sbriciolata nel vento del suprematismo dell’immagine da cui siano tutti travolti, grandi, piccini, conosciuti e sconosciuti.
È una morbosa necessità che rasenta l’ossessione e sta creando danni vistosi. A cominciare dalla spremitura creativa degli artisti. Se si fa troppo, se non ci si prende il tempo dovuto, come l’agricoltura intensiva e la pesca a strascico, alla fine le risorse si impoveriscono. Prendete l’estate, diventata appuntamento imprescindibile per il mondo della musica, sembra una nave stracarica di migranti, ci si aggrappano tutti, anche se è già strapiena, escono pezzi in continuazione, e continuano a uscire in pieno luglio, nessuno riesce a starsene fuori, come se saltare un anno equivalesse a morire, o meglio scomparire, che in arte è la stessa cosa. Fedez docet, il suo impero familiare è stato costruito con una presenza costante e accurata all’insegna di quella che è l’essenza perversa ma sostanziale del mondo social: per vincere bisogna esserci sempre, non ci ci può assentare, neanche la notte, neanche la domenica, non ci sono ferie e pause pranzo.
Ma se seguite i profili di Tananai, di Rhove, di Blanco o di Mahmood la sensazione è la stessa. La fame social è sempre attiva, non dorme mai. Questo gli artisti lo sanno, molti di loro, i più giovani, ci sono cresciuti dentro e questo spiega anche perché i divi di oggi sono diversi dai divi di qualche tempo fa.
Quelli di oggi, grazie ai social, sono sempre in scena, sono sempre davanti al pubblico, 24 ore su 24, non escono mai dal personaggio, non possono mai abbassare la maschera, Tik Tok, Instagram, Twitter ti inseguono, ti incalzano, generano una sorta di “second life”, un mondo parallelo al tuo in cui vive una parte di te che non può fare a meno di esistere. È anche impegnativo, richiede tempo ed energia. E quindi bisogna produrre contenuti, canzoni, concerti, per alimentare l’insaziabile fame di un mondo che non ammette tempi di recupero e insinua l’atroce sospetto che assentarsi voglia dire essere cancellati. E dunque la domanda va riconsiderata. Essere o apparire? E la risposta è automatica, da algoritmo: apparire, apparire, anche a costo di non essere.