La legge per contrastare la povertà mestruale a Edimburgo è entrata in vigore lo scorso 15 agosto. Nel nostro Paese di recente è stato ottenuto un abbassamento dell’Iva: «Ma non è ancora abbastanza»

Dare la possibilità a chi ha le mestruazioni di gestire in modo sano ed efficace il ciclo significa proteggere un diritto umano fondamentale e rimuovere lo stigma sociale. Garantire la salute di ciascun individuo, anche secondo l’articolo 32 della nostra Costituzione, è nell’interesse collettivo del Paese.

 

Così, mentre in Scozia lo scorso 15 agosto è entrato in vigore il Period Product Act - dopo che nel 2020 il Parlamento aveva approvato all’unanimità la legge che obbliga le amministrazioni e le istituzioni locali a fornire gratuitamente prodotti legati al ciclo mestruale, a chi ne ha bisogno -, in Italia il dibattito per abbassare l'Iva su assorbenti e tamponi prosegue. Ma a piccoli passi.

 

Nel 2020 l’aliquota è stata ridotta al 5 per cento per i prodotti per la protezione dell'igiene femminile compostabili o lavabili. Con la legge di bilancio 2022 l’Imposta sul valore aggiunto è scesa dal 22 al 10 per cento per gli assorbenti e i tamponi destinati alla protezione dell’igiene femminile. Grazie a una battaglia che attivisti e alcuni esponenti politici portano avanti da anni. E alle iniziative dei singoli enti e delle amministrazioni locali che seguendo l’esempio di Firenze, primo capoluogo di regione in Italia ad aver abolito la “tampon tax” nelle farmacie comunali, riducono i costi a carico del cittadino, per assorbenti, tamponi e coppette mestruali.

Come spiega Lucrezia Iurlaro, presidente dell’associazione Tocca a Noi che ha mappato e messo in rete le realtà sul territorio che lottano per l’abbassamento dell’Iva sui prodotti igienico-sanitari: «Fermare la tampon tax significa portare avanti una battaglia per la civiltà, per la giustizia sociale. Promuovere la parità tra i generi, un welfare equo e progressista. L’abbassamento dell’Iva al 10 per cento è una vittoria ma non è ancora abbastanza».

 

I prezzi restano alti per prodotti che non sono di lusso, bensì essenziali. L'imposta in Italia, infatti, è maggiore rispetto a altri Paesi europei come la Germania dove è al 7 per cento e la Francia, dove è al 5,5 per cento. Nel Regno Unito l’Iva è stata del tutto eliminata dall’inizio 2021. «Il problema è anche culturale. Ridurre i prezzi degli assorbenti non è una questione che interessa solo le donne. Significa garantire il diritto alla salute e dovrebbe diventare il simbolo di un pensiero più ampio» dice Iurlaro.

 

Nel mondo, infatti, circa 500 milioni di persone che hanno le mestruazioni vivono in condizioni di povertà mestruale. L'impossibilità di accedere ai prodotti necessari per protegge l’igiene femminile, a causa di vincoli finanziari, ha conseguenze gravi sulla salute visto che costringe le persone a utilizzare altri oggetti di fortuna, inadeguati come carta o stracci, per gestire il ciclo. Non succede solo nei paesi poveri, anche in Italia. Ma non ci sono numeri certi a testimoniarlo perché la povertà mestruale è ancora una questione poco considerata.

 

Eppure, non avere un assorbente quando serve rende impossibile compiere quasi tutte le azioni della vita quotidiana. «In più, la lotta alla tampon tax è il primo passo di una campagna per rendere accessibili anche altri prodotti necessari alla cura della persona, come i pannolini per i bambini, per gli anziani, per i disabili, ad esempio. Beni essenziali». Per questo, per l’associazione Tocca a noi, non basta fare pressione politica affinché l’Iva sia ulteriormente ridotta, fino al 4 per cento, ma «servono anche le tampon box. Distributori di prodotti singoli che permettono alle persone di avere a disposizione un assorbente o un pannolino quando ne hanno bisogno. Senza dover comprare l’intera confezione se non serve e quindi affrontarne il costo. Il ciclo non ti avvisa su WhatsApp quando sta per arrivare», conclude Iurlaro.

 

Un’ulteriore riduzione dell’Iva sui prodotti per la protezione dell’igiene intima femminile non è ancora tra i temi che animano la campagna elettorale. Ma vista una recente elaborazione di Gimme5, secondo cui ogni donna nella vita spende circa 3.700 euro per gli assorbenti (a cui dovrebbero essere aggiunti anche i costi dei farmaci e rimedi per contrastare il dolore), si tratta di un principio di giustizia sociale che dovrebbe essere indispensabile garantire.