La maggioranza che guiderà l’esecutivo è decisa ma il futuro premier dovrà attendere alcuni passaggi istituzionali prima di entrare in carica. Ecco quali

Non si conclude con le votazioni il percorso che porta all’inizio di una legislatura. Dalle urne, il 25 settembre, è emerso un indirizzo preciso: la maggioranza di chi si è recato alle urne domenica scorsa ha accordato la propria larga preferenza alla coalizione di centrodestra e, in particolare, a Fratelli d’Italia, il partito guidato da Giorgia Meloni. L’Italia è, però, una repubblica parlamentare. I passi che porteranno alla formazione del nuovo esecutivo sono diversi e verranno scanditi da ritualità istituzionali. Prima del nuovo governo, per cominciare, deve venire il nuovo Parlamento.

 

La convocazione delle nuove Camere, fortemente ridimensionate nei numeri, è fissata per giovedì 13 ottobre. Prima di allora, il 10 ottobre, i nuovi parlamentari, 400 deputati e 200 senatori, svolgeranno le operazioni di registrazione, lasceranno una propria foto e dichiareranno il gruppo di appartenenza agli uffici delle camere.

 

Durante la prima seduta Camera e Senato eleggeranno i nuovi presidenti che succederanno ai due uscenti, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati. Il regolamento di Montecitorio prevede che la votazione possa risolversi al primo e secondo scrutinio solo con l’assenso di due terzi dei componenti. Al terzo scrutinio si passa a due terzi dei votanti, mentre se si andasse al quarto scrutinio basterebbe la metà dei votanti per eleggere la persona che ricoprirà la terza carica dello Stato.

 

Al Senato, invece, per avere un’elezione al primo o al secondo voto servirebbe il consenso della maggioranza dei componenti, al terzo voto basterebbe quella dei votanti. Se si andasse alla quarta votazione si procederebbe a fare un ballottaggio tra i due contendenti più votati al terzo scrutinio.

 

Una volta elette la seconda e la terza carica dello Stato, iniziano le operazioni per la nomina del presidente del consiglio da parte del capo dello Stato. Sergio Mattarella potrebbe aprire le consultazioni, ricevendo i neoeletti presidenti delle camere, tra il 17 e il 20 ottobre. Al palazzo del Quirinale saranno attesi i rappresentanti delle formazioni politiche appena insediatisi in Parlamento.

 

A differenza delle elezioni del 2018, quando il M5S era la forza che aveva ottenuto più voti e l’esito delle consultazioni era imprevedibile, a questo turno non ci dovrebbero essere particolari sorprese. I partiti del centrodestra, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che si erano presentati in coalizione alla prova del voto dovrebbero indicare in Giorgia Meloni il nome che sono disposti ad appoggiare come capo dell’esecutivo. L’accordo, del resto, era questo. Chi prende più voti esprime il leader di governo.

 

Si può quindi pensare che sarà a lei che Mattarella offrirà il ruolo, In tal caso Meloni, sempre secondo il cerimoniale istituzionale, accetterà con riserva. A questo punto toccherebbe a Meloni un turno di consultazioni. La leader di Fratelli d’Italia dovrà discutere con i due partiti che le hanno espresso appoggio a colloquio con il Presidente della Repubblica. Tra gli argomenti sul tavolo una questione di cui, ufficiosamente, si sta già discutendo: la lista dei ministri.

 

Al termine dei colloqui il presidente incaricato dovrà tornare al Quirinale e, di nuovo di fronte al Presidente della Repubblica, sciogliere la riserva, accettando o meno l’incarico da capo del governo. In questa sede, con Mattarella verranno discussi anche i nomi presenti sulla lista dei ministri che verranno annunciati a colloquio concluso. I ministri in Italia ricevono la nomina dal Presidente della Repubblica su indicazione del Presidente del consiglio incaricato.

 

Siamo così agli ultimi atti del percorso che inaugura la legislatura in Italia. I nuovi ministri e quella che potrebbe essere la prima presidente del Consiglio donna giureranno sulla Costituzione di fronte a Sergio Mattarella e, subito dopo, Mario Draghi consegnerà all’incaricato la campanella, il cui trillo dà inizio alla riunione del Consiglio dei ministri.

 

Anche se formalmente in carica, al nuovo esecutivo servirà il voto di fiducia delle due Camere per dirsi effettivamente operativo. Il primo ministro dovrà recarsi alla Camera e al Senato e pronunciare un discorso programmatico per chiederne l’appoggio. 201 uno sì alla Camera e 104 al Senato sanciranno l’inizio di un nuovo governo.