Anniversari
David Sassoli, un anno dopo
L’11 gennaio 2022 moriva l’ex presidente dell’Europarlamento. Di cui ora esce la raccolta dei discorsi. Riportiamo, come anticipazione del libro, il suo messaggio di speranza per l’Europa pronunciato a fine mandato
Arriva in libreria “La saggezza e l'audacia. Discorsi per l'Italia e l'Europa”, a cura di Claudio Sardo, (Feltrinelli, pagine 336, euro 19,00), un libro di David Sassoli, scomparso lo scorso anno, che si compone dei suoi interventi pubblici, quasi a voler riannodare i fili di un ragionamento interrotto e accantonato troppo presto.
Nel corso di questo anno solare l’Europa ha affrontato tutte quelle sfide che Sassoli aveva anticipato: dalla gestione del Pnrr alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina passando per il grande scandalo corruttivo che sta investendo da dicembre il Parlamento Europeo, quasi una chiamata ad una prova di maturità estrema per convalidare la propria esistenza in vita. Interventi e discorsi che rappresentano un punto fermo di comprensione dello stato dell’Unione e di come nel tempo dell’antipolitica le idee possano sopravvivere e diventare balsamo in questi giorni poco edificanti.
Riportiamo, come anticipazione del volume, l’intervento del Presidente Sassoli al Consiglio europeo del 16 dicembre 2021.
Un’Europa che innova, che protegge, che sia faro
Bruxelles, 16 dicembre 2021
È l’ultimo Consiglio europeo a cui Sassoli partecipa. Il semestre di presidenza della Repubblica ceca volge al termine e sta per iniziare quello francese. Ancora il Covid e i Piani di ripresa sono al centro della discussione. A conclusione del mandato, Sassoli decide però di parlare del futuro dell’Europa, sollecitando tutti a proseguire nella strada nuova che è stata aperta dopo la pandemia. Il suo è un messaggio di speranza e fiducia nel futuro dell’Unione, un augurio all’Europa che sa innovare, che sa proteggere i suoi cittadini, che si rafforza come democrazia.
«Vorrei approfittare di questo discorso per condividere le mie impressioni e quelle del Parlamento riguardo alle sfide che ci attendono a fine mandato, ora che ci troviamo a metà del cammino ma con tanta strada ancora davanti a noi. La pandemia non arre- tra, l’uscita dal tunnel continua ad allontanarsi e stiamo tardando a vedere i progressi di cui l’Unione ha bisogno, il progetto europeo di speranza che tutti i nostri concittadini europei stanno aspettando.
Naturalmente abbiamo progetti ambiziosi per la nostra Europa, sono sul tappeto fin dall’inizio della legislatura, e li stiamo perseguendo caparbiamente, cambiando le cose, trovando un consenso tra di noi, insomma avanzando e superando le nostre differenze. Certo, il Green Deal, la transizione digitale, un’Europa più forte e democratica, una maggiore giustizia sociale sono progetti indispensabili e di grande portata che l’Europa sta portando avanti, e dobbiamo riuscirci per lealtà verso i nostri concittadini. Ma l’Europa ha anche e soprattutto bisogno di un nuovo progetto di speranza, un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà, un progetto che sia ovvio per tutti gli europei e che ci permetta di unirci.
Penso che questo progetto possa essere costruito intorno a tre assi forti, a un triplice desiderio di Europa che sia unanimemente condiviso da tutti gli europei: quello di un’Europa che innova, di un’Europa che protegge e di un’Europa che sia faro.
Riformare il Patto di stabilità e crescita
Un’Europa che innanzitutto innova. L’innovazione di cui stiamo parlando non è solo l’innovazione tecnologica, che pure è tanto necessaria per la nostra economia. Quello di cui abbiamo bisogno è un’innovazione in tutti i settori, un rinnovato senso di creatività, per le nostre istituzioni, per le nostre politiche, per i nostri modi di agire e anche per i nostri stili di vita, poiché è ciò che la transizione ecologica richiede.
La Conferenza sul futuro dell’Europa deve aiutarci a trovare percorsi di innovazione possibili per ricreare il senso di un progetto in cui tutti gli europei possano riconoscersi. Come sapete, la Conferenza è attualmente in pieno svolgimento. Verrà presto il momento di trarre le prime conclusioni. Lo dico con forza: non potremo sottrarci alle nostre responsabilità quando arriverà il momento di passare dalle parole ai fatti, dai desiderata ai progetti, dalle idee alla loro traduzione concreta.
Dovremo innovare in tutti i settori! In campo istituzionale, ovviamente. La nostra Unione è imperfetta, è sempre in divenire. Il Parlamento ha da tempo presentato una proposta concreta per rendere le nostre istituzioni più democratiche, più forti e più innovative, tramite il diritto di iniziativa legislativa.
Dovremo innovare a livello della nostra legislazione. La nostra Unione deve essere la prima a stabilire norme in ambiti cui oggi tutto il mondo guarda, in particolare la regolamentazione dei nuovi settori dell’economia che attualmente sono giungle legislative. Lo abbiamo fatto per la protezione dei dati personali, e ora il mondo sta seguendo il nostro esempio. Lo faremo, ed è giunto il momento, per i mercati digitali, per evitare che siano i giganti del web a legiferare al posto dei cittadini.
Dovremo innovare anche a livello dei nostri finanziamenti. Anche là dove si tratta di finanziare le nostre politiche e le nostre azioni non dobbiamo avere paura del cambiamento, non dobbiamo tremare davanti alle innovazioni. Vorrei ribadire ancora una volta che il Parlamento e i cittadini europei attendono con impazienza la pubblicazione del pacchetto sulle risorse proprie, che dovrebbe permettere all’Unione di completare la sua dotazione finanziaria in modo sostenibile e di rimborsare il debito contratto in comune. È una questione di credibilità e di rispetto della parola data.
Queste innovazioni non ci esimono neppure dall’adeguare il nostro Quadro finanziario alle sfide del nostro secolo, riformando in maniera realista il Patto di stabilità e crescita. Non possiamo più ingabbiare il nostro futuro e quello dei nostri figli nella regola del 3%. Un’idea più ampia di sicurezza dei cittadini. In secondo luogo, un’Europa che protegge.
Dobbiamo ripristinare l’idea che l’Europa ci protegge, l’Europa protegge i suoi confini, i suoi cittadini, agisce per la loro sicurezza, per il bene comune e per la sovranità di ciascuno dei suoi Stati membri. Lo abbiamo fatto con la nostra politica comune in materia di vaccini: siamo stati in grado di dimostrare con risolutezza che l’Europa è capace di affrontare le crisi più gravi per proteggere i cittadini europei.
Dobbiamo allora proseguire il nostro impegno per l’Europa della salute e potenziare la nostra architettura sanitaria a livello mondiale per offrire una maggiore prevenzione, una maggiore protezione e una maggiore preparazione alle crisi. Plaudo alla decisione dell’Assemblea mondiale della sanità di avviare i negoziati su uno strumento vincolante di lotta alle pandemie.
Proteggere i cittadini europei significa disporre di una migliore preparazione per reagire alle crisi future, siano esse sanitarie, naturali, commerciali, diplomatiche o militari. Significa in primo luogo rafforzare la nostra politica di difesa e di sicurezza comune in modo da poter intervenire insieme più rapidamente e con maggiore incisività quando sono minacciati i nostri interessi. So che questo tema sarà uno degli aspetti fondamentali della prossima presidenza francese, e ciò è positivo. Proteggere gli europei significa anche saper rafforzare con determinazione l’integrazione delle nostre politiche di gestione della migrazione e delle frontiere esterne.
Nei miei interventi ho spesso sollevato la questione della migrazione e dell’asilo: non è un segreto che la migrazione sia diventata un tema chiave nelle relazioni esterne dell’Ue e nella nostra agenda di politica estera. Il Parlamento sta già lavorando al miglioramento delle proposte della Commissione inerenti al Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, sulla base di un nuovo patto di solidarietà e responsabilità. Il Consiglio farà la sua parte e si tratta ora di trovare urgentemente un accordo, altrimenti saranno il populismo e le soluzioni a breve termine a prevalere in tale dossier. I recenti avvenimenti alla frontiera bielorussa hanno chiaramente dimostrato la necessità di un’azione risoluta e solidale in tale settore cruciale. Proteggere i cittadini europei significa adoperarsi affinché ciascuno di essi possa vivere dignitosamente del proprio lavoro, con un salario minimo decente e giusto. E, una volta in più, invitiamo a trovare un compromesso ambizioso in materia.
Plaudo altresì alla proposta della Commissione relativa ai lavoratori delle piattaforme digitali, che dovrebbe condurci a ripristinare la protezione sociale per milioni di lavoratori europei. Proteggere i cittadini europei significa anche ristabilire l’equilibrio nelle relazioni commerciali squilibrate, allorché dei Paesi ci minacciano con investimenti o misure coercitive. Proteggere i cittadini europei significa, infine, essere in grado di trovare risposte tecniche ed economiche efficaci in caso di crisi energetica. Nessun cittadino europeo dovrebbe essere abbandonato alla povertà energetica, anche quando una crisi internazionale perturba i mercati mondiali: è anche in simili momenti critici che l’Unione deve trovare soluzioni audaci per garantire la sicurezza di tutti gli europei.
L’orgoglio del nostro modello democratico
Il terzo punto è un’Europa che sia un faro grazie al suo modello democratico. Da diversi anni ormai sentiamo parlare di resilienza: l’Europa deve diventare resiliente agli shock economici, ai conflitti alle sue frontiere, alla crisi ecologica, alle crisi sociali ecc. È ovvio che dobbiamo superare queste crisi e affrontare tali sfide: ma la resilienza è davvero l’unica finalità della nostra azione? Puntare sulla resilienza significa già in un certo qual modo dichiararsi sconfitti, definirsi vittime e vulnerabili.
Più che la resilienza, l’Europa deve quindi ritrovare l’orgoglio del suo modello democratico. Dobbiamo fermamente desiderare che questo modello di democrazia, di libertà e di prosperità si diffonda, che attiri, che faccia sognare, e non solo i nostri stessi concittadini europei, ma anche al di là delle nostre frontiere. Far risplendere il nostro modello democratico significa dimostrarne il successo, dimostrarne l’efficacia nelle sue politiche pubbliche e la capacità di ottenere risultati tangibili grazie a una ferrea determinazione. Mi auguro che il prossimo 9 maggio, data in cui si celebra la Giornata dell’Europa, sia l’occasione di una manifestazione, forte e unitaria, che testimoni il nostro impegno comune per il progetto europeo e per i valori e la civiltà che trasmette.
Signore e signori, come avrete compreso, il mio intervento odierno non si limita ai temi di attualità del momento. Ho ritenuto importante approfittare di questo discorso per richiamare l’attenzione di tutti sulle lacune del progetto. “Innovare, proteggere, diffondere”: ecco le tre proposte che vi affido per guidare il rinnovamento del nostro progetto europeo. Caro Emmanuel, durante la mia visita a Parigi giovedì scorso, ho preso ben nota del motto scelto dalla Francia per la sua presidenza del Consiglio dell’Unione: “Rilancio, potenza, appartenenza”. Constato che si tratta di una scelta del tutto coerente con quella di cui parlavo: perché non possiamo rilanciare senza innovare; perché la potenza che vogliamo per la nostra Unione deve servire ad affermare la nostra visione del mondo e a proteggere quindi i cittadini europei; perché i cittadini europei sentiranno di appartenere all’Europa soltanto se il suo modello politico funge da esempio e attrae.
Mi compiaccio pertanto che queste diverse visioni del futuro si incontrino. Spetta ora a noi tradurre tali visioni in azioni concrete, in modo che l’Europa mantenga il suo rango e le sue promesse al servizio di tutti i cittadini europei».