Grande protagonista del cinema italiano, era nata a Subiaco il 4 luglio del 1927. È stata una bravissima attrice ma soprattutto non rinunciò mai alla propria personalità

Aveva cominciato con i fotoromanzi, anzi con uno dei primissimi fotoromanzi mai pubblicati in Italia, perché le cose ha sempre voluto farle bene. Ma ancora prima, studentessa di Belle Arti, disegnava e vendeva caricature al carboncino, proprio come in quegli anni faceva un certo Fellini, molto prima di scoprirsi regista.

È stata una delle attrici più famose e ammirate del mondo, molto più della Loren, che sulla distanza sembra batterla ma non ispirò mai il delirio internazionale della Lollo (celebre la battuta che le rivolse Marilyn Monroe vedendola a Hollywood: «Lo sai che mi chiamano la Lollobrigida d’America?»; mentre in Francia le tette delle signore più appetite ancor oggi sono dette affettuosamente “lolos”, da Lollo).


Quando non era ancora una diva disse no a Antonioni (per La signora senza camelie, che poi avrebbe fatto Lucia Bosè, sua ex-rivale come Miss Italia).

Anni dopo smarrì per colpa del marito una proposta di Fellini (doveva fare la fidanzata di Mastroianni nella Dolce vita, un piccolo ruolo, e chissà se avrebbe davvero detto di sì), ma nel frattempo aveva sbattuto la porta in faccia a Howard Hughes, il produttore, regista e multimiliardario (vedi The Aviator) che dopo il décolleté di Jane Russell (detta appunto “il seno”), voleva assicurarsi in esclusiva quello della Lollo, almeno sullo schermo. Cosa che fece infuriare l’attrice italiana, non ancora passata alla storia come la Bersagliera di Pane, amore e fantasia, spingendola a un precipitoso dietrofront verso l’Italia, anche se il contratto firmato le avrebbe impedito di girare film negli Usa fino al 1959 (nel frattempo era esplosa la Hollywood sul Tevere, e di film americani girati in Italia o in Europa ne avrebbe fatti anche troppi).


STRAVAGANZE
Basterebbero i primati e le stravaganze di Luigia Lollobrigida, in arte Gina, a dire la grandezza di una diva che fu anche una bravissima attrice - le due cose non sempre andavano di pari passo - ma soprattutto non rinunciò mai alla propria personalità e non perse occasione di dimostrarlo. Anche sbagliando, che importa, perché è questa la libertà, e in un cinema di dive sposate ai loro produttori e qualche volta ai loro registi, lei fece sempre le sue scelte in autonomia.

Dando il meglio probabilmente nei primi anni, in film come Vita da cani e poi Le infedeli, entrambi di Monicelli e Steno, o nel magnifico La provinciale di Mario Soldati, da Moravia, uno dei suoi migliori ruoli drammatici in assoluto. Senza dimenticare Fanfan la Tulipe di Christian-Jaque, trascinante film d’avventure con l’allora arcistar Gérard Philipe; e naturalmente Il processo di Frine, l’episodio di Altri tempi diretto da Alessandro Blasetti, che grazie alla bellezza di Gina e all’istrionismo di Vittorio De Sica avrebbe lanciato definitivamente le sue forme perfette e all’espressione “maggiorata fisica”, una di quelle formule destinate a ispirare più che a catturare un’epoca.


MALIZIA
Il resto, dopo l’apogeo del proverbiale Pane, amore e fantasia di Comencini, uno dei più colossali successi di pubblico (e dei più clamorosi abbagli critici) degli anni 50, seguito da altri tre episodi, anche se la Lollo già al terzo passò il testimone alla futura rivale Sofia Loren, non sempre fu alla stessa altezza. Assurta ormai allo status di diva internazionale, forte di una bellezza classica e insieme maliziosa che non aveva frontiere, Gina cominciò a scegliere i contratti più che i copioni, i partner più che i personaggi, e si imbarcò in filmoni oggi un po’ dimenticati o relegati nelle antologie del kitsch.
Con exploit isolati come La romana (ancora da Moravia) di Luigi Zampa, che tanto aveva fatto per lei fin dai tempi di Campane e martello e Cuori senza frontiere, o il più tardo La morte ha fatto l’uovo, 1968 uno dei cult diretti dal geniale Giulio Questi, che però non bastò a rilanciarla. Per chiudere in bellezza come Fata turchina nel bellissimo Pinocchio tv di Comencini, una fata decisamente edipica (gli anni ormai erano 45), prima delle spiritose e un po’ malinconiche serie tv anni 80 come Falcon Crest e Love Boat. E chissà che ora non riappaia finalmente il rarissimo e irriverente special tv che le dedicò Orson Welles, nientemeno, a fine anni 50, perduto, ritrovato, proiettato alla Mostra di Venezia nel 1986, infine bandito per volere della stessa Gina. Che aveva personalità da vendere, ma non sempre le azzeccava.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il pugno di Francesco - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso