Talmente fedeli alla linea che anche la reunion la fanno a modo loro, senza riunirsi davvero, o meglio senza essere costretti a esibirsi in un ridicolo verso fatto ai se stessi di allora. Un pudore raro, al giorno d’oggi, vista l’attuale ossessione del revival, con eterni ritorni di tutto ciò che può ritornare dal passato. Del resto il primigenio furore dei CCCP suonerebbe davvero strano in una riproposizione contemporanea.
Eppure quel sovversivo vento torna a spirare, almeno nel ricordo, grazie all’accettazione da parte del più restio degli originali quattro, Giovanni Lindo Ferretti, di fronte all’iniziativa celebrativa di Annarella, la “giovane soubrette”, e di Massimo Zamboni, chitarrista e cofondatore della band. Dal 12 ottobre i Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia ospitano la mostra “Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2024”, che ricostruisce per immagini l’unicità della band impropriamente definita punk, capace di mettere insieme un’idea provocatoria di teatro, musiche disperate ed estreme, nel segno di una forte immedesimazione storica e politica, talmente forte da dover cambiar nome da CCCP a CSI quando gli eventi lo resero poeticamente obbligatorio.
In questi stessi giorni vengono ristampate tutte le loro musiche, in un box antologico deluxe, con libretti, gadget e altre amenità, e con i singoli dischi rieditati in versione cd e vinile. Parrebbe quasi che ci sia voglia di ricordare i sapori forti, l’originalità, la forza dirompente che la musica può avere. E si parla di loro anche a proposito di una incredibile storia del rock italiano, raccontata da “Kissing Gorbaciov”, un documentario di Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife che a novembre sarà presentato in anteprima a Firenze al festival dei Popoli, su Idi di Marzo, la rassegna di rock sovietico organizzata a Melpignano nel 1988, anni prima della Notte della Taranta, un anno prima della caduta del muro di Berlino. Un festival a cui i CCCP non potevano mancare.