In abbandono da anni, lo storico impianto romano di Nervi rimane nel limbo, nella speranza di un investitore privato che lo riqualifichi mantenendo le strutture tutelate. Intanto Cassa depositi e prestiti è pronta

Sei Nazioni di rugby. 12 marzo 2011, stadio Flaminio di Roma. Italia-Francia si avvia verso la conclusione con i transalpini avanti di due punti. A cinque minuti dalla fine arriva il calcio di punizione per gli azzurri: Mirco Bergamasco fa esplodere lo stadio in un boato. Tre punti e una vittoria storica anche perché quello fu l’ultimo evento sportivo nello stadio capitolino. Oggi la struttura, che un tempo ospitava le partite casalinghe di Roma e Lazio, oltre che della terza squadra della capitale (Lodigiani prima, Cisco e Atletico Roma poi), la nazionale di rugby e le esibizioni di Michael Jackson o dei Rolling Stones è abbandonata all'incuria e al degrado.

 

Da 12 anni si è in attesa di un imprenditore coraggioso o di una mossa del Campidoglio mentre Cassa Depositi e Prestiti è pronta a investire 80 milioni di euro.

 

Nel 2017 la Getty Foundation assegnò un finanziamento di 180 mila dollari per un piano di conservazione dello stadio posto sotto tutela dal 2018. Il dipartimento di Ingegneria strutturale e geotecnica della Sapienza, la Pier Luigi Nervi Project Foundation – l’ente senza scopo di lucro che contribuisce alla tutela delle opere di Pier Luigi Nervi e del figlio Antonio, artefici del Flaminio – e l’associazione Do.Co.Mo.Mo Italia ebbero così il via libera al progetto. «Un piano di conservazione rispettoso dei caratteri originari», precisa il responsabile scientifico Francesco Romeo. Un restyling in linea con le esigenze di un qualunque stadio moderno, mantenendo le geometrie volute da Nervi. «L’identità della struttura – spiega Romeo – non può prescindere dal particolare contesto urbano nel quale lo stadio è collocato: l’Auditorium, il Maxxi e le altre opere olimpiche di Nervi, ovvero il Palazzetto e il viadotto di Corso Francia per la creazione di un parco urbano degno di una capitale europea».

 

uno degli scorci interni della struttura

 

«L’ideale sarebbe un progetto di ampio respiro, sull’esempio dell’Olympiastadion di Monaco, un tempo casa della squadra di calcio del Bayern, e oggi gestito da una società che ha trasformato lo stadio in una struttura polivalente rispettando il vincolo di tutela», dicono Marco Nervi ed Elisabetta Margiotta Nervi, rispettivamente presidente e segretaria generale della Pier Luigi Nervi Project Fondation. Per la famiglia Nervi, tuttavia, l’incapacità del Comune di attrarre investitori privati, sarebbe la causa principale della situazione di stallo.

 

Il Campidoglio, che versa periodicamente un importo per la messa in sicurezza della struttura, invoca a gran voce un intervento del governo per non rischiare un esborso di almeno 60 milioni di euro per la riqualificazione.

 

A giugno, durante un sopralluogo, l’assessore allo Sport Alessandro Onorato ha ribadito l’intenzione di aprire un dialogo con la presidente Giorgia Meloni. Tra le ipotesi la trasformazione in un impianto polisportivo per gli allenamenti in vista dell’eventuale Euro 2032 a Roma. Il ministro per lo Sport Andrea Abodi è ottimista: «Cdp e Ics (Istituto per il credito sportivo) hanno già individuato gli architetti per la rigenerazione urbana dell’area circostante al Flaminio, un investimento di 100 milioni di euro. La joint venture ha individuato un potenziale gestore, attraverso una selezione internazionale». Cassa Depositi e Prestiti non è il primo soggetto ad aver manifestato un interesse per lo stadio.

 

Nel 2021, si è fatta avanti la Roma Nuoto, con l’intento di ridare vita anche alle palestre e alla piscina a quattro corsie. Nel 2022 è stato il turno della S.S. Lazio, con il presidente Claudio Lotito che invocava per il Flaminio un destino da «stadio che sia vissuto da tutti, un punto di ritrovo e motivo di orgoglio per tutti i laziali». Tuttavia, l’ultimatum dell’assessore Onorato è scaduto senza effetti a dicembre 2022. L’emendamento Sblocca Stadi, approvato nel 2020, velocizza l’iter burocratico ma da solo non basta. Da qui la recente idea del governo di nominare un commissario. «Una possibilità in vista degli Europei di calcio 2032, non per sovrapporci agli interessi territoriali ma per uniformare il procedimento e mettere tutti nella stessa condizione», ha detto Abodi. Ma rimane comunque necessario l’interesse concreto di un investitore, pubblico o privato, senza che le soprintendenze facciano muro.

 

All’estero c’è l’esempio virtuoso dell’Anoeta di San Sebastián, in Spagna, storico stadio di casa della Real Sociedad. Inaugurato nel 1993, tra il 2017 e il 2019, è stato ristrutturato con 47 milioni di euro, su progetto dell’architetto Izaskun Larzabal che ne ha mantenuto i dettagli stilistici originali.

 

In Italia c’è il Gewiss Stadium, acquistato dall’Atalanta nel 2017. Qui le nuove curve a ridosso del campo hanno cancellato il ricordo della pianta a rettangolo allungato, ricongiungendosi con le tribune di interesse storico-architettonico, permettendo all’impianto di ottenere il sì della Uefa per le partite casalinghe di Champions League. Alla fine dei lavori, a fine estate 2024, la società potrà vantare uno stadio completamente rinnovato, dal design moderno, con una copertura integrale e una capienza di circa 25 mila spettatori.