La crisi energetica recente fa crescere il numero di persone che promuove l'idea dell'energia dell'atomo. Ma la maggioranza resta ancora contraria

Trentasei anni fa gli italiani andarono alle urne per esprimersi su quesiti referendari abrogativi volti a rendere più restrittiva la regolamentazione sul nucleare. Era il novembre 1987. L’anno precedente, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose. La partecipazione al referendum fu perciò molto alta: quorum ampiamente superato e vittoria netta dei sì. Sebbene nessuno dei tre quesiti abolisse il nucleare, il risultato referendario portò allo “spegnimento” delle quattro centrali presenti in Italia e all’abbandono del progetto, nato negli anni ’70 a seguito della crisi petrolifera, di costruirne altre otto. Il referendum del giugno 2011, richiesto per abrogare un tentativo di apertura al nucleare del governo Berlusconi, ha esiti simili: quorum superato e netta vittoria dei sì. Tre mesi prima terremoto e maremoto avevano danneggiato la centrale di Fukushima, con sversamento di elementi radioattivi nell’oceano. Gli incidenti di Chernobyl e Fukushima sono stati classificati al massimo livello di gravità.

 

Dopo 10 anni, senza significativi incidenti, in piena crisi energetica e con un’importante transizione in atto, nei cortei di Fridays For Future iniziano a vedersi striscioni pro-nucleare. Al contempo Greenpeace, Legambiente e Wwf affermano che parlare di nucleare è anacronistico e distoglie impegno e investimenti dallo sviluppo delle rinnovabili. Nel 2022 la Commissione europea inserisce nell’elenco delle attività considerate economicamente sostenibili l’energia a fissione nucleare, il ricorso di ambientalisti contro l’inserimento ha spaccato il Parlamento europeo in due: il 57% appoggia la scelta della Commissione, il 43% la respinge e il 5% si astiene.

 

 

Bva Doxa ha indagato presso un campione rappresentativo degli italiani il favore nei confronti del ritorno al nucleare. A differenza di quanto accaduto in occasione dei referendum, oggi l’opinione sull’energia nucleare divide in due il Paese: il 41% è favorevole, il 53% sfavorevole e il 6% non si esprime. Fra i favorevoli poche le differenze per età, mentre emerge una maggior apertura fra laureati, residenti nel Nord Italia e quanti hanno accolto positivamente il divieto europeo alla vendita di veicoli nuovi a benzina o diesel entro il 2035. Davanti a una tale spaccatura sembra importante ampliare il dialogo con i cittadini su questo tema, perché – che si sia pro o contro – a decidere non può essere solo la paura di disastri o di crisi energetiche.

 

Fonte: studio proprietario Bva-Doxa su percepiti e attitudini degli italiani verso la sostenibilità  (969 interviste rappresentative della popolazione maggiorenne. Ottobre 2023)