Una 19enne ha chiesto un intervento utilizzando il gesto della mano: un simbolo che è stato riconosciuto da una dipendente del fast food che ha allertato il 112. Ecco come fare

Un gesto rapido, silenzioso. Che vale per tutti. Una richiesta di aiuto che chiunque si senta in una situazione di pericolo, prossima vittima di violenza, può fare: la mano aperta con quattro dita alzate, il pollice piegato sul palmo. E poi le dita si chiudono. La mano diventa simile a un pugno. Ma il pollice è stretto, intrappolato, tra le dita e il palmo. Un gesto facile che, se visto da dietro, dall’aggressore, potrebbe facilmente essere confuso con un «ciao».

 

The signal for help, il segnale d’aiuto è stato lanciato a aprile 2020, dal Canadian Women's Foundation. Durante la pandemia, quando molte donne erano chiuse in casa con i loro aggressori e non avevano né spazio né modo di allontanarsi. Efficace anche durante una videochiamata, ad esempio, per denunciare una situazione di abusi senza fare rumore. 

 

Il gesto antiviolenza, soprattutto grazie ai social, si è diffuso velocemente in tutto il mondo. Conoscerlo è importante sia per salvarsi, sia per salvare. Come è successo a Milano nella notte tra martedì 21 e mercoledì 22 novembre: quando una diciannovenne dopo un concerto, durante una passeggiata in centro, vicino al Duomo, ha conosciuto un gruppo di ragazzi con cui è rimasta. Uno di loro, di 23 anni, all’inizio amichevole secondo quanto ha riferito la ragazza, l’ha convinta a proseguire la passeggiata fino a Piazza della Scala. Dove ha cambiato atteggiamento: ha iniziato ad abbracciarla, baciarla, toccarla. Quando i due sono passati davanti a un Mc Donald che stava per chiudere, la ragazza ha attirato l’attenzione di una dipendente, guardandola negli occhi ha fatto, con la mano, il segnale di aiuto. La dipendente ha capito e ha chiamato il 112. Che ha inviato gli agenti che li hanno raggiunti.

 

Non solo The signal for help. A supporto di chi necessità aiuto c’è anche 1522, il numero antiviolenza e stalking, gratuito, attivo 24 ore su 24. Promosso dal dipartimento per le Pari Opportunità, gestito dall’associazione Differenza Donna, grazie al lavoro di operatrici specializzate, mediatrici culturali, avvocate, che parlano in 11 lingue diverse. Perché non c’è un protocollo fisso da seguire ma la necessità di rispondere a ogni donna in base alla situazione che sta vivendo.