Fra terreni impermeabilizzati o cancellati dalle costruzioni, il nostro Paese fa addirittura peggio che in passato. Ma così si priva di risorse preziose nel contrastare i danni provocati dalla crisi climatica. E paga un prezzo altissimo in termini economici e di vite umane

Il suolo è una risorsa vitale per la nostra sopravvivenza. Dal suolo vengono ciò che mangiamo, l’acqua di cui abbiamo bisogno, così come le materie prime necessarie a tutte le nostre attività economiche. Il suolo svolge un compito fondamentale nella protezione dei nostri ecosistemi, della biodiversità e dell’atmosfera. Memorizza le diverse sostanze e le trasforma. Composto di materie organiche e inorganiche, con i suoi cicli biogeochimici porta avanti un compito essenziale per garantire lo svolgimento della vita sulla Terra. È un vero e proprio corpo vivente in continua trasformazione. Come il pianeta.

 

Tuttavia, il suolo è spesso minacciato dall’espansione urbanistica e industriale, dall’erosione, dalla salinizzazione e dall’impermeabilizzazione. Preservare e recuperare sono i verbi fondamentali, perché siamo e saremo noi a pagare i danni provocati. Pensate solo all’importanza che ha il suolo per limitare l’impatto degli eventi meteorologici estremi (decuplicati negli ultimi anni). L’impermeabilizzazione del suolo è proprio una delle cause che amplificano i danni della crisi ecologica.

 

Perciò è così importante arrestare il consumo. Ma nonostante ne siamo consapevoli, nonostante gli obiettivi della strategia europea prevedano di azzerare il consumo di suolo nei prossimi anni, i dati del nostro Paese sono molto più che allarmanti. L’Italia continua a consumare troppo suolo, mentre cresce la copertura artificiale. Negli ultimi due anni abbiamo fatto addirittura peggio rispetto al passato. Il rapporto Snpa (Sistema nazionale per la Protezione dell’Ambiente) denuncia che nel 2022 il consumo di suolo è tornato a crescere come non si vedeva da più di 10 anni. Ogni secondo quasi due metri quadrati e mezzo di terreno agricolo o di area naturale vengono impermeabilizzati. Parliamo di 21 ettari al giorno! Cemento e asfalto hanno coperto il 10% in più rispetto al 2021. Sono circa 77 chilometri quadrati perduti.

 

Le regioni che hanno consumato più suolo rispetto all’anno precedente sono Lombardia (908), Veneto (739), Puglia (718), Emilia-Romagna (635) e Piemonte (617). Monza e Brianza la provincia con la più alta copertura artificiale, circa il 41%. Mentre la Capitale è la peggiore città per consumo: nel 2022 ha cancellato 124 ettari, il maggior incremento degli ultimi 16 anni. Anche nei pressi di fiumi, laghi e mari è in crescita il consumo di suolo, nonostante i rischi. Quello consumato nella fascia costiera ligure e marchigiana arriva al 45%. Non è un caso se sono tra i luoghi dove l’impatto del collasso climatico fa più vittime. Danneggiare i sevizi ecosistemici ha un costo enorme. Secondo il rapporto Snpa spendiamo tra i 7,8 e i 9,5 miliardi di euro ogni anno per riparare i danni.

 

Il comitato interministeriale per la transizione ecologica lo scorso giugno ha approvato un piano che prevede di arrivare a un consumo netto pari a zero entro il 2030. Ma se continuiamo di questo passo sarà impossibile rispettare l’obiettivo. E le conseguenze, come abbiamo imparato dalla scienza e sulla nostra pelle, sarebbero catastrofiche. Per invertire la rotta servono una legge sul consumo di suolo che rispetti gli indirizzi europei e una visione politica che supporti la riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica. Questa è l’unica strada che ci consentirebbe allo stesso tempo di creare posti di lavoro di qualità, garantendo il diritto alla salute dei lavoratori. Facciamo Eco!