L'Italia è il paese che consuma più extravergine, e il prezzo del prodotto ha raggiunto un picco rispetto alla scorsa stagione. Anche per colpa del caro energia

Con 456 mila tonnellate di consumo interno (8,2 litri pro capite), l’Italia è il maggior consumatore di olio extravergine d’oliva e il secondo produttore mondiale con 290 mila tonnellate. Secondo i dati Ismea, l’olivicoltura nelle nostre regioni rappresenta un patrimonio da oltre 1,6 mln di ettari, coltivati da circa 619 mila realtà agricole – il 61 per cento ha meno di un ettaro – mentre i frantoi attivi sono 4.352. E, proprio per l’innovazione dei processi di produzione olearia con l’ammodernamento dei frantoi, è stato confermato lo stanziamento nel Pnrr di 100 milioni di euro da spendere nei prossimi due anni, con percentuali di contribuzione che possono arrivare fino all’80 per cento nel caso di imprenditori sotto i 40 anni.

 

Quest’anno, l’olio extravergine d’oliva costa fino al 56 per cento in più rispetto al 2022, complici la siccità e il conseguente calo di offerta (-27 per cento). «La materia prima scarseggia e le giacenze sono sempre più ridotte per cui i frantoi, che gestiscono la distribuzione dell’olio, ne hanno particolarmente risentito -, spiega Paolo Mariani, presidente Assofrantoi Confagricoltura e coltivatore di olive a Rocca Massima in provincia di Latina - Il frantoio è l’anello centrale della catena e, nelle piccole comunità rurali, ha sempre svolto anche un ruolo sociale. Viene considerato attività artigianale ma è l’elemento della filiera che investe di più e quindi deve avere la liquidità necessaria per pagare gli agricoltori che conferiscono il raccolto: nel Lazio un quintale di olive è arrivato a costare 130 euro contro i 50/70 del 2021. Senza contare che, ogni 4/5 anni, sono necessari interventi per migliorare la qualità del prodotto finale». 

 

Risalendo verso le colline umbre, le problematiche non cambiano: «Abbiamo avuto una siccità costante nel periodo estivo con temperature molto elevate fino al periodo della raccolta. Inoltre i costi energetici e di gestione dei frantoi sono aumentati e c’è stato un forte calo di fatturato per quanto riguarda le moliture», aggiunge Sergio Maneggia, presidente Cooperativa Oleificio Pozzuolese di Castiglione del Lago in provincia di Perugia. Di contro, la qualità dell’olio extravergine italiano 2023 sembra essere buona. «Per fortuna possiamo contare su un frantoio interno all’azienda e, di conseguenza, siamo riusciti a limitare i rincari dovuti alle fasi di molitura ma, ovviamente, il prezzo finale è stato influenzato dagli aumenti di bottiglie, tappi, etichette per il confezionamento», conclude Salvatore Ferragamo, responsabile attività vitivinicola e ricettiva de Il Borro in Valdarno che distribuisce sul mercato due etichette, l’olio evo Tradizionale e il Primo Raccolto.