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Mondo
dicembre, 2023

L'Ucraina e l'incubo delle mine antiuomo: quasi duecentomila chilometri quadrati del Paese sono incalpestabili

Kharkiv mine
Kharkiv mine

Oltre settecento civili sono morti per aver calpestato l'ordigno. E il pericolo è maggiore per i bambini che giocano ignari. Una situazione che impedisce a mlti di loro di frequentare la scuola

Buio pesto. A Kharkiv, la seconda città più popolata dell’Ucraina, la notte è ancora tetra. E terrificante. Inizia presto: con l’inverno che avanza, alle 16 il sole è già sotto l’orizzonte. Ma il sistema d’illuminazione pubblica non si accende per non facilitare ai russi l’obiettivo di colpire l’area.

 

A un anno e dieci mesi dall’inizio dell’invasione, i bombardamenti sono ancora all’ordine del giorno nel Sud e nell’Est della nazione: «Ci si sveglia di soprassalto per il rumore dei missili che cadono accanto alle case. Questa continua sensazione di terrore causa danni psicologici molto gravi», racconta Guido Manneschi, rappresentante nel Paese dell’ong WeWorld – presente in Ucraina dall’inizio del conflitto per fornire aiuto umanitario– appena rientrato nella capitale Kiev dall’area di Kharkiv in cui l’organizzazione opera. Non soltanto in città ma anche nei villaggi vicini alla linea del fronte. O dove si è combattuto fino a qualche mese fa.

 

Aree soprattutto rurali invase dalle mine antiuomo e anticarro posizionate dagli eserciti per evitare l’avanzata dei nemici. Ma che non fanno distinzioni nell’uccidere. Come a Derhači: «C’è una lunga strada che attraversa la campagna, saranno 10 chilometri. A circondarla ci sono solo campi pieni di mine. Abbandonati. Impossibili da coltivarli». Sarebbero 174 mila i chilometri quadrati di Paese incalpestabili, contaminati da ordigni inesplosi che non solo impediscono l’agricoltura ma mettono in pericolo la vita degli abitanti rimasti o di quelli che provano a tornare. Secondo l’ong The Halo Trust sono 700 i civili morti per aver messo i piedi su dispositivi minuscoli ma micidiali dall’estate a oggi. A essere a rischio sono soprattutto le vite dei bambini. Che si allontanano dalle abitazioni distrattamente, per giocare. Sulle cui spalle pesa, ancora di più che per gli adulti, l’impatto della guerra: la sensazione di pericolo costante, la perdita dei familiari, la paura dei raid. Il fatto che da più di tre anni hanno perso ogni spazio di confronto, socialità, aggregazione. Soprattutto la possibilità di frequentare la scuola.

 

Sebbene il sistema educativo ucraino sia sopravvissuto prima al Covid-19 e poi al conflitto, riuscendo così a evitare che milioni di minori abbandonassero l’istruzione, a settembre 2023, quando l’anno scolastico è ricominciato, più del 40 per cento degli studenti non è potuto tornare in classe. Segue le lezioni a distanza, molti neanche dal computer ma attraverso lo schermo piccolo del cellulare. Perché, spiega Manneschi: «Solo gli istituti dotati di rifugi antiaerei hanno potuto riaprire. Mentre nelle zone vicine al fronte la maggior parte delle scuole è stata distrutta». Quattromila in tutto il Paese quelle danneggiate.

 

«Così in un momento della vita, di formazione e crescita, in cui la socialità è fondamentale, milioni di minori trascorrono le giornate chiusi in casa», ribadisce il cooperante di WeWorld.  Come Arseny, 14 anni, che è scappato con la madre Natalya da Luhansk: «Prima della guerra totale, mio figlio frequentava una scuola di musica, suonava il pianoforte, faceva sport e studiava anche l’inglese. Ora sono rimasti solo i corsi di lingua online», racconta la madre dal dormitorio di Drohobych, nell’Ovest dell’Ucraina, dove la vita assomiglia un po’ di più a quella che era prima del 24 febbraio 2022. Ma non abbastanza da permettere loro di immaginare il domani: «Vivo solo il presente», confessa Natalya.

 

Per costruire il futuro serve fare «tutto il possibile per garantire un accesso continuativo all’istruzione. È fondamentale per fornire ai minori una speranza a cui aggrapparsi», ha detto, infatti, Yasmine Sherif, direttrice del fondo globale delle Nazioni Unite Education Cannot Wait che, ad esempio in Ucraina, sta finanziando l’installazione di finestre antisfondamento per rendere le scuole più sicure. «La guerra alle porte d’Europa ha portato anche il nostro Paese a sostenere il fondo per l’educazione in emergenza», spiega Emanuele Russo, coordinatore della Campagna Globale per l’Educazione, di cui anche WeWorld fa parte: «Con 2 milioni di euro. Tuttavia noi chiediamo maggior supporto: almeno 15 milioni per i prossimi quattro anni come altri Paesi già fanno».

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