L'emendamento di Potere al Popolo votato dalla maggioranza di centrosinistra riguarda soprattutto gli occupati degli appalti. «Molti guadagnavano anche meno di sette euro. Ora non sarà più possibile»

«Molti spesso ci chiedono a cosa serve stare nelle istituzioni visto che nulla può cambiare. A che serve votare. Questa volta abbiamo dimostrato come con l’impegno dal basso e la mobilitazione dei cittadini sia, invece, possibile fare in modo che le istituzioni si muovano nella direzione di un avanzamento dei diritti dei lavoratori». Così, Aurora Trotta, consigliera per Potere al Popolo a Livorno, ha commentato il fatto che la sua città abbia approvato un salario minimo di 9 euro per i dipendenti del Comune ma soprattutto per i lavoratori degli appalti: «Molto spesso abituati a stipendi ben più bassi. Perché inquadrati con contratti, come quello multiservizi, che prevedono paghe inferiori ai 7 euro l’ora. Siamo partiti proprio da loro, dalle esigenze dei lavoratori dei musei e dei teatri comunali, nostri coetanei». 

 

Così lo scorso 11 dicembre, durante il Consiglio Comunale di Livorno, tutte le forze presenti tranne il centro destra, hanno votato l’emendamento che Potere al Popolo ha fatto alla mozione dei Cinque Stelle sull’istituzione di un salario minimo legale. Introducendo l’adeguamento a una paga base di 9 euro l’ora per tutti i dipendenti del Comune e per coloro che lavoreranno in un appalto comunale. E ottenendo anche che nella stesura degli appalti comunali venga inserita una precondizione obbligatoria affinché tutti i lavoratori abbiano diritto al salario minimo di 9 euro. 

 

«Si tratta di un compromesso per noi che abbiamo lanciato una campagna nazionale per un salario minimo di almeno 10 euro l’ora raccogliendo oltre 70 mila firme depositate al Senato lo scorso 28 Novembre. In modo da costringere il Governo a discutere la nostra proposta di legge», spiega Vittorio Cateni, membro del coordinamento nazionale di Pap: «Ma che abbiamo accettato per ridurre i tempi, tutelare i diritti dei lavoratori e perché il messaggio che vogliamo dare, oltre al raggiungimento di un obiettivo per Livorno, è che quello che è successo qui può avvenire anche altrove. Possiamo costruire la base per una mobilitazione più ampia. Se in ogni Comune i cittadini chiederanno l’istituzione del salario minimo potremmo fare una pressione reale e dal basso al Governo», conclude Cateni.

 

«Ecco il vero significato di fare politica, per noi. Spostare in base ai rapporti di forza, le condizioni materiali della popolazione per ottenerne miglioramenti concreti. È ovvio che è un piccolo passo, che potevamo forzare il limite a 10 euro l’ora come chiediamo a livello nazionale, ma con il rischio di una bocciatura. Abbiamo preferito cominciare così, con soldi in tasca per i lavoratori dai prossimi appalti. Speriamo di avere modo e tempo per cambiare questa città e questo paese avendo più di una sola consigliera comunale, e il nostro progetto parte proprio da queste basi. L’aumento di questo salario minimo nel prossimo futuro, dipenderà ovviamente dalle mobilitazioni dei lavoratori e dalle forze che dal basso dovranno strappare questo risultato. Noi saremo sempre a disposizione!», si legge nel comunicato redatto da Pap Livorno. Proprio nei giorni in cui, invece, a livello nazionale, la maggioranza di Governo ha affossato alla Camera la proposta unitaria delle opposizioni, sostituendola con una delega al governo in cui di salario minimo non c’è traccia.