«Vediamo tutti i giorni che cosa succede negli ospedali: che mancano i medici, i mezzi, gli strumenti. Vediamo il grande numero di pazienti che vorrebbe accedere al Sistema sanitario nazionale ma non trova spazio. Per questo aumentano anche quelli che, come me, scelgono di dedicare il loro tempo libero a chi resta senza cura». A parlare è Nathalie, specializzanda in medicina interna. Che nel tempo libero è volontaria, insieme ad altri circa 20 tra studenti e medici, all’ambulatorio popolare dell’ex Opg di Napoli. L’ospedale psichiatrico giudiziario Materdei che dopo anni d’abbandono, nel 2015 è stato occupato dal gruppo di collettivi e movimenti napoletani che gestiva già un altro spazio culturale, Me-ti, nel centro della città.
Così l’ex Opg ha ripreso vita ed è diventato un punto di riferimento per i quartieri popolari, tra cui si colloca: Montesanto e Sanità. Tanto che nel 2016, grazie a una delibera dell’ex amministrazione de Magistris, da spazio occupato è diventato «bene comune»: un luogo dei cittadini gestito dai cittadini. «Non ci vogliamo sostituire al Ssn - ci tiene a dire Nathalie - ma cerchiamo di rispondere alle esigenze dei pazienti per poi aiutarli a entrare nel sistema. Sono state proprio le necessità delle persone che ci hanno portato ad ampliare i servizi che offriamo gratuitamente», spiega subito dopo aver raccontato la storia di una signora che si è recata all’ambulatorio popolare per un’ecografia. Perché per farla in ospedale avrebbe dovuto aspettare più dei sei mesi entro cui, secondo le indicazioni cliniche, avrebbe dovuto verificare il suo stato di salute.
All’ex Opg, infatti, non c’è solo il medico di base. Ma anche uno spazio di ascolto psicologico, il ginecologo e, appunto, la possibilità di fare ecografie, «oltre agli ambulatori fissi ci sono circa 40 medici specializzati che chiamiamo in base ai bisogni dei pazienti. Nel 2021 abbiamo visitato più di 3000 persone. La maggior parte arriva dallo sportello di supporto che abbiamo aperto per i migranti; quindi, siamo il primo contatto con la sanità dopo tanto tempo. Ma sta crescendo anche il numero di persone native italiane che si rivolge a noi perché non riesce ad accedere al Sistema sanitario nazionale».
Come spiega Simona, un’altra volontaria all’ambulatorio popolare dell’ex Opg, medico internista: «A causa delle liste d’attesa così lunghe da essere fuorilegge, dei costi dei ticket, della mancanza di servizi territoriali, sempre più persone restano senza accesso alla cura. Soprattutto chi non ha la possibilità di rivolgersi al privato».
Così, quello che nel 2017 Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia aveva definito: «un’ospedale clandestino con tanto di ginecologia e pediatria. Che dovrebbe essere chiuso immediatamente», oggi ha un ruolo fondamentale nella rete di ambulatori popolari che puntellano il territorio nazionale, per garantire il diritto alla salute dei cittadini.
Come spiega Matteo Giardiello, tra i fondatori del collettivo Je so pazzo che gestisce l’ex Opg: «Il nostro operato è improntato al mutualismo, per quello che possiamo cerchiamo di dare una mano a risolvere i problemi della sanità nazionale. Ma, allo stesso tempo, denunciamo: vogliamo che i cittadini siano coscienti dei diritti che vengono loro negati. Perché il nostro obiettivo è che il sistema sanitario torni a funzionare».