Parla Ignazio La Russa e la polemica è servita. «Se mio figlio mi dicesse di essere omosessuale? Accetterei con dispiacere la notizia. Perché credo che una persona come me, eterosessuale, voglia che il figlio gli assomigli». Il presidente del Senato, intervistato da Francesca Fagnani per Belve su Rai2, aggiunge però: «Ma se non succede, pazienza. Sarebbe come se fosse milanista». La controversia che innesca in pochissime ore hashtag, comunicati stampa, accuse di omofobia e difese è interessante e dovrebbe aprire una riflessione che vada oltre il suono dell’indignazione sulla fugace polemica del giorno.
A raccontare cosa succede davvero in Italia del 2023, quando una persona Lgbt fa coming out con i propri genitori lo racconta Antonia a L’Espresso: «Non condivido la politica del Presidente La Russa, non ho niente in comune con chi si dichiara fascista, ma sullo sgomento di un genitore di fronte al coming out di un figlio forse bisogna riflettere invece di giudicare perché no, non è una prerogativa di chi è di destra». Antonia oggi ha un figlio di 20 anni, appena compiuti 18 anni decide di dire di sé in famiglia, cioè fare coming out.
Così va in scena il momento clou: il passaggio dal non-detto al colloquio aperto: «Da persona che credeva di essere di vedute larghissime, sono ammutolita. Per qualche giorno mi è caduto il mondo addosso, oppressa dalla paura di quello che sarà il suo futuro in un mondo che non è per lui più libero. A lungo mi sono chiesta: dove ho sbagliato. Oggi quel pensiero mi inorridisce, eppure c'è stato, forte e costante nella mia mente. Ma è davvero l'elaborazione di un lutto». Un lutto con successiva rinascita. Dopo il coming out di un figlio niente è più come prima. Le relazioni cambiano. I genitori sono chiamati a «ridefinirsi», a riflettere su ciò che hanno dato per scontato, i figli a cercare la forza per pensarsi fuori dalla cornice delle aspettative che fino a quel momento padri e madri hanno nutrito. Il trauma iniziale si conclude nel bene che libera i rapporti da una buona dose di finzione «È durato poco perché la consapevolezza che tutto questo era assolutamente normale è arrivata in fretta». Antonia oggi si sente destinataria e custode di ciò che suo figlio ha capito di se stesso. Ma resta una nota stonata di fronte a una realtà dura, soprattutto per il contesto italiano. «Mi fa paura questa Italia che sta diventando un paese sempre più intollerante. Vivo sperando che possa sentirsi sempre amato, ogni giorno. Un amore che gli permetta di superare l'ignoranza che incontra anche se sono consapevole che semmai un giorno mio figlio volesse costruirsi una famiglia sarebbe costretto ad andare altrove».
Paola Corneli, presidente Agedo Roma (Associazione genitori e amici degli omosessuali) non si sorprende nell’ascoltare la storia di Antonia che ricalca, per reazione e lieto fine, quella di moltissimi genitori che ogni giorno si rivolgono ad Agedo per chiedere sostegno: «Quando i genitori arrivano da noi sono sofferenti. C’è tanta ignoranza perché si è sempre poco preparati sulla questione. Nessuno ci prepara all’eventualità che si possa avere un figlio gay, lesbica, trans. Anzi, questi termini sono sempre ricoperti da un alone di inconsapevolezza. Siamo andati di recente in una scuola ed è frequente tra i genitori l’idea è che sia una scelta e non un evento naturale. “Dove ho sbagliato”, chiedono sempre madri e padri. Il loro ruolo sembra andare in frantumi dinanzi all’improvvisa estraneità di un figlio che per il proprio orientamento sessuale o identità di genere appare lontano dal loro progetto di vita, ad esempio l’idea di avere nipotini si allontana, anche se oggi giorno è meno complicato resta difficile. Tutto l’immaginario che un genitore si fa salta».
Servirebbe conoscenza, ripete più volte Paola Corneli, informazione e formazione. Una giusta rappresentazione sui media. Tutto più difficile soprattutto negli ultimi tempi con un governo come quello Meloni che fa le barricate ai corsi di affettività nelle scuole e di sessualità: «I genitori non vogliono che si parli di certe questioni, una certa parte politica disinforma e parla di indottrinamento, senza capire quello che dovrebbe essere assodato: l’omosessualità è una variante dell’orientamento sessuale. Un evento naturale come nascere con gli occhi verdi o i capelli neri. Ci sono genitori che dicono: parlo io a mio figlio di certe questioni, ma poi non lo fanno e la sensazione di solitudine aumenta».
Sulle parole del Presidente del Senato, Paola Corneli non si scompone: «Il termine accettare è brutto, bisogna dire accogliere. Nel termine accettare c’è una resistenza. Accogliere invece vuol dire includere. Certo poteva andare peggio, non dimentico quando qualcuno disse: meglio fascista che frocio. Ma La Russa dovrebbe cercare di ascoltare un po’ di più. Conoscere. Potrebbe incontrare la comunità Lgbt, noi genitori. Noi siamo riconoscenti ai nostri figli. Grazie a loro oggi viviamo una vita più ricca»