Pubblicità
Cultura
febbraio, 2023

«Facciamo rinascere il bosco di Monte Cairo»: dagli ecologisti radicali agli scout, insieme per difendere l’ambiente

Attivisti di Extinction Rebellion, famiglie e ricercatori di tutte le età recuperano la foresta simbolo della Ciociaria distrutta da due incendi dolosi. «È una mobilitazione senza precedenti»

Arrivano la mattina presto i ribelli del Monte Cairo. Vengono da Amatrice, dalla Tuscia, da Roma, dalla Toscana, ma anche da Francia, Spagna e Germania. I volontari, di solito un centinaio, si ritrovano al rifugio delle Casermette a 1.300 metri di altitudine, in lontananza vedono i Monti Aurunci, le isole del Golfo di Napoli e nei giorni di tramontana anche la capitale. Un’iniziativa che coinvolge famiglie, anziani, donne, uomini e bambini, gli attivisti radicali di Extinction Rebellion e gli scout del mondo cattolico, ricercatori universitari e militanti ecologisti.

Piantano i semi degli alberi pionieri tipici della regione, lavorano fianco a fianco per far rivivere la montagna della Ciociaria, che durante la Seconda Guerra Mondiale divenne una roccaforte della linea di difesa tedesca Gustav, a dieci chilometri dall’abbazia di Montecassino. Un luogo simbolico prima devastato dal conflitto e ora da due incendi dolosi, nel 2017 e nel 2020, che hanno compromesso la sicurezza della zona e incenerito gli alberi che la popolazione locale aveva piantato nei primi anni Cinquanta, per riscattarsi dalla guerra.

«È una mobilitazione senza precedenti: all’operazione partecipano volontari di tutte le età, che hanno alle spalle esperienze diverse. Ora è fondamentale che non ci siano forti anomalie del clima, prolungate siccità e ondate di calore che potrebbero danneggiare le giovani piantine», afferma Danilo Mollicone, 54 anni, coordinatore scientifico del progetto, ecologo forestale della Fao impegnato nella protezione delle foreste in giro per il mondo.

Dall’inizio del 2022, quando è partita l’operazione, i volontari si sono incontrati sul monte diverse volte. Quando arrivano si dividono in squadre di tre persone e piantano i semi, ciascuno nel terreno assegnato. Secondo i piani, entro marzo, l’80 per cento dell’area sarà seminata e per completare l’opera servirà un altro fine settimana a fine ottobre. I volontari utilizzano una tecnica innovativa rispetto a quella tradizionale, che prevede la piantumazione di piantine cresciute nei vivai, diventata troppo onerosa dal punto di vista della manodopera.

«Per diversi motivi, gran parte dei boschi italiani è molto povera di biodiversità. Con la semina diretta delle specie pioniere a seguito di un incendio doloso vogliamo provare a invertire la tendenza», prosegue Mollicone: «Se l’esperimento su larga scala avrà successo questa pratica potrebbe diventare di uso comune in Italia e nel bacino del Mediterraneo. Se le piantine supereranno il primo anno, a partire dalla primavera 2024 il monte sarà sensibilmente più verde».

Il caso Monte Cairo non è isolato: quasi il 30 per cento del territorio italiano (dati Ispra), infatti, risulta a rischio desertificazione. Qua e là, da Nord a Sud, gruppi di volontari si attivano per rigenerare i territori, ma l’operazione in Ciociaria presenta alcune novità sostanziali dal punto di vista botanico e organizzativo. «In pochi anni si potrebbero avere centinaia se non migliaia di persone che aiuteranno la natura a diffondere i suoi semi», dice Antonio Di Cintio, 32 anni, presidente di Driade-ODV, l’associazione di volontariato che ha dato vita al progetto. Laureato in Economia ambientale a Copenaghen, oggi frequenta un dottorato di ricerca all’università di Pisa in strategie per il miglioramento dell’efficienza delle aree protette. «È la prima volta che vedo una partecipazione così ampia. Da qualche anno è scattata una nuova consapevolezza. E anche una sfiducia crescente nei politici, che dicono di piantare un milione di alberi e poi si spostano con i jet privati. La polvere è diventata troppa per nasconderla sotto al tappeto», conclude il presidente di Driade.

Fin dall’inizio, l’associazione ha collaborato con Fiorella Gazzellone, 54 anni, sindaca di Terelle, il comune di poco più di 300 abitanti alle pendici del monte. La sindaca ha aderito con entusiasmo all’iniziativa, cercando di sensibilizzare la popolazione locale, inizialmente diffidente. Nel frattempo si è organizzata una coalizione con l’università La Sapienza, il Parco regionale degli Aurunci, il comitato scientifico del Club alpino Italiano (Cai), l’associazione universitaria degli studenti forestali di Viterbo. Anche la Fondazione Enel ha offerto un piccolo contributo per la ricerca.

A ottobre l’iniziativa e il nuovo approccio metodologico sono stati presentati e discussi in un evento a latere di una conferenza scientifica all’Accademia dei Lincei, a Roma. «Nessuno ci credeva, neanche i consiglieri comunali, e invece il progetto si è avverato. Questa operazione rappresenta una strategia di prevenzione contro le calamità naturali, le radici degli alberi proteggono la valle dalle alluvioni», sottolinea Gazzellone, che auspica anche un ulteriore effetto: «La Ciociaria si è spopolata, spero che la rinascita della montagna spinga molti giovani che vivono all’estero a tornare a casa».

Dalla Spagna, nel frattempo, è arrivata a Roma Carmen Morales. Consulente della Fao sui temi dello sviluppo e della conservazione degli ecosistemi, 33 anni, è un’attivista di Extinction Rebellion. Anche lei partecipa alle semine, in rappresentanza del movimento radicale internazionale che si ribella contro l’inerzia dei governi. «Sento la responsabilità di fare qualcosa per cambiare le ingiustizie di questa crisi ecologica e climatica», afferma l’attivista spagnola: «Oggi in molti stanno imparando a conoscere il territorio in cui vivono. Più conosci la natura, più avrai voglia di conservarla, ma serve un cambiamento culturale totale. Sul Monte Cairo ho trovato lo spirito giusto».

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità