Questa settimana metto insieme due fatti, ne traggo una possibile conclusione e propongo una soluzione.
Il primo fatto è il crollo dell’affluenza elettorale. I dati di Lombardia e Lazio, intorno al 40%, sono 30 punti percentuali sotto i livelli del 2018. È vero che nel 2018 si era votato insieme alle politiche, ma si tratta comunque di dati bassissimi. Se poi guardiamo alle politiche, la tendenza a un sempre più rapido allontanamento dalle urne è palese. Nel dopoguerra ci sono tre fasi. La prima dura quasi trent’anni dal 1948 al 1976, con percentuali di votanti stabili intorno al 93%. La seconda dura vent’anni, dal 1976 al 2006: la percentuale scende gradualmente, in media di mezzo punto all’anno, passando dal 93% all’83%. La terza fase va dal 2006 al 2022: in 16 anni si perdono 20 punti scendendo al 63%. In media è una perdita di 1,25 punti all’anno, una chiara accelerazione nella fuga dalle urne. E dal 2018 al 2022 i il crollo è stato particolarmente forte: 9 punti in soli quattro anni e mezzo.
Il secondo fatto è la difficoltà che i partiti politici hanno nel rispettare le promesse elettorali. Il caso più recente è la decisione del governo Meloni, giustamente secondo me, di mettere un freno all’attrattività del superbonus edilizio, a fronte di uno slogan elettorale che vedeva Fratelli d’Italia «pronti a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie». Il mancato rispetto delle promesse elettorali è una sindrome che colpisce tutti i partiti una volta arrivati al potere. Il motivo è semplice: le promesse elettorali sono palesemente irrealistiche. L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica lo aveva chiaramente indicato nel 2018, quando ancora lo dirigevo. In quello stesso anno, il problema era stato sollevato anche da Roberto Perotti nel sul libro “Falso. Le promesse dei politici e i conti che non tornano”. L’Osservatorio ha raggiunto le stesse conclusioni nel 2022, dopo la mia partenza, per tutti i programmi elettorali.
Mettendo insieme i due fatti traggo la conclusione che all’allontanamento dal voto dei cittadini abbiano contribuito le continue e crescenti promesse da marinaio che vengono loro offerte. Ho impressione che nella prima repubblica, lo scontro fosse più ideologico (Don Camillo contro Peppone, Ovest contro Est) e ci fosse meno la necessità di promettere mari e monti. Le cose, mi sembra, sono andate sempre peggio.
Queste considerazioni mi spingono a una proposta che potrebbe aiutare a restituire credibilità alla politica e a convincere i cittadini ad andare a votare: rendere i programmi elettorali più credibili obbligando i partiti a indicare in modo trasparente e per ogni principale misura proposta il relativo costo, le misure di copertura e gli eventuali effetti sul deficit pubblico. I conti devono tornare. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, un organo apartitico del Parlamento, valuterebbe poi il realismo delle stime presentate in ogni programma. Nei prossimi giorni depositerò formalmente un disegno di legge in tal senso, sperando che possa avere il sostegno di tutti i gruppi parlamentari. Chi potrebbe essere contro a una maggiore trasparenza? Chi potrebbe voler continuare la malsana pratica delle promesse da marinaio?